Il fuoco rosso, inquieto e ardente, incontrò
il vento scarmigliato e furente. Il luogo era arido
e desolato. Sotto gli sterpi riarsi appariva la
terra screpolata.
A un tratto udirono un fruscio sospetto, un gorgoglìo
come di una persona che ridesse nascostamente.
- L'acqua, - sibilò il vento.
- La nostra nemica, - ruggì il fuoco.
L'acqua infatti scendeva con eleganza il pendio
del colle, fresca e snella.
Il vento soffiò sul fuoco e questi diventò
in faccia più rosso. Gli occhi gli sfavillarono.
L'acqua invece si fermò silenziosamente,
aprì un bell'occhio celeste e guardò
i due amici.
- Come siete accaldati e scarmigliati, - disse.
- Riposatevi un po' con me.
- Io non riposo mai - disse il vento. - Se mi fermo,
mi sento venir meno.
- Io non mi quieto mai, - disse il fuoco. - Ho bisogno
sempre di divorar qualcosa.
- Io sosto ogni tanto, ma non mi fermo per non allagare
troppo, - disse l'acqua. - Vedete come mi allargo
e distendo?
- Bisogna che io corra, - interruppe il vento inquieto.
- Bisogna che guizzi, - disse il fuoco vorace.
- E anch'io riprenderò il mio viaggio, senza
correr troppo, però, - singhiozzò
l'acqua.
Il fuoco fissò i suoi occhi tralucenti nell'occhio
sereno dell'acqua.
- Ci incontreremo ancora? - chiese con accento di
generosità. - Quando vedrete innalzarsi nel
cielo colonne di fumo nero, là mi potrete
trovare.
- E dove vedrete spirali di polvere, - disse il
vento facendo un vortice su se stesso, - venite
pure; là sarò io.
- Quanto a me, - disse l'acqua, - se vedrete verde
vegetazione, borghi ridenti e città doviziose,
siate sicuri che là sono io.
Dilatò il suo occhio sereno, ondeggiò
leggermente e riprese la china. Il fuoco e il vento
la sentirono ridere mentre spariva dentro la terra
da loro riarsa.
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