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Appendix Perottina
21
22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32
  Appendice Perottina
21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32
   
21    
Ursus esuriens
Famem acuere animantibus ingenium

Si quando in silvis urso desunt copiae,
scopulosum ad litus currit et prendens petram
pilosa crura sensim demittit vado;
quorum inter villos cancri simul ut haeserunt,
in terram arripiens excutit praedam maris,
escaque fruitur passim collecta vafer.
Ergo etiam stultis acuit ingenium fames.
Il banchetto dell’orso
La fame aguzza l'ingegno.

Se qualche volta nella foresta all'orso viene a mancare il cibo corre alla costiera rocciosa e tenendosi ad uno scoglio immerge nell'acqua lentamente le zampe pelose; non appena i gamberi restano impigliati tra i peli delle stesse, traendole a terra scuote le prede pescate e si gusta i bocconcini raccolti alla rinfusa. Persino agli stolti la fame aguzza l'ingegno.
22
 
Viator et corvus
Verbis saepe numero homines decipi solere


Quidam per agros devium carpens iter
AVE exaudivit, et moratus paululum,
adesse ut vidit nullum, corripuit gradum.
Iterum salutat idem ex occulto sonus.
Voce hospitali confirmatus restitit,
ut, quisquis esset, par officium reciperet.
Cum circumspectans errore haesisset diu
et perdidisset tempus aliquot milium,
ostendit sese corvus et superuolans
AVE usque ingessit. Tum se lusum intelligens
"At male tibi sit" inquit, "ales pessime,
qui festinantis sic detinuisti pedes."
Il corvo e il viandante
Spesso gli uomini si lasciano ingannare dalle tante parole

Un tale percorrendo una scorciatoia tra i campi udì una voce che diceva "SALVE" sostò un momento ma vedendo che non c'era nessuno riprese il cammmino. Nuovamente la stessa voce lo saluta da un luogo nascosto. Avendo la conferma (della presenza di qualcuno) da quella voce gentile si fermò per ricambiare all'altro, chiunque fosse, una uguale cortesia. Guardandosi attorno dopo che a lungo era rimasto perplesso nel suo errore e aveva perduto il tempo bastante per percorrere alquante miglia, gli apparve un corvo che passandogli sopra al volo gracchiò ripetutamente "SALVE". Allora accorgendosi di essere stato burlato disse: "Va in malora, uccello, che con questo inganno hai trattenuto i miei piedi quando invece avevo fretta".
23    
Pastor et capella
Nihil ita occultum esse quod non revelatur


Pastor capellae cornu baculo fregerat:
rogare coepit ne se domino proderet.
"Quamuis indigne laesa reticebo tamen;
sed res clamabit ipsa quid deliqueris."
Il pastore e la capretta
Non c'è nulla di così nascosto che non possa essere visto

Un pastore aveva, con un bastone, spezzato un corno ad una capretta: si mise a pregarla di non accusarlo presso il padrone. "Per quanto danneggiata in modo non giusto" rispose "non dirò nulla; ma la cosa da per sé stessa annuncerà in modo inequivocabile ciò che hai commesso.
24  
Serpens et lacerta
Ubi leonis pellis deficit, vulpinam insuendam esse; hoc est, ubi deficiunt vires astu utendum


Serpens lacertam forte aversam prenderat,
quam devorare patula cum vellet gula,
arripuit illa prope iacentem surculum,
et pertinaci morsu transversum tenens
avidum solleti rictum frenavit mora.
praedam dimisit ore serpens inritam.
Il serpente e la lucertola
Quando manca la pelle del leone occorre addattarsi quella della volpe:cioè quando manca la forza occorre usare l'astuzia

Un serpente aveva catturato una lucertola dalla coda; mentre stava per ingoiarla con l'ampia bocca quella afferrò un rametto che era lì per terra e tenendolo per traverso stretto forte tra i denti con quell' ingegnoso ostacolo frenò le avidi fauci. Il serpente lasciò caderere dalla bocca l'inutile preda.
25  
Cornix et ovis
Multos lacessere debiles et cedere fortibus

Odiosa cornix super ovem consederat;
quam dorso cum tulisset invita et diu,
"Hoc" inquit "si dentato fecisses cani,
poenas dedisses." Illa contra pessima:
"Despicio inermes, eadem cedo fortibus;
scio quem lacessam, cui dolosa blandiar.
ideo senectam mille in annos prorogo."
La cornacchia e la pecora
Molti sono forti con i deboli e deboli con i forti

