Finis coronat opus:
La fine è quella che corona l'opera.
Non sono le cose solo incominciate che riescono utili, ma quelle
condotte a buon fine: con la tela di Penelope non si fanno
vestiti.
Finis Poloniae!:
E' la fine della Polonia.
Motto storico attribuito comunemente al generale Kosciusko quando
il 10 ottobre 1794, ferito e prigioniero, vedendo i suoi polacchi
sconfitti dai russi condotti dal Suvaroff, capì che la
sua patria sarebbe stata presto smembrata. La frase si cita
per indicare una grande catastrofe, oppure per tempeste in un
bicchier d’acqua.
Flagellum Dei: Flagello di Dio Soprannome dato ad Attila per la sua ferocia. Divenuto
re degli Unni nel 434 negli 8 anni del suo governo fu uno dei
più temibili nemici dell'impero romano che la storia
ricordi e ispirò un tale terrore che ancora oggi il suo
nome è simbolo di morte e distruzione. Assediò
Costantinopoli costringendo l'imperatore d'oriente a pagare
un tributo, si spinse nella Gallia distruggendo ogni cosa sul
suo cammino, rase al suolo la città di Aquileia nell'intendo
di conquistare Roma. La storia/leggenda narra come venisse fermato
da papa Leone I che lo convinse a ritornare in Pannonia l'attuale
Ungheria.
Flavit Iehovah et dissipati sunt: Dio soffiò ed essi furono dispersi. Scritta apposta su un medaglione coniato per commemorare
la vittoria della flotta inglese sull’Invincibile Armata,
avvenuta nel 1588. Sulla medaglia appare anche la stessa frase
in ebraico.
Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo:
Se non potrò commuovere gli dèi celesti, moverò
Acheronte. (Virgilio, Eneide, VII, 312).
Esprime la risoluzione di giungere, con qualsiasi mezzo, ad
uno scopo. È la teoria del Machiavelli, che il fine giustifica
i mezzi.
Fluctuat nec mergitur:
Pur agitata dalle onde, non fà naufragio
Motto della città di Parigi che porta nello stemma una
nave sballottata dalle onde.
La frase ricorre per imprese che, anche se ostacolate e contrariate,
si spera di poter condurre finalmente in porto.
Foedera aequa/ iniqua:
Trattato equo / iniquo.
Il termine "Foedera" definiva i trattati
stipulati da Roma con i popoli e le città conquistate.
Ricordando che i Romani di quei tempi non concedevano sconti
a nessun nemico, basti pensare agli Etruschi e ai Cartaginesi
dei quali cancellarono tutto, compresa la storia, piuttosto
che di trattati equi stipulati dovremmo parlare di trattati
meno iniqui di quelli considerati tali. Mai come in in questi
casi la tecnica del "divide et impera" fu
attuata con astuzia sopraffina concedendo alle varie città
forme di autonomia diverse affinchè venisse a mancare
una comunanza di interessi ed ogni città aspirasse ad
incrementare, a danno delle altre, il numero dei propri privilegi.
Tra quelli più desiderati ricordiamo lo "ius
commercii" possibilità di commerciare con Roma
che ne tutelava i diritti, lo "jus conubii"
e cioè il diritto di sposare cittadini o cittadine romane
e lo "ius migrandi" che, "dulcis
in fundo" concedeva a chi si trasferiva nell'urbe
la cosa che era per quei tempi l"optimum"
e cioè la cittadinanza romana.
Foenum habet in cornu:
Ha il fieno sulle corna. (Orazio, Satire, I, 4, 33).
Il poeta allude all’uso dei suoi tempi di rivestire le
corna dei buoi o dei tori più feroci, con fieno o paglia.
Metaforicamente mette in guardia contro i critici, che hanno
le corna aguzze e dove colpiscono lasciano la piaga.
Foliis tantum ne carmina manda:
Non dare i responsi solo con le foglie (Virgilio Eneide libro
VI v. 75). Oggi diremmo "verba volant, scripta manent"
ma a quei tempi le cose andavano diversamente.Consuetudine della
Sibilla Cumana, nel dare responsi, era di scriverli su un certo
numero di foglie e poi lasciarle volare in balia del vento con
il risultato che ognuno può immaginare. Proprio per questo
motivo Enea consigliato da Eleno prega la Sibilla di dare i
medesimi responsi a voce "ipsa canas, oro".
Forma mentis:
Forma della mente
Disposizione mentale che in funzione dell'educazione ricevuta,
della personale cultura e delle influenze esterne a cui veniamo
sottoposti ci porta a giudicare cose e persone ed a interpretare
la realtà quotidiana in un determinato modo.
Forsan et haec olim meminisse iuvabit:
Forse un giorno la memoria di questi avvenimenti ci sarà
gradita. (Virgilio, Bneide, I, 203).
Parole con le quali Enea faceva coraggio ai compagni nelle avversità
della sorte e nei pericoli.
Fortunam criminis pudeat sui:
Si vergogni la fortuna del suo delitto. (Fedro, Favole. Libro
II, Epilogo v.19).
La fortuna dovrebbe vergognarsi di essere favorevole ai malvagi
e contraria ai buoni. Si vede che ai tempi del Poeta la fortuna
faceva gli stessi scherzi che ai nostri giorni. Quindi come
scrive T.Livio, Storie, XXX, 30: "Maximae cuique fortunae
minime credendum est." (=Non bisogna fidarsi mai della
fortuna, ancorchè massima).
