Sutor, ne supra crepidam...!
Nihil actum reputans si quid superesset agendum:
Ritenendo che nulla fosse stato fatto se restava ancora qualche
cosa da compiere.(Marco Anneo Lucano "Pharsalia")
In questo poema la figura di Giulio Cesare domina a lungo
la scena con la sua malefica grandezza di tiranno. Il riferimento
alla sua frenetica attività ed energia non vuole essere
un elogio al dittatore quanto piuttosto una accusa ritenendo
infatti che la smodata brama di potere di Cesare fosse la
principale responsabile della catastrofe che porterà
Roma alla rovina.
Nihil admirari:
Non stupirsi di cosa alcuna. (Orazio, Epist., I, 6, 1).
Massima che, secondo gli stoici, sarebbe la base della felicità.
Nihil de principe, parum de Deo:
Parlare poco di Dio e per nulla del principe.
Antica massima di cui il popolo ha sempre fatto buon
uso per scansar grattacapi e sperare di morir di vecchiaia.
Si tratta infatti di un invito a non mettersi nei guai con
i potenti limitando al minimo le discussioni religiose ed
evitando qualsiasi critica all'autorità civile. Con
un Dio misericordioso potevano sperare di cavarsela ma non
un principe offeso.
Nihil est dictu facilius:
Nulla è più facile della parola (Publio Terenzio
Afro 195-159 a.C. "Phormio v. 300").
E' la frase che il servo Geta dice a Demifone padre di Antifonte.
Molto simile il concetto espresso dal nostro proverbio italiano:
più facile a dirsi che a farsi, anche se Terenzio intende
rimarcare che parlare è certamente più facile
che agire.
Nihil conscire sibi, nulla pallescere culpa:
Non avere nulla da rimproverarsi, non dovere impallidire al
ricordo di qualche colpa. (Orazio, Epistole Libro I,
lett. I, v. 61).
Bellissima massima che se riuscissimo a mettere in pratica
ci permetterebbe di dormire... tra due guanciali.
Nihil mortalibus arduum est:
Nulla è impossibile ai mortali (Orazio, libro. I,
ode III, v. 37).
In questa ode indirizzata all'amico Virgilio al quale augura
una felice traversata in occasione di un viaggio di quest'ultimo
ad Atene, il poeta si scaglia contro gli uomini "audax
Japeti genus" per non essersi mai fermati di fronte
ad alcun ostacolo. L'uomo ha costruito fragili imbarcazioni
per solcare i mari, con Dedalo ha cercato di solcare i cieli,
con Ercole ha violato i confini dell'oltretomba...
Nihil obstat quominus imprimatur:
Non esiste alcun impedimento al fatto di venire stampato
Vedi "imprimatur". Dalle prime due parole
di questa frase deriva l'espressione italiana "nullaosta",
documento con cui l'autorità preposta dichiara non
esserci impedimenti a compiere una determinata azione.
Nihil sub sole novum: (Non v'è) nulla
di nuovo sotto il sole. (Ecclesiaste, cap. I, 10).
Cioè sulla terra tutte le vicende, liete o tristi, si ripetono.
.
Nihil unquam peccavit, nisi quod mortua est:
Nihil unquam peccavit, nisi quod mortuus est
Non commise sbaglio alcuno se non quello di morire.
Lo si dovrebbe quasi desiderare come epitaffio se ormai non
fosse troppo tardi per gloriarsene!
Sembra che l'espressione sia stata ripresa da quanto scrisse
Cicerone per la figlia Tullia andata sposa a P. Cornelio Dolabella
e morta di parto. "Tulliola filia mea unica quae nunquam
peccavit nisi quod mortua fuit infelix pater posuit. M.T.
Cicero" (=Per la piccola Tullia,
mia unica figlia, il cui unico errore fu quello di morire,
l'infelice padre pose. M. T. Cicerone).
Nil satis nisi optimum:
Nulla è sufficente se non l'ottimo.
Motto del Genio Militare , Rep. sminatori segnalato
da un visitatore che di quel corpo ha fatto parte. Nel paese
del "pressapochismo", del "ma
sì, tanto va bene!" del "tanto chi
lo vede?" o del "non tocca a me" ed
in considerazione del menefreghismo imperante questa
espressione dovrebbe essere succhiata con il latte della mamma
sempe che i genitori l'abbiano loro stessi assimilata. Riporto
una perla di saggezza che un vecchio collega mi trasmise e
che, pur con fatica, ho sempre cercato di mettere in pratica
non solo nel lavoro ma anche nel passatempo e che ho cercato
di trasmettere a colleghi e collaboratori: "Ricordati
di fare ogni cosa immaginando di essere quello che dopo di
te prenderà in consegna quel lavoro per completarlo
o utilizzarlo".
Detto segnalato da Roberto T.
Nimium ne crede colori:
Non fidarti troppo del colore. (Virgilio, Bucoliche, Egl.
II).
Cioè non bisogna credere alla prima impressione, alle apparenze.
Molte volte è il caso di ripetere l’esclamazione della volpe
di Fedro alla maschera:"O quanta species!... cerebrum
non habet". Quindi è necessario usare prudenza
nel giudicare.
Nisi caste saltem caute:
Se non vuoi agire onestamente vedi di farlo almeno con
furbizia.
