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Fabularum Phaedri liber secundus
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  Libro secondo delle favole di Fedro
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Le favole, se formulate con brio e sobrietà di parole, quasi sempre conseguono il loro intento didascalico ed educativo. Loro compito deve essere di correggere i difetti e le imperfezioni degli uomini e di spronarli nella ricerca dei mezzi atti a renderli migliori sia moralmente che intellettualmente.  
Auctor: Prologus
Exemplis continetur Aesopi genus;
nec aliud quicquam per fabellas quaeritur
quam corrigatur error ut mortalium,
acuatque sese diligens industria.
Quicumque fuerit ergo iocus narrandi,
dum capiat aurem et servet propositum suum,
re commendatur, non auctoris nomine.
Equidem omni cura morem servabo senis;
sed si libuerit aliquid interponere,
dictorum sensus ut delectet varietas,
bonas in partes, lector, accipias velim
ita, si rependet illi brevitas gratiam.
Cuius verbosa ne sit commendatio,
attende cur negare cupidis debeas,
modestis etiam offerre quod non petierint.
Autore: Prologo
La maniera di scrivere di Esopo è essenzialmente costituita di esempi; null'altro si cerca, per mezzo delle favolette, se non che vengano corretti i difetti degli uomini e si stimoli la solerte attività (dello spirito).
Qualunque sia stato dunque (l'argomento di) queste piacevoli narrazioni, se piacciono e raggiungono il loro scopo, vengono apprezzate per il contenuto e non per l'autore.
Certamente con ogni cura manterrò lo stile del vecchio; ma se mi capiterà di inserire qualcosa di mio per variare un poco la narrazione, vorrei , lettore , che tu le accettassi in buona parte a patto che queste contraccambino il favore con la loro brevità.
Per evitare che io faccia le lodi della brevità con un cumulo di chiacchiere, ascolta perchè devi negare alle persone avide (quanto desiderano) e dare ai moderati pur non avendone fatto richiesta.
1( Solo nelle favole) avviene che la modestia dei desideri sia riconosciuta e premiata: nella realtà della vita quotidiana i timidi e i morigerati non escono dalla loro povertà mentre gli avidi, gli sfrontati riempiono le loro tasche. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Iuvencus, leo et praedator
Super iuvencum stabat deiectum leo.
Praedator intervenit, partem postulans.
"Darem" inquit "nisi soleres per te sumere";
et improbum reiecit. Forte innoxius
viator est deductus in eundem locum,
feroque viso rettulit retro pedem.
Cui placidus ille "'Non est quod timeas" ait,
"et quae debetur pars tuae modestiae
audacter tolle". Tunc diviso tergore
silvas petivit, homini ut accessum daret.
Exemplum egregium prorsus et laudabile;
verum est aviditas dives et pauper pudor.
Il giovenco, il leone e il cacciatore
Sopra un giovenco steso a terra stava un leone.
Sopraggiunse un cacciatore reclamandone una parte.
"Te la darei" rispose" se non fossi solito procurartela da solo" e respinse brutalmente lo sfacciato. Per caso un pacifico viandante capitò nello stesso luogoe alla vista dell'animale feroce cercò di ritornare sui suoi passi.
Ma il leone con tono mansueto gli disse:"non c'è motivo perché tu abbia paura anzi, senza nessuna paura, prenditi quella parte che ti è dovuta per la tua modestia ". Dopo aver squartato il giovenco in due parti si diresse verso il bosco per permettere all'uomo di accedere (alla sua parte di preda).
Esempio del tutto nobile e lodevole;
in realtà l'avidità è ricca ed il pudore povero.
2    
Anus diligens iuvenem, item puella
A feminis utcumque spoliari viros,
ament, amentur, nempe exemplis discimus.
Aetatis mediae quendam mulier non rudis
tenebat, annos celans elegantia,
animosque eiusdem pulchra iuvenis ceperat.
Ambae, videri dum volunt illi pares,
capillos homini legere coepere invicem.
Qui se putaret fingi cura mulierum,
calvus repente factus est; nam funditus
canos puella, nigros anus evellerat.
La vecchia e la ragazza che amano lo stesso uomo
Che gli uomini le amino o che ne siano amati sono sempre vittime delle donne, proprio come gli esempi ci insegnano.