Una cornacchia prepotente s'era posata su una pecora che dopo averla portata malvolentieri e a lungo sul dorso disse:"Se lo avessi fatto al cane munito di denti l'avresti pagata cara". Quella maledetta replicò:"Disprezzo i deboli ma cedo ai forti. So chi molestare e chi accarezzare con astuzia. Ecco perchè riesco ad invecchiare fino a mille anni.
26  
Socrates et servus nequam
Nullum maledictum esse gravius conscientia


Cum servus nequam Socrati male diceret,
uxorem domini qui corrupisset sui,
idque ille sciret notum circumstantibus,
"Places tibi" inquit "quia cui non debes places;
sed non impune, quia cui debes non places."
Socrate e lo schiavo infedele
Nessuna condanna è peggiore di quella che viene dalla propia coscienza

Avendo, uno schiavo dissoluto che aveva sedotto la moglie del proprio padrone, sparlato di Socrate e sapendo questi che il fatto era noto ai presenti disse: "Piaci a te stesso perchè piaci a chi non devi, ma a tuo discapito perchè non piaci a chi dovresti piacere".
27  
Lepus et bubulcus
Multos verbis blandos esse, et pectore infideles

Cum venatorem celeripes fugeret lepus
et a bubulco visus veprem irreperet:
"Per superos oro perque spes omnes tuas,
ne me indices, bubulce; nihil umquam mali
huic agro feci." At rusticus: "Ne timueris;
late securus." Iamque venator sequens:
"Quaeso, bubulce, numquid huc venit lepus?"
"Venit, sed abiit hac ad laevam," et dexteram
demonstrat nutu partem. Venator citus
non intellexit seque e conspectu abstulit.
Tunc sic bubulcus: "Ecquid est gratum tibi,
quod te celavi?" "Linguae prorsus non nego
habere atque agere maximas me gratias;
verum oculis ut priveris opto perfidis."
La lepre e il bifolco
Molti sono svelti di bocca ma infidi nel loro cuore

Una lepre dal pié veloce, mentre fuggiva da un cacciatore, fu vista da un bifolco entrare di soppiatto sotto un cespuglio:"Per gli dei superi e per ciò che di più caro hai al mondo ti prego bifolco non tradirmi, non ho mai fatto alcun danno a questo campo". Allora il contadino:" Non aver paura, stai nascosta al sicuro. Arriva il cacciatore che la stava inseguendo:"Scusa , bifolco, la lepre è passata per caso di qua?""Sì, è passata ed è andata di qua a sinistra" risponde mentre, ammiccando con gli occhi, indica la destra. Il cacciatore che aveva fretta non capì e si allontanò. Chiese allora il bifolco:"Allora mi sei grata per averti nascosta?" "Sì, non nego di essere grata alla tua lingua e di ringraziarla tantissimo; ma mi auguro che tu sia privato dei tuoi perfidi occhi".
28  
Meretrix et iuvenis
Multa esse nobis iocunda quae tamen sunt incommoda

Cum blandiretur iuveni meretrix perfida,
et ille laesus multis saepe iniuriis
tamen praeberet sese facilem mulieri,
sic insidiatrix: "Omnes muneribus licet
contendant, ego te plurimi facio tamen."
Iuvenis recordans quotiens deceptus foret:
"Lubenter," inquit, "mea lux, hanc vocem audio,
non quod fidelis, sed quod iucunda est mihi."
La prostituta e il giovane
Non tutto quello che piace è un bene


Una prostituta bugiarda lusingava un giovane che, anche se spesso ferito da molti tradimenti, tuttavia si mostrava compiacente con la donna che così lo circuiva:"Pur se tutti cercano di conquistarmi facendo a gara con i doni per me sei migliore di tanti altri". Il giovane ricordando quante volte era stato ingannato rispose:"Ascolto volentieri queste parole, luce dei miei occhi, non perchè siano sincere ma perchè mi rendono felice".
29  
Fiber
Multi viverent si, salutis gratia, parvi facerent fortunas

Canes effugere cum iam non possit fiber
(Graeci loquaces quem dixerunt castorem
et indiderunt bestiae nomen dei,
illi qui iactant se verborum copia),
abripere morsu fertur testiculos sibi,
quia propter illos sentiat sese peti.
Divina quod ratione fieri non negem;
venator namque simul invenit remedium,
omittit ipsum persequi et revocat canes.
Hoc si praestare possent homines, ut suo
vellent carere, tuti posthac viverent;
haud quisquam insidias nudo faceret corpori.
Il castoro
Molti vivrebbero se, per salvarsi, tenessero in minor conto i loro beni

