Sutor, ne supra crepidam...!
Nam Polydorus ego!:
Io sono Polidoro (Virgilio Eneide libro III, 44)
Il corpo di Polidoro, figlio di Priamo, ucciso dal cognato
Polimnestore re della Tracia per sottrargli le ricchezze che
aveva portato da Troia, viene dalla dea Venere tramutato in
mirto pianta a lei sacra . Ad Enea, che ignaro di tutto questo,
strappa alcuni rami di questa pianta e inorridito ne vede
sgorgare gocce di sangue, così il giovane troiano si
rivela e dice:"Heu fuge crudeles terras, fuge litus
avarum! Nam Polydorus ego!" Fuggi da queste terre
crudeli, abbandona questo lido inospitale! Sono io Polidoro
che ti sto parlando. Simile espressione, in senso meno drammatico,
si usa nell'intento di convincere un amico o un collega a
seguire un nostro consiglio che all'apparenza può sembrare
di non immediata comprensione se non si è a conoscenza
dei precedenti.
Nascimur uno modo, multis morimur:
Nasciamo in un solo modo, ma moriamo in molti (Anneo Seneca
Controversie libro VII 1,9).
E continua:"laqueus, gladius, praeceps locus, venenum,
naufragium, mille aliae mortes insidiantur huic miserrimae
animae". (=impiccagione, spada, in un dirupo, col
veleno, in un naufragio e mille altri modi di morire insidiano
la nostra miserevole esistenza)! Di diverso pensiero è
invece il re Salomone che, pur concordando sull'unico modo
con cui si viene al mondo (Antico Test. Sap. 7, 5.6), esclama:"nemo
enim ex regibus aliud habuit nativitatis initium, unus ergo
introitus est omnibus ad vitam et similis exitus"
(Nessun re ebbe mai altro principio di nascita, e pertanto
è identico per tutti il modo di nascere e di morire).
Proprio in seguito a questa considerazione il figlio del re
Davide chiedeva a Dio la Sapienza da preferirsi ad ogni altra
cosa terrena.
Natura abhorret a vacuo:
La natura ha orrore del vuoto.(Cartesio).
Massima cui si ricorreva ai tempi del Descartes e anche in
seguito, per spiegare alcuni fenomeni naturali, come l’impossibilità
d’ottenere il vuoto assoluto, l’innalzarsi dell’acqua in un
tubo producendo la rarefazione dell’aria soprastante, ecc.
Nello stile burlesco si cita per dire che lo stomaco vuoto
ha bisogno di alimento, o che il borsellino ha bisogno di
danari.
Naturam expellas furca, tamen usque recurret:
Anche se caccerai la natura con la forca, essa ritornerà.
(Orazio, Epist., I, 10, 24).
Significa che non vi è cosa più difficile che spogliarsi delle
proprie abitudini naturali. In certo senso corrisponde al
proverbio: Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Natura non facit saltus:
La natura non fa salti. (Leibniz, Nuovi Saggi, IV,
16).
Nella natura tutto è progressivo ed ordinato, e fra i vari
generi e le varie specie non v’è un taglio netto e assoluto,
ma vi è sempre un essere intermediario che forma come l’anello
di congiunzione nella catena umana.
Naufragium in portu facere:
Naufragare in porto, perdersi in un bicchier d'acqua.
L'espressione è derivata dalla frase di Quintiliano
che troviamo nelle Declamationes maiores, (Declamatio
maior XII.23) che riportimo integralmente: "In
portu naufragium fecimus et frumentum ad ancoras perdidimus"
(=Siamo naufragati nel porto e all'attracco abbiamo mandato
a fondo le granaglie trasportate).
Navigare necesse, vivere non necesse:
E' indispensabile mettersi in mare ma non è
indispensabile vivere (Plutarco, Vite parallele, Agesilao
e Pompeo 50,2).
Gloria al Latin che disse: "Navigare è necessario;
non è necessario vivere". A lui sia gloria in
tutto il Mare. (Gabriele D'Annunzio, Maya, Pleiadi, Libro
I). Il "Latin" citato dal poeta è
Gneo Pompeo a cui Plutarco mette sulle labbra tale incitamento
rivolto ai suoi marinai che, a causa del mare in tempesta,
rifiutavano di imbarcarsi alla volta di Roma per rifornirla
di grano. Viene usato come stimolo a vivere in modo eroico
anteponendo il bene comune alla stessa salvaguardia della
propria vita.
"Obtorto collo" fu per secoli il motto di tutte
le città che si affacciavano sul mare: dalle nostre
repubbliche marinare alle città della lega Anseatica.
Gli scambi commerciali attraverso questa via di comunicazione
erano, condizioni del tempo e pirateria permettendo, meno
costosi e più veloci di quelli effettuati via terra.
I romani, nati contadini, si trovarono costretti a diventare
emuli di Ulisse e divennero così bravi da sconfiggere
la più grande potenza navale contemporanea del mediterraneo:
i Cartaginesi. Vedi anche "mare nostrum".
Ne avertas oculos a fulgure huius sideris si non vis obrui
procellis:
Non distogliere gli occhi dalla luce di questa stella se non
vuoi essere sopraffatto dalla tempesta.
La frase è scolpita ai piedi di una statua della Madonna
posta in una cappella votiva sull'isola di Losinj (Croazia
nel golfo del Quarnaro). Sembra si tratti di un "ex
voto" di un gruppo di marinai scampati ad una tempesta
per intercessione della Madonna.