Una donna non più giovane mascherando gli anni con vari accorgimenti aveva messo gli occhi su un tale di mezza età di cui si era pure innamorata una bella ragazza.
Ambedue, volendo sembrare a lui coetanee cominciarono, or l'una e or l'altra , a scegliere i capelli dell'uomo e a strapparli.
Costui che credeva di essere coccolato dalle attenzioni delle due donne improvvisamente si scoprì calvo; la ragazza infatti gli aveva strappato i capelli bianchi e la vecchia quelli neri.
3 Non bisogna premiare i malfattori per le loro malefatte. L'immeritata ricompensa può spingere altri a commettere ogni ingiustizia e delitto. Mi è capitato di vedere aziende, ai tempi in cui il sindacato la faceva da padrone, premiare i fannulloni con la speranza che aumentassero la pruduttività. Risultato: quanti, fino a quel momento avevano tirato la volata, smisero di farlo...!!!  
Aesopus ad quendam de successu improborum
Laceratus quidam morsu vehementis canis,
tinctum cruore panem misit malefico,
audierat esse quod remedium vulneris.
Tunc sic Aesopus: 'Noli coram pluribus
hoc facere canibus, ne nos vivos devorent,
cum scierint esse tale culpae praemium'.
Successus improborum plures allicit.
Il successo dei malvagi
Un tale ferito dal morso di un feroce mastino
gettò un pezzo di pane intinto nel suo sangue alla malefica bestia, avendo udito essere quello il rimedio della ferita.
"Non fare questo davanti a parecchi cani, " gli disse Esopo" perché non ci divorino vivi allorché avran saputo con quale premio viene ricompensata la loro colpa".
Il successo dei malvagi incoraggia più d'uno.
4 La troppa credulità alle insinuazioni atrui è spesso causa di danni irreparabili.
Aquila, feles et aper
Aquila in sublimi quercu nidum fecerat;
feles, cavernam nancta in media, pepererat;
Sus nemoris cultrix fetum ad imam posuerat.
Tum fortuitum feles contubernium
fraude et scelesta sic evertit malitia.
Ad nidum scandit volucris: "Pernicies" ait
"tibi paratur, forsan et miserae mihi.
nam, fodere terram quod vides cotidie
aprum insidiosum, quercum vult evertere,
ut nostram in plano facile progeniem opprimat".
Terrore offuso et perturbatis sensibus
derepit ad cubile saetosae suis:
"Magno" inquit "in periclo sunt nati tui.
nam, simul exieris pastum cum tenero grege,
aquila est parata rapere porcellos tibi".
Hunc quoque timore postquam complevit locum,
dolosa tuto condidit sese cavo.
Inde evagata noctu suspenso pede,
ubi esca sese explevit et prolem suam,
pavorem simulans prospicit toto die.
Ruinam metuens aquila ramis desidet;
aper rapinam vitans non prodit foras.
Quid multa? Inedia sunt consumpti cum suis,
felisque catulis largam praebuerat dapem.
Quantum homo bilinguis saepe concinnet mali,
documentum habere stulta credulitas potest.
L'aquila, la gatta e la scrofa
Un'aquila aveva fatto il suo nido nella parte più alta della quercia; una gatta avendo trovato una cavità a metà quercia vi aveva partorito; una scrofa selvatica aveva invece partorito ai piedi dell'albero.
Ad un certo punto il gatto, con perfidia e astuzia scellerata, mise sottosopra questo alloggio offerto dal caso. Si arrampicò fino al nido dell'aquila e disse:"Si sta preparando la tua rovina e forse anche la mia perchè come tu puoi vedere ogni giorno l'insidiosa scrofa scava la terra e ciò è segno che vuole sradicare la quercia per sopprimere a suo agio i nostri figli. Dopo aver gettato l'aquila nel terrore e averne annebbiata la serenità di giudizio scende piano piano nel covile della setosa scrofa. "I tuoi piccoli corrono un grande pericolo" dice"l'aquila, infatti, è pronta a rapire i tuoi maialini non appena uscirai con il tenero gregge alla ricerca di cibo". Diffuso così il panico in questo luogo la briccona si richiuse nel suo sicuro buco. Da quel luogo, andando in giro di notte di soppiatto, procura il cibo per sé e per i sui gattini mentre tutto il giorno, fingendo di essere preoccupata, si pone di vedetta. L'aquila temendo la caduta dell'albero sta appollaiata sui rami. La scrofa per evitare che le rapiscano i piccoli non esce più.