Si racconta che il bivero (che i greci chiacchieroni chiamarono castoro dando così ad un animale il nome di un dio nonostante la conclamata ricchezza di vocaboli della loro lingua) accorgendosi di non poter sfuggire ai cani, si strappa con un morso i testicoli* conscio, ahimé, che è per impadronirsi di quelli che gli stanno dando la caccia. Non potrei negare che questo non avvenga per volere divino; il cacciatore infatti , come entra in possesso del farmaco, smette di inseguirlo e richiama i cani. Questo racconto è per spiegare che se gli uomini riuscissero a rinunciare ai loro beni vivrebbero sicuri: nessuno tenterebbe di rubare alcunchè a chi nulla possiede".

*
Il castoro europeo (Castor fiber) , era cacciato sia per la pelliccia pregiata sia per il "castoreo", una ghiandola la cui secrezione penetrante e sgradevole si credeva avesse proprietà medicinali come antispasmodico e antiemetico.
30  
Papilio et vespa
Non praeteritam sed praesentem aspiciendam esse fortunam

Papilio vespam prope volantem viderat:
"O sortem iniquam! Dum vivebant corpora,
quorum ex reliquiis animam nos accepimus,
ego eloquens in pace, fortis proeliis,
arte omni princeps inter aequalis fui.
En cuncta! Levitas putris et volito cinis.
Tu, qui fuisti mulus clitellarius,
quemcumque visum est laedis infixo aculeo."
At vespa dignam moribus vocem edidit:
"Non qui fuerimus, sed qui nunc simus, vide."
La farfalla e la vespa
Non conta la fortuna passata ma la presente


Una farfalla svolazzando aveva visto una vespa: "O sorte iniqua, finché vissero i corpi dai cui resti noi farfalle abbiamo ricevuto l'anima io ero un oratore eloquente in tempo di pace, valoroso in guerra e il più ragguardevole tra i miei contemporanei sotto ogni riguardo. Ecco a che cosa sono ridotta! Leggerezza putrida e cenere che svolazza. Tu che invece altro non eri che un mulo da soma ora ferisci chi ti pare con le punture del tuo pungiglione". Ma la vespa le diede una risposta pungente (conforme alla sua natura):"Guarda quello che siamo e non quello che eravamo"
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Terraneola et vulpes
Pravis non esse fidem adhibendam

Avis quam dicunt terraneolam rustici,
in terra nidum quia componit scilicet,
forte occucurrit improbae vulpeculae,
qua visa pennis altius se sustulit.
"Salve," inquit illa, "cur me fugisti obsecro?
Quasi non abunde sit mihi in prato cibus,
grilli, scarabaei, locustarum copia:
nihil est quod metuas, ego te multum diligo
propter quietos mores et vitam probam."
Respondit contra: "Tu quidem bene praedicas,
in campo non sum, sed sub dio, par tibi.
Quin sequere; tibi salutem committo meam."
L'allodola e la volpe
Mai fidarsi dei malvagi

Un'allodola, quella che i contadini chiamano terraneola perchè fa il nido per terra, un giorno si imbattè in una volpacchiotta furbacchiona, e, come la vide, si portò più in alto con colpo d'ali. "Salve" disse quella" ma, ascolta, perchè mi hai evitato? Come se io non avessi nel prato abbastanza cibo, ci sono grilli, scarabei, locuste in abbondanza: non c'è nulla di cui aver paura, tu mi piaci troppo per il tuo modo di vivere pacifico e onesto. Rispose l'altra a sua volta:" Tu certo predichi bene, io sul terreno non ti sono pari, ma lo sono nell'aria libera. Anzi seguimi: quassù ti affido la custodia della mia vita".
32  
Epilogus:
De iis qui legunt libellum.

Hoc qualecumque est Musa quod ludit mea,
nequitia pariter laudat et frugalitas,
sed haec simpliciter, illa tacite irascitur
Epilogo
Per i lettori di questo libretto.

Questa cosa da nulla che la mia Musa si è compiaciuta dettarmi, è lodata tanto dagli uomini invidiosi quanto da quelli onesti, questi ultimi con animo sincero, i primi solo apparentemente mentre si rodono per l'invidia.
   
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Ultimo aggiornamento: 01.10.2015
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