Nec deus intersit, nisi dignus vindice nodus inciderit:
Che un dio non intervenga se il nodo non è degno di
essere sciolto (Orazio, Ars poetica, v. 191).
La trama intrigante, la situazione sentimentale o comica,
i dialoghi serrati devono tenere incollato lo spettatore alla
poltrona in teatro. L'intervento soprannaturale, il famoso
"deus ex machina" che dall'alto risolve
ogni situazione deve essere eliminato e, se proprio non è
possibile, l'argomento deve essere di tale interesse da giustificare
l'intervento di un dio.
Nec digna nec utilis:
Né meritevole né adatta (Ovidio Tristia
LibroIV-X-v.69).
Simile espressione era indirizzata dal poeta alla prima moglie
della quale scrive non era né meritevole né
adatta soprattutto considerando che "paene mihi puero
uxor est data, quae tempus perbreve nupta fuit"
(= Quasi ancora bambino mi venne data una moglie né
meritevole né adatta, che per brevissimo tempo mi fu
sposa) né fu più fortunato il secondo matrimonio,
da cui sembra ebbe una figlia. Solo al terzo tentativo si
suppone abbia trovato l'anima gemella se la loro unione resistette
anche alla tragedia dell'esilio. Facile da ricordare nella
vita quotidiana e di significato facilmente comprensibile
si può suggerire a quanti insistentemente offrono servizi
scadenti e di nessuna utilità.
Nec domo dominus, sed domino domus honestanda est:
Non è la casa che deve conferir decoro al padrone,
ma il padrone alla casa (Cicerone, Retorica, De Officiis Liber
Primus v. 139)
Simile espressione, che ben si addiceva all'antico popolo
romano sempre in giro per il mondo a conquistare nuove terre,
sta un po' stretta a Cicerone e ai suoi contemporanei. Vorrei
ricordare che il nostro principe del foro, predicando bene
e razzolando male, possedeva ville ad Arpino, a Pompei e a
Pozzuoli, oltre a due tenute agricole una a Formia l'altra
a Tuscolo e un principesco palazzo sul Palatino dal valore
di 3.500.000 sesterzi e che dovendo recarsi da Roma a Pompei
ogni sera poteva sostare in una delle tante ville di proprietà
dislocate lungo il cammino. Considerando poi il pessimo rapporto
con la moglie Terenzia che, stando a quanto si legge, gli
avvelenò la vita ci si domanda come potesse il nostro
simpatico avvocato riprendere simile concetto anche nella
lettera Ad familiares, 4.8 "sin qualemcumque locum,
quae est domestica sede iucundior?" espressione
spesso modificata in "Nullus est locus domestica
sede iucundior". (=Non esiste altro luogo più
piacevole della propria casa) ma forse era sottinteso:"Terentia
vacante" (=quando la moglie è in... vacanza).
Sempre su questo argomento troviamo anche un
anonimo ma molto espressivo "nullus (locus) instar domus"
(=non esiste luogo più piacevole della propria casa).
Detti segnalati da Gerry V.
Nec equi caeca condemur in alvo:
Nè ci nasconderemo nel buio ventre di un cavallo (Virgilio
Eneide libro IX v 152).
Sono parole di derisione pronunciate da Turno all'indirizzo
dei Greci che dopo dieci anni di guerra, solamente con l'inganno
del famoso cavallo erano riusciti a conquistare Troia. Lui,
il futuro re del Lazio, per ributtare a mare quegli straccioni
di Troiani capeggiati da Enea non dovrà ricorrere ad
alcun inganno, ma gli basterà la spada e il coraggio.
Si dice di persone che non intendono avvalersi di alcun sotterfugio
per far valere il proprio punto di vista.
Necesse est enim ut veniant scandala:
E' inevitabile che avvengano gli scandali (Nuovo Test. Mt.18,
7).
E' possibile trovare con analogo significato anche "Impossibile
est ut non veniant scandala (Nuovo Test. Lc. 17,1) e
"Oportet ut scandala eveniant (ignoto)".
Il termine "scandalo" che troviamo usato nel tardo
latino deriva dal greco "skàndalon" nel significato
di inciampo, impedimento e in senso figurato di errore o peccato.
Nelle parole di Gesù inevitabile non è sinonimo
di fatalità, e se pur il mondo è segnato dal
peccato non si deve accettare tale situazione con atteggiamento
passivo e rassegnato. La partecipazione alla vita sociale,
l'impegno politico a favore dei più deboli e degli
emarginati, è dovere di ogni cristiano.
Detto segnalato da Sara.
Necesse est multos timeat quem multi timent:
Chi da molti è temuto deve per forza temere molti
(Decimo Laberio -106 - 43 a.C.)
La frase riportata da Macrobio e attribuita a Laberio cavaliere
romano ed autore di satire si ritiene fosse diretta a Giulio
Cesare che in quel periodo stava assumendo a Roma poteri dittatoriali:
“Porro, quirites, libertatem perdimus... Necesse
est multos timeat quem multi timent” (=Ormai, o
quiriti, perdiamo la libertà! Però chi da molti
è temuto deve per forza temere molti). Laberio visse
abbastanza per vedere confermata, con l'uccisione di Cesare
da parte dei congiurati (Idi di marzo 44 a.C.) la sua profezia!
Nec mortale sonans:
(Voce che) non ha l’accento di quella dei mortali. (Virgilio,
Eneide, VI, 50).
Il Poeta parla della Sibilla invasata dallo spirito profetico.
La frase si usa per elogiare grandi oratori o poeti che con
alate parole hanno elettrizzato gli uditori.
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