Si quando in silvis urso desunt copiae,
scopulosum ad litus currit et prendens petram
pilosa crura sensim demittit vado;
quorum inter villos cancri simul ut haeserunt,
in terram arripiens excutit praedam maris,
escaque fruitur passim collecta vafer.
Ergo etiam stultis acuit ingenium fames.
Il banchetto dell’orso La fame aguzza l'ingegno.
Se qualche volta nella foresta all'orso viene a mancare il cibo
corre alla costiera rocciosa e tenendosi ad uno scoglio immerge
nell'acqua lentamente le zampe pelose; non appena i gamberi
restano impigliati tra i peli delle stesse, traendole a terra
scuote le prede pescate e si gusta i bocconcini raccolti alla
rinfusa. Persino agli stolti la fameaguzza l'ingegno.
Viator et corvus Verbis saepe numero homines decipi solere
Quidam per agros devium carpens iter
AVE exaudivit, et moratus paululum,
adesse ut vidit nullum, corripuit gradum.
Iterum salutat idem ex occulto sonus.
Voce hospitali confirmatus restitit,
ut, quisquis esset, par officium reciperet.
Cum circumspectans errore haesisset diu
et perdidisset tempus aliquot milium,
ostendit sese corvus et superuolans
AVE usque ingessit. Tum se lusum intelligens
"At male tibi sit" inquit, "ales pessime,
qui festinantis sic detinuisti pedes."
Il corvo e il viandante Spesso gli uomini si lasciano ingannare dalle tante
parole
Un tale percorrendo una scorciatoia tra i campi udì una
voce che diceva "SALVE" sostò un momento ma
vedendo che non c'era nessuno riprese il cammmino. Nuovamente
la stessa voce lo saluta da un luogo nascosto. Avendo la conferma
(della presenza di qualcuno) da quella voce gentile si fermò
per ricambiare all'altro, chiunque fosse, una uguale cortesia.
Guardandosi attorno dopo che a lungo era rimasto perplesso nel
suo errore e aveva perduto il tempo bastante per percorrere
alquante miglia, gli apparve un corvo che passandogli sopra
al volo gracchiò ripetutamente "SALVE". Allora
accorgendosi di essere stato burlato disse: "Va in malora,
uccello, che con questo inganno hai trattenuto i miei piedi
quando invece avevo fretta".
Pastor et capella Nihil ita occultum esse quod non revelatur
Pastor capellae cornu baculo fregerat:
rogare coepit ne se domino proderet.
"Quamuis indigne laesa reticebo tamen;
sed res clamabit ipsa quid deliqueris."
Il pastore e la capretta Non c'è nulla di così nascosto che
non possa essere visto
Un pastore aveva, con un bastone, spezzato un corno ad una capretta:
si mise a pregarla di non accusarlo presso il padrone. "Per
quanto danneggiata in modo non giusto" rispose "non
dirò nulla; ma la cosa da per sé stessa annuncerà
in modo inequivocabile ciò che hai commesso.
Serpens et lacerta Ubi leonis pellis deficit, vulpinam insuendam esse; hoc
est, ubi deficiunt vires astu utendum
Serpens lacertam forte aversam prenderat,
quam devorare patula cum vellet gula,
arripuit illa prope iacentem surculum,
et pertinaci morsu transversum tenens
avidum solleti rictum frenavit mora.
praedam dimisit ore serpens inritam.
Il serpente e la lucertola Quando manca la pelle del leone occorre addattarsi
quella della volpe:cioè quando manca la forza occorre
usare l'astuzia
Un serpente aveva catturato una lucertola dalla coda; mentre
stava per ingoiarla con l'ampia bocca quella afferrò
un rametto che era lì per terra e tenendolo per traverso
stretto forte tra i denti con quell' ingegnoso ostacolo frenò
le avidi fauci. Il serpente lasciò caderere dalla bocca
l'inutile preda.
Cornix et ovis Multos lacessere debiles et cedere fortibus
Odiosa cornix super ovem consederat;
quam dorso cum tulisset invita et diu,
"Hoc" inquit "si dentato fecisses cani,
poenas dedisses." Illa contra pessima:
"Despicio inermes, eadem cedo fortibus;
scio quem lacessam, cui dolosa blandiar.
ideo senectam mille in annos prorogo."
