Sutor, ne supra crepidam...!
Hic:
Qui.
Ai primordi della carta stampata i lettori di un libretto
manoscritto o stampa, mettevano spesso sul bordo come segnalibro
il monosillabo “hic” sottintendendo
“hic sistendum” oppure “hic
advertendum” (=Qui occorre fermarsi, qui occorre
fare attenzione). "Qui sta l' Hic", esclama
l'oratore quando desidera richiamare l'attenzione dell'assemblea
su un particolare punto o argomento che per la sua importanza
merita un approfondimento
Hic et nunc:
Qui e ora.
Si usa questa espressione per indicare che una cosa non
ammette proroghe nella sua attuazione.
Hic iacet:
Qui giace.
Come ben sappiamo si tratta di una iscrizione tombale. Tutto
quello che credavamo di essere, tutto quanto ci siamo sforzati
di possedere e di costruire si riduce, come in un famoso
racconto ad una tomba di due metri quadri e ad un epitaffio:
"Qui giace"... Hic iacet
Hic optime manebimus:
Qui rimarremo ottimamente(Tito Livio Ab urbe
condita Periocha V).
La frase completa è "Sta, miles, hic optime
manebimus !". (=Fermati soldato , qui staremo
benissimo). Anno 390 a.C., i Galli stanno per conquistare
Roma ed i senatori vorrebbero fuggire a Veio. A Furio Camillo,
che invano tentava di convincerli a desistere da questo
proposito, venne in provvidenziale aiuto l'esclamazione
di questo centurione rivolta ai suoi soldati. Nel film "Don
Camillo e l'onorevole Peppone" la frase viene
pronunciata da Fernandel quando Gino Cervi gli ordina di
allontanarsi dal ponte che aveva appena minato. Oggi, e
non facciamo nomi, l'espressione è usata da chi non ha la
minima intenzione di abbandonare la sedia che occupa anche
se le circostanze sono sfavorevoli.
Hic Rhodus, hic saltus:
Immagina di essere a Rodi e ripeti qui il salto (Esopo).
Fu questa la risposta che un passante diede ad uno sbruffone
che, tornando da Rodi, raccontava di aver fatto un salto
talmente alto da superare il Colosso. Si trova spesso usata
anche l'espressione: "Hic
Rhodus hic salta" (=Immagina di essere a Rodi
e mostrami la tua bravura nella danza). "Salta"
è infatti imperativo del verbo "salto-as"
(intensivo di salio) con il significato appunto
di danzare, ballare, rappresentare danzando, mentre "saltus"
(=salto) deriva da "salio-is" (=saltare,
saltellare, balzare).
Normalmente la prima variante viene utilizzata per smontare
vanterie inutili o incitare ad un maggior impegno nella
vita o sul lavoro, la seconda invece, pur forzandone leggermente
il significato, quando siamo posti di fronte ad una scelta
obbligata. L'attuale capufficio non ti piace? "Sorry,
Hic Rodus, hic salta" (=anche se la musica
che suonano non ti piace continua a ballare!).
Hic sunt leones:
In questa zona ci sono leoni.
Era la frase con la quale i romani indicavano sulle mappe
geografiche le regioni inesplorate dell'Africa: si usa normalmente
per indicare che un dato argomento ci risulta totalmente
sconosciuto.
Hic victor caestus artemque repono:
Qui vincitore depongo l'arte e il cesto (Virgilio Eneide
Libro V v. 484)
Potrebbe essere una bella frase che corona una carriera
sportiva ricca di vittorie. Qui è il vecchio Entello
che, vinto l'incontro di pancrazio contro il troiano Darete
e sacrificato il toro, vinto nell'incontro, ad Erice suo
maestro, decide di appendere, da vincitore, i guantoni al
chiodo.
Hi in curribus et hi in equis:
Questi confidano nei carri e gli altri nei loro cavalli
( Ant. Test. Salmo 19, 8).
Il salmo 19 attribuito al re David è conosciuto come:
Preghiera del re prima della battaglia ed inizia con la
frase : Exaudiat te Dominus in die tribulationis
(il Signore ti esaudisca nel giorno dell'angustia) e continua
dicendo che mentre i nemici confidano nei carri e nei cavalli
noi nel Signore Dio nostro invochiamo la vittoria.
His ego nec metas rerum nec tempora pono:
A questi non pongo limite né di cose né di
tempo (Virglio Eneide libro I v. 278).
La dea Venere piuttosto contrariata per le ingerenze di
Giunone nella vita del figlio e dei profughi troiani se
ne lamenta con Giove. A lei, il re degli dei, risponde che
il Fato ha già deciso tutto indipendentemente dai
vari tentativi fatti di modificare il corso del destino.
