Sutor, ne supra crepidam...!
Ab absurdo:
Dall'assurdo.
L'espressione, usata dai filosofi scolastici, indica un procedimento
logico con cui si dimostra la verità di una affermazione
provando l'assurdità dell'affermazione contraria. Molto
amata da Euclide, da cui i filosofi scolastici la mutuarono,
la "dimostrazione per assurdo" altro non
è che uno schema logico con il quale anziché
dimostrare una tesi, si dimostra che il contrario negherebbe
la prima ipotesi fatta. Risulta usata specialmente in geometria,
dove si fanno spesso dimostrazioni "ab absurdo"
provando le conseguenze false che derivano da ipotesi o premesse
erronee.
Ab aeterno:
Da tutta l'eternità, da tempo immemorabile (Antico
Testamento, Proverbi 8, 23).
Libro essenzialmente didattico quello dei "Proverbi"
è stato scritto con l'intento di offrire ammaestramenti
di vita pratica. Il passo da cui è stata derivata l'espressione
è un inno ed un elogio della Sapienza connaturata all'essenza
del Dio creatore e come Lui eterna:"ab aeterno ordita
sum et ex antiquis antequam terra fieret" (= da
sempre sono stata costituita e dai tempi antichi ancor prima
che la terra fosse). L'espressione si trova frequentemente
italianizzata nella forma: "Ab eterno".
Ab antiquo:
Dall'antichità.
Espressione usata, anche nella forma italianizzata "ab
antico", per indicare cose o avvenimenti di tempi
assai remoti.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Ab assuetis non fit passio:
Le cose comuni (abituali) non fanno impressione.
Così dicevano gli antichi; quando ci si abitua a qualche
cosa, cessa l'entusiasmo, ed è solo l’imprevisto
che suscita la meraviglia. Esperienza insegna che passate
le prime emozioni, l'entusiasmo diminuisce; il piacere che
dura troppo a lungo, genera indifferenza e noia. Si tratta
di un principio filosofico d’uso piuttosto frequente,
che ha riscontro nella sentenza di Aristotele: "Quod
consuetum est, velut innatum est" (=ciò che
è consueto è come istintivo).
Abiit, excessit, evasit, erupit :
(Catilina )se ne è andato, è uscito, è
fuggito, si è precipitato via (Cicerone, Catilinarie,
II, 1)
Espressione spesso usata per spiegare una figura
retorica conosciuta come "climax" consistente
in un graduale passaggio da un concetto all'altro con intensità
crescente. Un esempio che trovo bellissimo
viene dal cap XI de "I promessi sposi" per bocca
di don Rodrigo che rivolto al Griso ordina: "...
voglio saper dove sono. Non ho pace. A Pescarenico, subito,
a sapere, a vedere, a trovare... .
Ab imis (fundamentis):
Dalle più profonde fondamenta (Vitruvio Pollione De architectura
libro III 1,2 - Francis Bacon "Instauratio magna").
"Instauratio ab imis fundamentis" Con questa
espressione latina, Francesco Bacone, spiega come sia indispensabile
una riconversione generale di tutta la conoscenza umana...
come unico mezzo per scoprire le nascoste possibilità
della natura. "Thus an "instauratio ab imis
fundamentis" of all human knowledge is necessary ...
as a means of discovering the hidden possibilities of nature".
Nell'uso quotidiano acquista il significato di rinnovamento
generale usato in frasi come: riformare un Istituto, rinnovare
un’amministrazione "ab imis".
Ab imo pectore:
Dal profondo del cuore (Virgilio Eneide VI v. 55).
"Funditque preces rex pectore ab imo" (=E
il re (Enea) dal profondo del cuore lasciò sgorgare
le preghiere). Sono le parole che il poeta usa per esprimere
l'accorato atteggiamento dell'eroe troiano nell'atto di rivolgere
la sua invocazione al dio Apollo al quale chiederà
di poter cominciare una nuova vita nella nuova patria. L'espressione
si trova sovente in Virgilio, ad indicare il profondo dolore
che sembra far sgorgare le lacrime, i gemiti e le parole dal
più profondo del cuore. E' facile trovare anche la
sola espressione: "imo pectore".