Che aggiungere ancora? L'aquila e la scrofa morirono di fame con i loro piccoli mentre il gatto procurò una gran quantità di cibo ai suoi gattini.
Gli sciocchi creduloni possono capire dalla favola narrata quale grande male può causare l'uomo ipocrita e simulatore.
5  "Atriensis" erano dei maggiordomi scelti tra gli schiavi più ragguardevoli per sorvegliare "l'atrium".
"Alticinctus" aggettivo usato per indicare l'abitudine dei Romani di rialzare la tunica alla cintola, per avere maggior libertà di movimento.

"Alapa" Lo schiaffo era il gesto con cui il padrone, alla presenza del pretore affrancava uno schiavo e lo dichiarava libero.
Tiberius Caesar ad atriensem
Est ardalionum quaedam Romae natio,
trepide concursans, occupata in otio,
gratis anhelans, multa agendo nil agens,
sibi molesta et aliis odiosissima.
Hanc emendare, si tamen possum, volo
vera fabella; pretium est operae adtendere.
Caesar Tiberius cum petens Neapolim
in Misenensem villam venisset suam,
quae, monte summo posita Luculli manu,
prospectat Siculum et respicit Tuscum mare,
Ex alticinctis unus atriensibus,
cui tunica ab umeris linteo Pelusio
erat destricta, cirris dependentibus,
perambulante laeta domino viridia,
alveolo coepit ligneo conspargere
humum aestuantem, come officium iactitans:
sed deridetur. Inde notis flexibus
praecurrit alium in xystum, sedans pulverem.
Agnoscit hominem Caesar, remque intellegit.
Sibi ut putarit esse nescioquid boni.
"Heus!" inquit dominus. Ille enimvero adsilit,
donationis alacer certae gaudio.
Tum sic iocata est tanta maiestas ducis:
"Non multum egisti et opera nequiquam perit;
multo maioris alapae mecum veneunt".
Cesare Tiberio e lo schiavo di palazzo
Esiste a Roma una certa razza di faccendieri che sempre corrono qua e là occupati in cose da nulla, ansimando senza alcun beneficio, non combinando alcunché e facendo tante cose faticose per loro e odiose per gli altri. Io, se fosse possibile, vorrei correggere costoro con questa storiella veramente accaduta; ascoltate perchè ne vale veramente la pena. Mentre si recava a Napoli Cesare Tiberio si fermò in una sua villa a Capo Miseno costruita, per ordine di Lucullo, sulla sommità di un monte da dove si vedeva il mar Tirreno e in lontananza il mar di Sicilia. Uno degli atriensi succinti che indossava una tunica di lino Pelusico dalle frange svolazzanti che gli scendeva giù dalle spalle, mentre il padrone attraversava i viali verdeggianti, con un secchio di legno iniziò a bagnare il terreno polveroso ostentando il suo cortese servizio: ma venne deriso. Allora attraverso viottoli a lui noti
precedette gli altri sul viale per togliere il polverone (bagnando il terreno). Cesare riconobbe l'uomo e ne comprese l'intenzione. Quando già costui credeva di ricevere non so qual premio: "Ehi, tu!" lo apostrofò il padrone. Figuriamoci se quello non accorre d'un salto sperando in una grande ricompensa. L'atteggiamento serio dell'imperatore si cambiò in riso: "Non è che tu abbia fatto tanto e, comunque, la tua fatica è andata perduta; a ben più alto prezzo viene concessa da me la libertà".
6 Quando al potente si aggiunge un consigliere malefico il debole è spacciato

Aquila et cornix
Contra potentes nemo est munitus satis;
si vero accessit consiliator maleficus,
vis et nequitia quicquid oppugnant, ruit.
Aquila in sublime sustulit testudinem.
Quae cum abdidisset cornea corpus domo,
nec ullo pacto laedi posset condita,
venit per auras cornix, et propter volans:
"Opimam sane praedam rapuisti unguibus;
sed, nisi monstraro quid sit faciendum tibi,
gravi nequiquam te lassabit pondere."
promissa parte suadet ut scopulum super
altis ab astris duram inlidat corticem,
qua comminuta facile vescatur cibo.