Iulo, infatti, figlio di Enea sarà il capostipite
di un popolo al quale non verrano posti limiti né
di opere né di tempo per costruire un regno che verrà
ricordato in eterno per la sua potenza, civiltà,
capacità nell'educare e nell'unire popoli differenti.
His fretus:
Confidando in queste cose.
Cioè, appoggiato a queste ragioni, ecc. Un esempio tipico,
in cui è usato in significato ironico, si ha nel capitolo
XXXVIII dei Promessi Sposi quando l’ enciclopedico don Ferrante
vuol dimostrare che la peste non si propaga per contatto,
ma per influsso delle stelle.
Historia est magistra vitae:
La storia è maestra di vita (Cicerone, De oratore,
Liber II, Cap. IX, 35).
"Historia vero testis temporum, lux veritatis,
vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis"
(=La storia infatti è testimone del tempo,
luce di verità, maestra di vita, messaggera del passato).
La curiosità
di conoscere i grandi fatti della storia ed il bisogno di
tramandarli risalgono ai tempi dei tempi e credo si possa
dire che seguirono il nascere della coscienza nei popoli
e ne rappresentano l'inizio della loro civiltà. Certo
non sarà possibile ricavare dalle tante vicende storiche
leggi universali e perpetue; l'imponderabile e l'imprevedibile,
infatti, hanno sempre una gran parte nella vita umana ma,
pur non potendo il passato dettare norme certe di comportamento
per il futuro, credo che il passato meriti un occhio di
riguardo per evitare almeno quegli errori che da secoli
si ripetono.
Nella speranza di non essere frainteso
ma solo per spiegare in parte il concetto ricordo che i
nostri "martiri del Risorgimento" per
gli Austriaci erano... "terroristi" e, quelli
che noi oggi definiamo "terroristi" sono considerati
da altri... martiri.
Hoc caverat mens provida Reguli:
Questo temette e previde il cuore di Regolo (Orazio,
Carmina, Libro III, 5, 14-15).
Narra la storia, e ricordiamo che sono sempre i vincitori
a scriverla,* che M. A. Regolo console nel 255 , fatto prigioniero
dai Cartaginesi con 500 soldati romani fu inviato a Roma
con il compito di tratta la quace o quanto meno il riscatto
dei soldati prigionieri. Come tutti ricordiamo il suo discorso
in Senato fu di totale chiusura alle trattative per le conseguenze
negative che avrebbero causato. Riporto, sempre tratte dalla
stessa ode, alcune colorite espressione usate per rendere
il concetto: "Auro repensus, scilicet acrior miles
redibit?" (=Credete che il soldato ricomprato a peso
d'oro ritornerà a combattere con maggior accanimento?).
"Flagitio additis damnum" (=Al disonore aggiungete
il danno). "Amissos colores lana refert medicata fuco
nec vera virtus cum semel excidit" (=La lana tinta
di rosso non riprende il colore di prima e il valore una
volta caduto non torna).
L'espressione si usa a proposito di personaggi che ad opera
finita con un "io l'avevo detto" si atteggiano
ad indovini e salvatoria dellapatria.
*Sembra che la vicenda di Attilio Regolo sia una delle
tante invenzioni propagandistiche dei romani. Lo storico
Polibio che romano non era (Grecia 206-124 a.C.) e in fatto
di avvenimenti storici contemporanei non era secondo a nessuno,
di questo episodio, celebrato pure da Cicerone, neppure
ne parla.
Hoc erat in votis:
Questo era il mio desiderio. (Orazio, Satire, Libro II,
sat. VI, v. 1).
Il sogno del poeta di avere una casetta circondata da un
campicello, una fonte di acqua viva, e un bosco per cercarvi
quella quiete che non trovava nella rumorosa Roma fu più
che appagato quando Mecenate gli regalò la villa
sui monti Sabini. La frase si usa , mutando a volte il verbo
erat in est, per esprimere un desiderio o un auspicio.
Hoc opus, hic labor:
Ecco la difficoltà, ecco ciò che v’ha
di faticoso. (Virgilio, Eneide, VI, 129).
È la Sibilla Cumana che ricorda ad Enea le difficoltà di
ritornare dall’ Averno. La frase va messa in relazione con
quella citata: Facilis descensus Averni. Si usa
per dire dove sta il nocciolo della difficoltà.
Hoc volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas:
Io lo voglio, io lo comando, la mia volontà tenga
le veci della ragione (Giovenale, Satire, VI, 223).
Giovenale mette la sentenza sulle labbra d’una donna capricciosa
e prepotente; ma nel fatto molti la fanno propria.
È il motto del Leone della favola di Fedro, che avendo catturato
con la mucca, la capra e la pecora un grande cervo, nel
momento di fare le parti disse: la prima parte mi spetta
perchè sono il leone, la seconda perchè sono
il più forte, la terza perchè sono il più
importante, e se qualcuno tocca la quarta gli faccio un
mazzo così..