Fortuna multis dat nimis, satis nulli: La fortuna a molti da troppo , a nessuno abbastanza
(Marziale, Epigrammi, Libro XII, ep X). Riporto per intero l'epigramma:"Habet Africanus
miliens, tamen captat. Fortuna multis dat nimis, satis nulli".
(=Africano è ricco sfondato, ma continua ad andare a
caccia di testamenti. La fortuna a molti da troppo, a nessuno
abbastanza).
Fortuna spondet multa multis, praestat nemini:
La fortuna promette molto a molti, mantiene a nessuno (dall'epitaffio
di Prima Pompea I / II sec. a.C.).
La iconografia rappresenta la fortuna come una bellissima donna
bendata, e nella lingua italiana esiste il detto che la Fortuna
è cieca in quanto dispensa i propri favori senza preferenza
alcuna. Ricordo solamente un personaggio a cui la fortuna sempre
arride ma fa parte del mondo dei fumetti ed è Gastone
cugino dello sfortunatissimo Paperino. A tutti gli altri questa
capricciosa dea da e toglie con la stessa facilità. Al
tavolo verde si può vincere una fortuna in pochi attimi
e sempre in un batter d'occhi si può perdere tutto. Ricordiamo
invece Giobbe che affidandosi non alla fortuna ma a Dio nelle
disgrazie diceva: "Deus dedit, Deus abstulit...sit
nomen Domini benedictum".
Fortunate senex!:
O vecchio fortunato. (Virgilio, Egloghe, I, 46).
L’ esclamazione è rivolta a Titiro, felice per aver conservato
il suo campicello. La si ripete ai nonni circondati dai nipotini.
Mi da l'impressione di una pacca sulla spalla a noi vecchietti.
Fortunatus et ille deos qui novit agrestes!:
Beato colui che conobbe i dei della campagna! (Virgilio, Georgiche,
libro II, v. 493).
Virgilio proveniva da un villaggio nei pressi di Mantova:"Mantua
me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecinit pascua,
rura, duces" (Mantova mi generò, mi rapì
la Calabria, ora mi tiene Napoli, cantai i pascoli, la campagna
e i condottieri) come affermerà egli stesso riassumendo
in queste poche parole la sua vita. Nato in campagna ricorderà
in ogni sua opera, con tanta nostalgia, i rumori, i profumi,
i paesaggi e la tranquillità che solo la campagna era
stata in grado di donargli.
Frangar, non flectar:
Mi spezzo, ma non mi piego. (Orazio, Odi, III, 3).
Frase che significa la fermissima e incrollabile adesione ai
propri principi. Orazio la applica all’uomo di carattere. A
chi invece si presenta in una palestra di Judo si insegna che
la frase deve essere modificata in :"flectar ne frangar"
(Mi piego per non essere spezzato)
Fronde super viridi:
Sopra le verde frasche (Virgilio, Egloghe libro 1, v. 80).
.
Canto di due pastori Titiro e Melibeo: contrasto tra la situazione
del primo, che può conservare il proprio podere continuando
una vita tranquilla, e quella del secondo costretto ad allontanarsi
dalle proprie terre e abbandonando quanto gli sta caro. A lui
Titiro dice" fermati con me questa notte, potrai riposare
su verdi frasche (Fronde super viridi), ho frutti maturi
(mitia poma sunt nobis...).
Frustra:
Inutilmente.
Vocabolo da cui deriva un termine italiano molto in voga: "frustrato"con
tutti i suoi derivati
Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora: Intilmente si fa complicato ciò che è
semplice. Con analogo significato troviamo anche "Entia
non sunt multiplicanda praeter necessitatem" (=Gli
elementi non sono da moltipicare oltre il necessario). (Detto segnalato da Franco C.)
Fugit irreparabile tempus:
Il tempo fugge in modo irreparabile. (Virgilio, Georgiche,
III, 284).
Il tempo fugge irrimediabilmente.Vedi "Eheu! fugaces
labuntur anni"
Fuimus Troes:
Fummo Troiani! (Virgilio Eneide II v. 324-325).
E' il grido disperato di chi comprende che ogni cosa è
perduta. Troia sta bruciando e Panto, sacerdote del dio Apollo,
giunge alla casa di Enea per portare in salvo gli arredi sacri
e i simulacri degli dei ormai vinti. Ad Enea che chiede informazioni
sulla situazione risponde che non ci sono più possibilità
di salvezza nè per loro nè per la città
"Fuimus Troes, fuit Ilium" Fummo Troiani
ed esistette una città di nome Ilio.
Furor arma ministrat:
Il furore procura le armi. (Virgilio, Eneide, I, 150).
Ossia il furore e l’ira fanno trovare i mezzi di difesa e di
offesa. E' quella che si chiama la forza della disperazione.
Furor Teutonicus: Furore tedesco (M. A. Lucano Pharsalia)
Troviamo per la prima volta simile espressione nella Farsalia
di Lucano dove contrappone allo stile di vita delle popolazioni
germaniche la "virtus" romana (coraggio disciplinato)
e pone le basi di un mito destinato a sopravvivere ancor oggi.
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