Sutor, ne supra crepidam...!
Diaboli virtus in lumbis est :
La forza del demonio sta nella lussuria(Hieronymus,
Epistulae, 22,11 - Ad Eustochium - De virginitate servanda)
e prosegue: "Omnis igitur adversus
viros diaboli virtus in lumbis est: omnis in umbilico contra
feminas fortitudo." (=Pertanto relativamente agli
uomini la forza del demonio risiede nei loro genitali mentre
nei confronti delle donne nel loro utero). L'espressione
usata da san Gerolamo è presa dall'Antico Testamento
(Giobbe 40,16) "Fortitudo eius in lumbis eius, et virtus
illius in umbilico ventris eius" (=La sua forza
(del demonio) è nei suoi lombi e il suo vigore nel suo ventre).
E' frequente nella Bibbia incontrare "lombi,
femore, ombelico" utilizzati per indicare rispettivamente
i genitali maschili o femminili.
Dicamus bona verba, venit natalis, ad aras;quisquis ades vir
mulierque fave:
Pronunciamo parole di augurio, il dio dei natali si avvicina
all'altare: tutti i presenti, uomo o donna tacciano (Tibullo,
Elegie, Libro II, II v. 1,2).
Il componimento è indirizzato all'amico Cornuto
in occasione del suo compleanno. Certo che l'amico non chiederà
in dono terre o perle preziose ma l'amore fedele della moglie,
il poeta augura che il loro legame sia duraturo e che il dio
"Natale" li possa trovare dopo tanti anni, pur con
le rughe e i capelli bianchi, circondati da una schiera di
nipoti che giocano ai loro piedi.
Detto segnalato da Pier Antonio G.
Dictum factum:
Cosa detta, cosa fatta (Terenzio Il punitore di se
stesso atto V v. 940).
L'espressione è passata senza alcuna modifica di significato
nella lingua italiana. Ha un ampio impiego in tutte le occasioni
e necessità: ti serve una informazione? apri internet
e ... dictum, factum.
Diem perdidi!:
Ho perso la giornata. (Svetonio, Vita Divi Titi, 8 - Eutropio
Breviario libro VII , 21)
Parole attribuite all'imperatore Tito, addolorato per avere
trascorso una giornata senza essere riuscito a compiere alcuna
buona azione.
Dies irae:Il giorno dell'ira.(Liturgia, Sequenza
dei morti).
Sono le due prime parole della nota Sequenza che la Chiesa
Cattolica recita o canta sulle spoglie dei suoi fedeli defunti
e nel giorno dei Morti: Sequenza che fa un vivissimo quadro
della fine del mondo e del Giudizio Universale.
Difficile est longum subito deponere amorem:
È difficile mettere fine di colpo ad un lungo amore (Catullo
Carmina n° 76).
L'aggettivo "lungo" tenderebbe ad escludere i primi
innamoramenti e le prime cotterelle: sembrano eterni ma non
lo diventano fino a che non si trova l'anima gemella e poi,
anche qui, ci sarebbe da fare qualche distinguo! A proposito
di coppie innamorate ricordiamo Filemone e Bauci, che non
volendo sopravvivere l'uno all'altro chiesero a Giove di poter
morire entrambi nello stesso momento perchè neppure la morte
potesse mettere fine al loro amore e nessuno dei due avesse
a soffrire per la mancanza dell'altro, e altrettanto saldo
era il sentimento di Orfeo nei confronti della sposa Euridice
se, come narra la mitologia, scese nell'Ade per riportarla
sulla terra.
Difficile est satiram non scribere:
E' difficile non esprimersi con la satira (Walter
di Châtillon, Carmina moralia, carmen IV v. IV).
Conosciuto anche come Gualterus de Castellione visse
in Francia attorno al XII secolo. Fu teologo e scrittore in
lingua latina. Sembra che alcune sue composizioni gogliardiche,
composte quando ancora era studente all'università
di Parigi, siano confluito nei "Carmina Burana".
Difficiles nugae:
Cretinate difficili. (Marziale, Epigrammi, Il, 86).
