Un giovane faggio cresciuto sulle pendici di un
monte aveva una bella forma rotonda. Rivestito delle
sue foglie pareva una palla di verdura.
Per tutta l'estate egli si era gloriato della sua
bellezza. Tra le rame erano venuti uccellini, scoiattoli
e piccoli ghiri, e alla" sua ombra si erano
riposate, nelle ore più calde, le greggi
delle pecore.
Ma sul finire dell'estate il faggio cominciò
a lamentarsi.
- Ora verrà l'autunno dispettoso e farà
arrossire le mie foglie, che al primo vento si staccheranno
dalle rame e io resterò nudo per tutto l'inverno.
Passò il Genio della foresta e sentì
le sue parole.
- Di che cosa ti lagni? — chiese al faggio,
- Mi lagno della legge che vuole i fagi spogli durante
l'inverno.
- Ti sembra una legge ingiusta?
- Certo, - ribatté il faggio. - Chi ha fatto
una tale legge non amava i faggi ed era invidioso
della loro bella verdura. Il Genio della foresta
sorrise.
- Tu sei ancora giovane ed hai poca esperienza.
- Basta avere un po' di cervello e di amor proprio
per capire che quello di togliermi le foglie è
un dispetto bello e Buono.
- Tu credi? - insisté il Genio delle foreste.
- Certamente.
- 'l'i piacerebbe restar tutto l'inverno con le
tue foglie?
- M i piacerebbe molto.
- Pensaci bene..
- Non c'è bisogno di pensarci di più.
La cosa è così chiara.
- E allora, - sentenziò il Genio della foresta,
- tu avrai le foglie.
Le giornate si fecero più corte. Il sole
ebbe men forza. E le foglie degli altri faggi presero
il color giallo rame. Sul tramonto, quando il sole
rossiccio illuminava la chioma gialla dei faggi,
pareva che nel bosco gli alberi bruciassero.
Soltanto il giovane faggio ambizioso rimaneva verde
e tondo. Il vento portava agli altri alberi le sue
parole:
- Come siete gialli e malati! Vedete invece come
io conservo il mio verde? Il Genio della foresta
mi ha promesso che avrò il mio fogliame durante
tutto l'inverno.
Poi il vento aumentò di forza e portò
via tutte le foglie agli altri faggi, che rimasero
nudi e scheletriti, sul tappeto giallo delle foglie
morte.
Il giovane faggio continuava a gloriarsi della sua
fortuna.
- Come siete brutti e magri! Sembrate scheletri.
Fate paura.
Un giorno il cielo si fece bigio come di piombo.
Tutti gli alberi rabbrividirono:
- È vicina la neve, - mormorarono.
La notte infatti nevicò fitto fitto. Sulla
terra la neve si alzò quasi un metro. Ma
sugli alberi ne restò poca, perché
i rami nudi non offrivano nessun appoggio.
Invece sul faggio che aveva conservato le foglie
si ammontò molta neve.
Come sarò bello domattina con un candido
mantello addosso, pensava il faggio.
Ma sulle rame fogliute la neve gravò sempre
di più. Mentre cadeva, a fiocco a fiocco,
la neve sembrava leggera, ma ammassandosi sulle
foglie larghe a poco a poco si faceva più
pesante. I rami non potettero sopportare il suo
peso e si stroncarono.
Poi si alzò il vento turbinoso. Tra i rami
degli alberi spogli fischiava, ma non trovando appiglio,
passava via. Sul faggio fogliuto invece ebbe buona
presa, e i rami che la neve non aveva ancora stroncati
li schiantò lui.
Quando si alzò l'alba grigia si videro gli
alberi nudi intatti, e il faggio ambizioso invece
giaceva a terra con tutti i rami stroncati.
Tornò la primavera e poi l'estate. Gli altri
alberi riebbero un bel vestito di foglie nuove.
Del giovane faggio rimase un troncone infisso nel
terreno.
- Povero faggio! - cinguettavano gli uccellini.
- Era così bello! - dicevano saltellandogli
intorno gli scoiattoli.
-Faceva una così gradita ombra! - belavano
le pecore pascolando intorno al suo piede.
-Ma era così sciocco! - rispose a tutti i
Genio della foresta. - Criticava la legge che vuole
nell'inverno gli alberi spogli. Il presuntuoso!
Non pensava che chi ha fatto quella legge è
Colui che non sbaglia mai. E dispone tutte le cose
per il bene delle sue creature.
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