Ab intestato:
Senza testamento (Brocardo).
Espressione giuridica utilizzata per indicare una eredità
in assenza di testamento. Sarà quindi compito della
legge intervenire per indicare come i beni dovranno essere
distribuiti tra i legittimi eredi.
Ab Iove principium generis:
Discendenti dal dio Giove (Virgilio Eneide libro VII v. 219).
Per quanto simile a quello che segue questo detto, è
messo sulla bocca di Ilioneo capo degli ambasciatori Troiani,
ad indicare la discendenza divina della stirpe troiana; Dardano
infatti, secondo la mitologia, era figlio di Giove e di Elettra.
Raramente usato come motto di casata ; si corre il rischio
di essere considerati non poco megalomani ma, sempre per restare
in tema..., "de gustibus..."!
Ab Iove principium (Musae, Iovis omnia plena...):
Cominciamo da Giove ( o Muse, di Giove ogni cosa è
piena). (Virgilio, Egloghe. III, v. 60).
Con queste parole il pastore Dameta inizia la sfida musicale
con l'amico Menalca. Vedi anche:"Amant alterna camenae".
Si usa normalmente simile espressione sia ad indicare
che per dare un spiegazione logica alla vita bisogna incominciare
dall'origine di ogni cosa e cioè da Dio, sia che le
cose di maggior importanza devono avere la precedenza su quelle
secondarie.
Ablue peccata non solum faciem:
Oltre alla faccia lava anche i tuoi peccati.
Traduzione in latino di una iscrizione greca posta
a Costantinopoli, sul battistero della basilica di santa Sofia
e nella chiesa di Nostra Signora delle vittorie a Parigi.
Ab ovo: Dall'uovo, dalle origini (Orazio
Ars poetica, 147).
Il poeta invita a non voler prendere le cose troppo alla lontana,
ed esemplifica il concetto spiegando che dovendo parlare della
guerra di Troia sarebbe inutile iniziare il racconto da Leda
che, amata da Giove trasformatosi in cigno, partorì
2 uova da cui nacquero i Dioscuri , Clitennestra ed Elena
causa quest'ultima della guerra di Troia: "Nec gemino
bellum Troianum orditur ab ovo " (=Nè che
la guerra di Troia ha avuto inizio dall'uovo gemello). Altrove
(Satire, 1, 3) il Poeta usa anche l'espressione:
Ab ovo usque ad mala (=Dall’uovo fino alle
mele), in pratica: dall’antipasto alla frutta, ossia
dal principio alla fine alludendo all'usanza romana di iniziare
i pranzi con le uova e le immancabili olive ascolane per terminare
con le mele. Nel linguaggio comune si suole citare quando
qualcuno incomincia a raccontare una storia molto alla lontana,
risalendo ... ad Adamo ed Eva.
Absentem laedit, cum ebrio qui litigat:
Offende una persona assente chi litiga con un ubriaco (Publilio
Sirio Sententiae 12).
Ricordo un compaesano che sedendosi a tavola nei giorni di
festa esclamava: "salutiamoci ora perchè alla
fine non riconoscerò nessuno". Quasi astemio,
era solo un simpatico modo di dire, ben conscio che le eccessive
libagioni portano l'individuo ad una perdita progressiva,
direttamente proporzionale ai bicchieri scolati, del dominio
sulla parola e sulla capacità di intendere e volere.
Come non ricordare la famosa "spranghetta" di Renzo
al capitolo XV de "I Promessi Sposi", tanto ubriaco
da far "litigare le dita co' bottoni de' panni che
non s'era ancora potuto levare?.
Absit invidia verbo:
Possano le mie parole non essere fraintese. (Tito Livio, Ab
Urbe Condita Liber IX cap.19).
Della frase di Tito Livio "Absit invidia verbo et
civilia bella sileant" Possano le mie parole non
essere fraintese e tacciano le guerre civili, è stata
presa solamente la prima parte e modificata nella versione
più conosciuta e usata: "absit iniuria verbo"
o "absit iniuria verbis" mantenendo comunque
lo stesso significato di scusa quando si teme che le nostre
parole o i nostri scritti , possano in qualche modo offendere
chi ci ascolta o ci legge.
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