La cornacchia e la pecora Molti sono forti con i deboli e deboli con i forti
Una cornacchia prepotente s'era posata su una pecora che dopo
averla portata malvolentieri e a lungo sul dorso disse:"Se
lo avessi fatto al cane munito di denti l'avresti pagata cara".
Quella maledetta replicò:"Disprezzo i deboli ma
cedo ai forti. So chi molestare e chi accarezzare con astuzia.
Ecco perchè riesco ad invecchiare fino a mille anni.
Socrates et servus nequam Nullum maledictum esse gravius conscientia
Cum servus nequam Socrati male diceret,
uxorem domini qui corrupisset sui,
idque ille sciret notum circumstantibus,
"Places tibi" inquit "quia cui non debes places;
sed non impune, quia cui debes non places."
Socrate e lo schiavo infedele Nessuna condanna è peggiore di quella che
viene dalla propia coscienza
Avendo, uno schiavo dissoluto che aveva sedotto la moglie del
proprio padrone, sparlato di Socrate e sapendo questi che il
fatto era noto ai presenti disse: "Piaci a te stesso perchè
piaci a chi non devi, ma a tuo discapito perchè non piaci
a chi dovresti piacere".
Lepus et bubulcus Multos verbis blandos esse, et pectore infideles
Cum venatorem celeripes fugeret lepus
et a bubulco visus veprem irreperet:
"Per superos oro perque spes omnes tuas,
ne me indices, bubulce; nihil umquam mali
huic agro feci." At rusticus: "Ne timueris;
late securus." Iamque venator sequens:
"Quaeso, bubulce, numquid huc venit lepus?"
"Venit, sed abiit hac ad laevam," et dexteram
demonstrat nutu partem. Venator citus
non intellexit seque e conspectu abstulit.
Tunc sic bubulcus: "Ecquid est gratum tibi,
quod te celavi?" "Linguae prorsus non nego
habere atque agere maximas me gratias;
verum oculis ut priveris opto perfidis."
La lepre e il bifolco Molti sono svelti di bocca ma infidi nel loro cuore
Una lepre dal pié veloce, mentre fuggiva da un cacciatore,
fu vista da un bifolco entrare di soppiatto sotto un cespuglio:"Per
gli dei superi e per ciò che di più caro hai al
mondo ti prego bifolco non tradirmi, non ho mai fatto alcun
danno a questo campo". Allora il contadino:" Non aver
paura, stai nascosta al sicuro. Arriva il cacciatore che la
stava inseguendo:"Scusa , bifolco, la lepre è passata
per caso di qua?""Sì, è passata ed è
andata di qua a sinistra" risponde mentre, ammiccando con
gli occhi, indica la destra. Il cacciatore che aveva fretta
non capì e si allontanò. Chiese allora il bifolco:"Allora
mi sei grata per averti nascosta?" "Sì, non
nego di essere grata alla tua lingua e di ringraziarla tantissimo;
ma mi auguro che tu sia privato dei tuoi perfidi occhi".
Meretrix et iuvenis Multa esse nobis iocunda quae tamen sunt incommoda
Cum blandiretur iuveni meretrix perfida,
et ille laesus multis saepe iniuriis
tamen praeberet sese facilem mulieri,
sic insidiatrix: "Omnes muneribus licet
contendant, ego te plurimi facio tamen."
Iuvenis recordans quotiens deceptus foret:
"Lubenter," inquit, "mea lux, hanc vocem audio,
non quod fidelis, sed quod iucunda est mihi."
La prostituta e il giovane Non tutto quello che piace è un bene
Una prostituta bugiarda lusingava un giovane che, anche se spesso
ferito da molti tradimenti, tuttavia si mostrava compiacente
con la donna che così lo circuiva:"Pur se tutti
cercano di conquistarmi facendo a gara con i doni per me sei
migliore di tanti altri". Il giovane ricordando quante
volte era stato ingannato rispose:"Ascolto volentieri queste
parole, luce dei miei occhi, non perchè siano sincere
ma perchè mi rendono felice".
Fiber Multi viverent si, salutis gratia, parvi facerent fortunas
Canes effugere cum iam non possit fiber
(Graeci loquaces quem dixerunt castorem
et indiderunt bestiae nomen dei,
illi qui iactant se verborum copia),
abripere morsu fertur testiculos sibi,
quia propter illos sentiat sese peti.
Divina quod ratione fieri non negem;
venator namque simul invenit remedium,
omittit ipsum persequi et revocat canes.