Inducta verbis aquila monitis paruit,
simul et magistrae large divisit dapem.
sic tuta quae Naturae fuerat munere,
impar duabus, occidit tristi nece.
L'aquila e la cornacchia
Contro i potenti non si mai sicuri a sufficienza e, se poi ad essi si unisce un consigliere scellerato, la prepotenza e la malvagità portano a rapido compimento quanto macchinato. Un'aquila aveva sollevato in aria una testuggine. Questa, essendosi messa al riparo nel suo guscio corneo, non poteva essere ferita in alcun modo. Sopraggiunse dal cielo una cornacchia e volando vicino (disse all'aquila):" E' davvero una grassa preda quella che tieni tra le unghie; ma, se non ti suggerirò cosa fare ti affaticherai inutilmente con questo ingombrante peso". Dopo essersene fatta promettere una parte le consiglia di lasciar cadere dall'alto, su una pietra, quell'animale dal guscio così duro per poterlo mangiare una volta sfracellato. L'aquila convinta dalle parole seguì il consiglio e in larga misura divise con la maestra (la cornacchia) il ghiotto boccone. Così la tartaruga, cui la natura aveva offerto una sicura protezione, impotente contro due, morì miseramente.
7 Per difendere le ricchezze si rischia spesso la vita mentre chi è povero è sicuro di sé e delle poche cose che possiede. Leggendo questa favola ci si dovrebbe convindere che non sempre la povertà è un male!
Muli duo et latrones
Muli gravati sarcinis ibant duo:
unus ferebat fiscos cum pecunia,
alter tumentis multo saccos hordeo.
Ille onere dives celsa cervice eminens,
clarumque collo iactans tintinabulum;
comes quieto sequitur et placido gradu.
subito latrones ex insidiis advolant,
interque caedem ferro mulum sauciant:
diripiunt nummos, neglegunt vile hordeum.
Spoliatus igitur casus cum fleret suos,
"Equidem"inquit alter "me contemptum gaudeo;
nam nil amisi, nec sum laesus vulnere".
Hoc argumento tuta est hominum tenuitas,
magnae periclo sunt opes obnoxiae.
I due muli e i ladri
Due muli camminavano, carichi di bisacce; uno portava un cesto di vimini contenente denaro, l'altro sacchi pieni d' orzo. Il primo, orgoglioso per il prezioso carico tiene alta la testa e scuote sul collo i sonagli tintinnanti; il compagno lo segue con passo lento e tranquillo. Improvvisamente sbucano fuori dai (loro) nascondigli dei ladri e nel tafferuglio colpiscono con la spada il mulo, saccheggiano le monete ed ignorano il vile orzo. Allora, mentre quello derubato piangeva le sue disgrazie, l'altro gli disse : "Sono felice di essere stato trascurato; infatti non ho perso nulla e non sono stato ferito". Questa favola dimostra che i poveri sono immuni dai mali, mentre le grandi ricchezze sono esposte al pericolo.
8 Chi vuole va di persona e chi non vuole delega. Vale a dire che se alcuno desidera che una faccenda sia sbrigata presto e bene occorre la faccia lui stresso e non ne affidi l'esecuzione ad altri.
Equivale al noto proverbio: l'occhio del padrone ingrassa il cavallo.

Cervus ad boves
Cervus nemorosis excitatus latibulis,
ut venatorum effugeret instantem necem,
caeco timore proximam villam petit,
et opportuno se bovili condidit.
Hic bos latenti:"Quidnam voluisti tibi,
infelix, ultro qui ad necem cucurreris,
hominumque tecto spiritum commiseris?"
at ille supplex "Vos modo" inquit "'parcite:
occasione rursus erumpam data".
Spatium diei noctis excipiunt vices;
frondem bubulcus adfert, nil adeo videt:
eunt subinde et redeunt omnes rustici,
nemo animadvertit: transit etiam vilicus,
nec ille quicquam sentit. Tum gaudens ferus
bubus quietis agere coepit gratias,
hospitium adverso quod praestiterint tempore.
Respondit unus "Salvum te cupimus quidem,
sed, ille qui oculos centum habet si venerit,
magno in periclo vita vertetur tua".