Il Poeta parla delle persone che pur mancando di capacità
comica cercano, peggiorando spesso la situazione, di rendersi
ben accette con atteggiamenti spiritosi. In questi giorni
che precedono le elezioni assistiamo, da destra e da sinistra,
ad esempi cretini di "vis comica" dove
si arriva a gabellare le offese più incredibili come
battutine... ironiche!
Difficilius ab honestate quam sol a cursu suo averti potest:
E' più difficile allontanarlo dall'onestà, che
far recedere il sole dal suo cammino.(Eutropio, Breviario,
Il, 14).
Elogio che Eutropio mette sulla bocca di Pirro all’indirizzo
di Caio Fabrizio Luscinio, il generale romano che non riuscì
nè a vincere nè a corrompere. Di questo personaggio,
esempio di onestà , di disprezzo delle ricchezze e
di incredibile parsimonia, ne tesse altresì l'elogio
Dante (Purgatorio canto XX vv 25-27): "Seguentemente
intesi:"O buon Fabrizio, con povertà volesti anzi
virtude che gran ricchezza posseder con vizio".
Digitus Dei est hic:
Qui vi è il dito di Dio. (Esodo, VIII, 19).
Espressione pronunciata dai maghi del Faraone quando le piaga
delle zanzare colpì la terra d'Egitto. Tentarono di
imitare con i loro incantesimi il gesto di Aronne che percuotendo
la terra aveva trasformato la sabbia in zanzare, ma non riuscendovi
riconobbero l'esistenza di un potere divino superiore alla
loro magia. Si usa normalmente quando ci si trova di fronte
ad avvenimenti che la ragione o la scienza non riescono a
spiegare.
Dii lanatos pedes habent:
Gli dei hanno i piedi fasciati di lana (Petronio Satyricon
44).
Gli dei raggiungono i colpevoli in silenzio. Con
identico significato troviamo anche (Antico Testam., Ecclesiastico
5,4 ) "Altissimus est patiens redditor"
(= L'Altissimo è un pagatore paziente).
Altra espressione molto simile è attribuita
a Macrobio "Deos iratos laneos pedes habere"
(= Gli dei irati hanno i piedi protetti dalla lana).
Tutte praticamente equivalgono al nostro proverbio:"Dio
non paga il sabato". Il castigo può
essere procrastinato ma non all'infinito e quando meno lo
si aspetta ci colpirà.
Dii, talem terris avertite pestem:
O dei, allontanate dalla terra tale flagello
(Virgilio Eneide Libro III v.620).
Sono le parole pronunciate da Achemenide, compagno sventurato
di Ulisse e da lui dimenticato sull'isola dei Ciclopi durante
la sua precipitosa fuga. La si può tranquillamente
usare per quasi tutti i nostri attuali
uomini politici
Diligite iustitiam qui iudicatis terram:
Amate la giustizia, voi che siete giudici in terra. (Sap.,
I, 1).
Sono le parole con cui inizia il libro della Sapienza, attribuito
al re Salomone: monito divino ai reggitori dei popoli.
Di meliora piis:
Che gli dei concedano (tempi) migliori agli uomini pii. (Virgilio,
Georg.. III, 513).
Virgilio fa questa invocazione dopo la descrizione delle miserie
prodotte dalla peste.
Nell’uso corrente lo si indirizza alle persone colpite
da qualche lutto, o provate dalla sventura, per augurare loro
tempi migliori.
Dimidiatus Menander:
Un Menandro a metà.
Sintetica espressione usata da Giulio Cesare per definire
l'arte del commediografo Terenzio. Il Menandro chiamato in
causa era considerato a quei tempi il miglior commediografo
greco e a lui si ispiravano traducendone le opere ed adattandole
agli avvenimenti di casa loro i primi commediografi romani
da Livio Andronico a Nevio , da Quinto Ennio a Plauto. Afro
Publio Terenzio schiavo di origine cartaginese, affrancato
in considerazione delle sue capacità di scrittore, è forse
quello che, come stile, più si avvicina allo stile di Menandro,
ma mentre Cicerone ne parla come di uno dei maggior poeti
della Repubblica, Cesare, che come scrittore non era secondo
a nessuno, ne riconosceva il perfetto stile letterario, ma
non ne apprezzava la capacità di scenografo: da qui la definizione.