Hoc si praestare possent homines, ut suo
vellent carere, tuti posthac viverent;
haud quisquam insidias nudo faceret corpori.
Il castoro Molti vivrebbero se, per salvarsi, tenessero in
minor conto i loro beni
Si racconta che il bivero (che i greci chiacchieroni
chiamarono castoro dando così ad un animale il nome di
un dio nonostante la conclamata ricchezza di vocaboli della
loro lingua) accorgendosi di non poter sfuggire ai cani, si
strappa con un morso i testicoli*
conscio, ahimé, che è per impadronirsi di quelli
che gli stanno dando la caccia. Non potrei negare che questo
non avvenga per volere divino; il cacciatore infatti , come
entra in possesso del farmaco, smette di inseguirlo e richiama
i cani. Questo racconto è per spiegare che se gli uomini
riuscissero a rinunciare ai loro beni vivrebbero sicuri: nessuno
tenterebbe di rubare alcunchè a chi nulla possiede".
* Il castoro europeo (Castor fiber) , era cacciato sia
per la pelliccia pregiata sia per il "castoreo", una
ghiandola la cui secrezione penetrante e sgradevole si credeva
avesse proprietà medicinali come antispasmodico e antiemetico.
Papilio et vespa Non praeteritam sed praesentem aspiciendam esse fortunam
Papilio vespam prope volantem viderat:
"O sortem iniquam! Dum vivebant corpora,
quorum ex reliquiis animam nos accepimus,
ego eloquens in pace, fortis proeliis,
arte omni princeps inter aequalis fui.
En cuncta! Levitas putris et volito cinis.
Tu, qui fuisti mulus clitellarius,
quemcumque visum est laedis infixo aculeo."
At vespa dignam moribus vocem edidit:
"Non qui fuerimus, sed qui nunc simus, vide."
La farfalla e la vespa Non conta la fortuna passata ma la presente
Una farfalla svolazzando aveva visto una vespa: "O sorte
iniqua, finché vissero i corpi dai cui resti noi farfalle
abbiamo ricevuto l'anima io ero un oratore eloquente in tempo
di pace, valoroso in guerra e il più ragguardevole tra
i miei contemporanei sotto ogni riguardo. Ecco a che cosa sono
ridotta! Leggerezza putrida e cenere che svolazza. Tu che invece
altro non eri che un mulo da soma ora ferisci chi ti pare con
le punture del tuo pungiglione". Ma la vespa le diede una
risposta pungente (conforme alla sua natura):"Guarda quello
che siamo e non quello che eravamo"
Terraneola et vulpes Pravis non esse fidem adhibendam
Avis quam dicunt terraneolam rustici,
in terra nidum quia componit scilicet,
forte occucurrit improbae vulpeculae,
qua visa pennis altius se sustulit.
"Salve," inquit illa, "cur me fugisti obsecro?
Quasi non abunde sit mihi in prato cibus,
grilli, scarabaei, locustarum copia:
nihil est quod metuas, ego te multum diligo
propter quietos mores et vitam probam."
Respondit contra: "Tu quidem bene praedicas,
in campo non sum, sed sub dio, par tibi.
Quin sequere; tibi salutem committo meam."
L'allodola e la volpe Mai fidarsi dei malvagi
Un'allodola,
quella che i contadini chiamano terraneola perchè
fa il nido per terra, un giorno si imbattè in una volpacchiotta
furbacchiona, e, come la vide, si portò più in
alto con colpo d'ali. "Salve" disse quella" ma,
ascolta, perchè mi hai evitato? Come se io non avessi
nel prato abbastanza cibo, ci sono grilli, scarabei, locuste
in abbondanza: non c'è nulla di cui aver paura, tu mi
piaci troppo per il tuo modo di vivere pacifico e onesto. Rispose
l'altra a sua volta:" Tu certo predichi bene, io sul terreno
non ti sono pari, ma lo sono nell'aria libera. Anzi seguimi:
quassù ti affido la custodia della mia vita".
Hoc qualecumque est Musa quod ludit mea,
nequitia pariter laudat et frugalitas,
sed haec simpliciter, illa tacite irascitur
Epilogo Per i lettori di questo libretto.
Questa cosa da nulla che la mia Musa si è compiaciuta
dettarmi, è lodata tanto dagli uomini invidiosi quanto
da quelli onesti, questi ultimi con animo sincero, i primi solo
apparentemente mentre si rodono per l'invidia.
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