Haec inter ipse dominus a cena redit;
et, quia corruptos viderat nuper boves,
accedit ad praesaepe: 'Cur frondis parum est?
stramenta desunt. tollere haec aranea
quantum est laboris?' dum scrutatur singula,
cervi quoque alta conspicatur cornua;
quem convocata iubet occidi familia,
praedamque tollit. Haec significat fabula
dominum videre plurimum in rebus suis.
Il cervo e i buoi
Un cervo stanato dai nascondigli del bosco, per sfuggire alla morte che i cacciatori stavano per dargli, accecato dalla paura entrò in un vicino podere nascondendosi in una stalla lì alla mano. Mentre stava nascosto un bue gli disse: "Disgraziato come puoi aver pensato di correre spontaneamente incontro alla morte affidando la vita alla casa degli uomini?". Ma lui supplichevole disse:"Almeno voi non traditemi, alla prima occasione me ne uscirò in tutta fretta". Intanto al giorno segue la notte, il bifolco porta del fogliame senza accorsersi di nulla. Poi tutti i contadini vanno e vengono e nessuno lo nota: passa anche il fattore ma neppure lui si accorge di nulla. Allora l'animale pieno di gioia si mise a ringraziare i buoi perchè erano stati zitti e gli avevano offerto asilo nel momento del bisogno.
Uno dei buoi rispose:"Noi sì, ti vogliamo sano e salvo, ma se verrà quello che ha cento occhi la tua vita sarà in grave pericolo. Nel frattempo dopo aver cenato arriva proprio il padrone e, poichè prima aveva visto i buoi smagriti si avvicina alla mangiatoia:" perchè c'è così poco fogliame, mancano per caso e manca per caso lo strame nel fienile? Che ci vuole a togliere queste ragnatale?" mentre osserva attentamente ogni cosa vede anche le alte corna del cervo; chiamata a raccolta la servitù ordina di ucciderlo e lo porta via come preda. Questa favola fa capire che il padrone nei suoi interessi vede più di chiunque altro.
Nel campo letterario la maldicenza e la denigrazione sono all'ordine del giorno. I saggi sanno sopportare con animo forte le critiche velenose e malevole certi che il tempo sarà giusto giudice.
Auctor: Epilogus
Aesopi ingenio statuam posuere Attici,
servumque collocarunt aeterna in basi,
patere honoris scirent ut cuncti viam
nec generi tribui sed virtuti gloriam.
Quoniam occuparat alter ut primus foret,
ne solus esset, studui, quod superfuit.
Nec haec invidia, verum est aemulatio.
Quodsi labori faverit Latium meo,
plures habebit quos opponat Graeciae.
Si livor obtrectare curam voluerit,
non tamen eripiet laudis conscientiam.
Si nostrum studium ad aures pervenit tuas,
et arte fictas animus sentit fabulas,
omnem querellam submovet felicitas.
Sin autem doctus illis occurrit labor,
sinistra quos in lucem natura extulit,
(nec quidquam possunt nisi meliores carpere),
fatale exilium corde durato feram,
donec Fortunam criminis pudeat sui.
Autore: Epilogo
Gli Ateniesi innalzarono una statua al talento di Esopo e sebbene fosse uno schiavo lo posero su un piedistallo indistruttibile perché a tutti fosse chiaro che gli onori sono tributati non per nobiltà di nascita ma per merito. Poichè un altro ( cioè Esopo) mi aveva preceduto nel narrare favole questo solo mi restò da fare che egli fosse il primo ma non che fosse il solo. Questa non è invidia ma solo emulazione. Perciò se i Romani accoglieranno benevolmente il mio lavoro avranno più scrittori da opporre alla Grecia. Invece se i maligni vorranno denigrare la mia fatica non riusciranno comunque a togliermi la consapevolezza di meritare la lode. Se questo mio libro ti è giunto all'orecchio e il tuo animo capisce che queste favole sono state elaborate con arte io felice smetterò di lamentarmi. Se invece il mio dotto lavoro capita tra persone che una cattiva stella ha fatto nascere (che nulla possono fare se non criticare chi è migliore di loro) con cuore saldo sopporterò la perversità innata di costoro finchè la dea Fortuna non li farà vergognare del loro malvagio operato.
   
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Ultimo aggiornamento: 01.10.2015
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