Dimidium facti, qui coepit, habet:
Chi comincia è a metà dell'opera (Orazio, Epist.,
I, 2, 40).
Per gli antichi in generale e per i Romani in particolare,
abituati a pianificare nei minimi dettagli ogni operazione
militare, ogni opera pubblica o privata, non era necessario
aggiungere anche l'avverbio "bene" come
noi invece, più portati al pressapochismo, abbiamo
fatto rendendo la frase in italiano:"Chi ben comincia,
è a metà dell’opera". Spesso
in Italia si comincia un'opera, si intascano i soldi e ci
si da alla latitanza senza preoccuparsi, il più delle
volte di terminarla!
Dis aliter visum:
Gli dei hanno giudicato diversamente.
(Virgilio, Eneide, Il, 428).
Il commento di Virgilio è diretto al troiano Riféo
considerato giovane giusto ed estremamente rispettoso degli
dei, ma nonostante questo gli stessi non impedirono che venisse
ucciso. L'uso che si fa della espressione latina è
comunque simile a quello del proverbio italiano:"L'uomo
propone e Dio dispone".
Discite iustitiam moniti, et non temnere divos:
Imparate a vivere rettamente e a non disprezzare gli dei.
(Virgilio, Eneide, VI. 620).
Flegias, secondo la mitologia, avendo saccheggiato il tempio
di Delfo, fu da Apollo precipitato nel Tartaro e condannato
a gridare senza tregua questo ammonimento.
Dis Manibus Sacrum:
Sacro agli Dei Mani.
Si tratta di una iscrizione funeraria. si trova spesso
anche l'acronimo "D.M.S" oppure solamente
"D.M."
Divide et impera:
Dividi e comanda.
Fu la logica perseguita dal senato romano: il modo migliore
per evitare che popoli sottomessi si coalizzassero e si ribellassero
all'invasore era far sì che rivaleggiassero tra di
loro concedendo a chi un privilegio e a chi un altro. La paura
di perdere questi previlegi li spingeva a combattere l'un
contro l'altro e non contro l'oppressore comune.
Diviserunt sibi vestimenta mea:
Si sono divise le mie vesti. (Salmo XXI, 19).
Allusione alle vesti del Redentore che, alla sua morte, furono
sorteggiate fra i soldati sotto la croce. La frase si adopera,
nell’uso comune, per indicare spogliazioni o ruberie
di cui alcuno è stato vittima, quasi per dire:
"M’hanno rubato anche la camicia"!
Divitiae meae sunt, tu autem divitiarum es:
Le mie ricchezze sono mie, tu invece sei loro chiavo (Seneca
De vita beata 22).
Seneca riprende un analogo concetto espresso da Orazio
in una lettera all'amico Aristio Fusco (Epistolae I, 10 v.47-48).
Elogiando la vita della campagna contrapposta a quella della
città, che l'amico preferisce, scrive: "Imperat
aut servit collecta pecunia cuique, tortum digna
sequi potius quam ducere funem" (=Il troppo denaro
è servo e padrone: dovrebbe seguire le redini, non
impugnarlei). Fuor di metafora Orazio spiega
che il saggio domina il denaro solamente
se ne fa buon uso diversamente si lascia dominare da quello
poi, prendendo a prestito l'immagine dell'animale legato ad
una fune e condotto a mano dal contadino, spiega che se l'animale
è docile e mansueto si lascia tirare sottomesso ma
in caso contrario è quest'ultimo che tira fune e contadino.
Divum Domus:
Casa degli dei (Virgilio Eneide Libro, II, v.241).
Con questa epressione presa a prestito dall'Eneide
i Romani definivano la città di Roma. Il testo completo
sarebbe "O patria, o divum domus Ilium et inclita
bello moenia Dardanidum!" (=O patria, o Ilio sacra
casa degli dei e mura di Troia eccelse in guerra).
Dixi!: Ho detto
Motto con il quale si fanno terminare discorsi, ragionamenti,
ecc
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