Massima antica di autore ignoto. La troviamo già
citata da san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) nel "Prooemium
ad Mattheum episcopum albanensem". Commentando il
racconto evangelico del fattore disonesto (Luca 16,1 e segg.)
quello per intenderci del "redde rationem villicationis
tuae" il santo scrive: "enim prudenter
egit, qui quae reddere non potuit, ne super his argueretur
furto, caute celavit, et secundum cujusdam verba dicentis:
"Si non caste, saltem caute"... (=Ha infatti
agito in modo accorto nascondendo con destrezza, per non essere
accusato di furto, quanto non poteva restituire, esattamente
come dice il proverbio: se non (puoi comportarti) onestamente
(comportati) almeno in modo furbo". Ricordo che "castus",
da cui l'avverbio "caste" deriva, significa
onesto, disinteressato nei confronti degli averi altrui e,
solo in second'ordine, puro e illibato riferito alla moralità.
Anche san Tommaso d'Aquino (1225-1274) nel commento "Super
Epistolam B. Pauli ad Ephesios lectura cap.5,6"
assegna al detto un significato utilitaristico pur se in senso
morale: "sapientis oculi in capite eius: stultus
in tenebris ambulat. Quidam dicunt: si non caste, tamen caute.
Sed sic non accipit apostolus..." (=il saggio ha
gli occhi sul capo, mentre lo stolto cammina tra le tenebre.
Taluni affermano: non importa come, quello che conta è
cavarsela. Ma non è così che intende l'apostolo...).
Ritengo a questo punto erroneo farne un motto demonizzatore
del sesso e assegnarne, come fanno alcuni, la paternità
alla congregazione dei Gesuiti fondata nel 1540 da sant'Ignazio
di Loyola (1491?-1556). Credo che da sempre, invece, l'espressione
abbia avuto una sua valenza in campo politico. Nessuno infatti
già dai tempi di Roma ha mai preteso che le promesse
fatte in ambito elettorale venissero tutte onorate, ma almeno
che gli argomenti per ricuperare soldi alla fine non fossero
sempre gli stessi: tasse sul sale, sulla farina e su quant'altro
fosse di prima necessità allora e sulla benzina sanità
e pensioni negli ultimi decenni... oddio, non dimentichiamo
un intermezzo di quindici secoli in cui barbari, arabi, francesi,
signorotti italiani, spagnoli e austriaci depredarono a piene
mani senza neppur promettere o chiedere!
Nisi caves, iacebis:
Se non stai attento morirai ( Gellio Notti Attiche III 8)
Sembra una battuta ovvia valida per ogni occasione quando
un eccesso di rischio può mettere a repentaglio una
vita. Scrive Quinto C. Quadrigario, che Gellio cita, che ai
romani in difficoltà durante le guerre contro Pirro
persone vicine al re si offrirorono di tradirlo ed ucciderlo
dietro lauto compenso.
Il Senato romano inviò una lettera a Pirro raccontando
il fatto e spiegando come essi non intendessero combatterlo
con la corruzione o l'inganno e concludevano la missiva con
la raccomandazione di fare attenzione agli amici perchè:
"Tu nisi caves, iacebis".
Nitimur in vetitum semper cupimusque negata:
Aspiriamo sempre a ciò che è proibito e desideriamo
le cose che sono negate. (Ovidio, Amor., III, 4,
17)
È una legge di natura che rimonta alla progenitrice del genere
umano che per una mela...!
Noctuas Athenas afferre:
Portare civette ad Atene (attribuita ad Aristofane)
L'espressione usata per indicare una attività
superflua sembra derivare dal fatto che attorno agli anni
420-400 a.C. la città di Atene fosse invasa dalle...
civette.
Non invasione in senso reale ma solo metaforico. L'immagine
di questo simpatico pennuto notturno, sacro alla dea Athena
protettrice della città, era infatti incisa su un lato
di una moneta in argento, moneta che in quel periodo era così
abbondante nella grassa e ricca Atene da ritenere superfluo
ogni afflusso di altro denaro.
Si racconta che dopo il saccheggio di Atene del 404 a.C Lisandro,
comandante della flotta spartana. affidò il bottino
a Gilippo, comandante spartano, affinchè lo consegnasse
agli efori a Sparta. Questi ne rubò una parte nascondendola
in casa sua ma uno schiavo lo tradì raccontando ai
destinatari del bottino che le "civette" si nascondevano
a mucchi sotto il tetto del suo padrone.
Nocturna versate manu, versate diurna:
Sfogliateli di notte, sfogliateli di giorno (Orazio, Ars poetica,
v. 269).
Mi ricorda Vittorio Alfieri con il suo celebre motto "volli
sempre volli fortissimamente volli", che lo portò
a farsi tagliare la chioma fluente cosa impensabile a quei
tempi per un nobile e a farsi legare alla sedia per poter
"digerire" in un tempo relativamente breve, all'età
di 27 anni, una vera e propria montagna di libri riuscendo
a formarsi quella solida cultura classica che tutti ben conosciamo.
Noli adfectare quod tibi non est datum, delusa ne spes ad
querelam recidat:
Non aspirare a ciò che non ti è stato dato,
affinché la tua speranza delusa non abbia motivo di
lamentarsi. (Fedro).
Il Pavone invidioso dell’Usignolo che lo superava nel canto,
se ne lamentò con Giunone. Ma la dea gli rispose che
a tutti era stato elargito un privilegio particolare:a chi
la bellezza e a chi il canto...
Noli me tangere:
Non mi toccare (Nuovo Test. Gv. 20,17-18).
Secondo il racconto dell'evangelista Giovanni, sono le parole
(non mi toccare perchè non sono ancora salito al
Padre mio) che Gesù rivolse alla Maddalena quando
le si mostrò dopo essere risorto.
Esiste una pianta medicinale della famiglia delle Balsaminacee
detta comunemente "Erba impazienza, barsamina, noli me
tangere" la cui singolare caratteristica, se toccata,
è di "sparare" i semi, nel terreno circostante.
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