Sutor, ne supra crepidam...!
Obiit nullo relicto desiderio sui:
Morì senza lasciare rimpianti (Antico
testam. 2 Cron. 21,20)
E' con questo inglorioso epitaffio che l'autore del libro
biblico conclude il capitolo 21 del libro delle cronache dedicato
all'operato del re Joram. Abituati a ben diversi e plaudenti
scritti sulle nostre lastre tombali dovrebbe farci riflettere
questa totale assenza di adulazione verso i potenti anche
morti.
Il pensiero che nessuno verserà
mai lacrime per la sua uscita dalla vita politica o dal consorzio
dei viventi potrebbe, forse, far ravvedere qualche nostro
politico.
Il nome del libro biblico citato, la cui traduzione dall'ebraico
significa "Parole o fatti dei giorni" nel senso
di "Annali o Cronache", è conosciuto anche
con il termine derivato dal greco di "Paralipomeni"
= cose tralasciate (negli altri libri).
Obsequium amicos, veritas odium parit:
L'adulazione procaccia amici, la verità attira l'odio.
(Terenzio, Andria, a. I).
Sentenza evidente più della luce del sole.
Obscurum per obscurius:
L’oscuro per mezzo del più scuro.
Espressione usata con intonazione spregevole con riferimento
a quelle dimostrazioni o spiegazioni scientifiche che pretendono
di chiarire le oscurità fondandosi su dati ancora più
incerti e oscuri.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Obtorto collo:
Con il collo storto, contro la propria volontà.
Credo che "obtorto collo" sia stato coniato
nel giorno in cui i romani durante la seconda guerra sannitica,
accerchiati nelle gole di Caudio (321 a.C.), furono costretti
ad inchinarsi passando sotto un giogo di lance dei sanniti.
I sanniti avevano vinto la guerra ed era una costrizione simbolica
che significava l'assoggettamento dei romani ai loro vincitori.
Vedi anche:"Sub iugum miserunt"
Ringraziamo Chiara T. per aver inviato
questo commento totalmente condiviso.
O cives, cives, quaerenda pecunia primum est, virtus post
nummos:
O cittadini, cittadini, prima si deve cercare il denaro, e
dopo il denaro la virtù. (Orazio,
Epist., I, 1).
Cioè prima l’utile, poi l’onesto. È una morale sbagliata,
ma nella vita spesso la realtà è questa, ed è perciò che il
Poeta da ironicamente tale consiglio.
Oculos habent et non videbunt:
Hanno gli occhi e non vedono
vedere :Manus habent, et non palpabunt.
Oculum pro oculo, et dentem pro dente:
Occhio per occhio, dente per dente.(Antico Testamento Esodo
21,24).
Vedere "Par pari refertur".
Oculus domini saginat equum:
L'occhio del padrone ingrassa il cavallo (Autore... ignotissimo).
Non credo si tratti di un detto che ci arriva dal latino classico
ma lo si usa ad ogni piè sospinto e suona talmente
bene anche in latino che non potevo esimermi dal citarlo.
Lo troviamo frequentemente sulle labbra di chi dando in gestione
a terzi i propri beni o le proprie attività interviene
di quando in quando per verificare la correttezza della gestione.
Oppure in altro caso viene usato come richiesta di aiuto o
consiglio rivolta dal subordinato al datore di lavoro allo
scopo di scaricare, anche su quello, parte della responsabilità
nella decisione che verrà presa.
Oderint, dum metuant:
(Mi) abbiano in odio, purché (mi) temano. (Cicerone,
De off, I, 28, 97).
Cicerone cita la frase attribuendola al poeta tragico Accio;
si adatta a personaggi dispotici e tiranni, che si attirano
avversione e odio, anziché fedeltà ed amore, finendo
col danneggiare se stessi.
Oderint, dum probent:
Mi odino ma mi approvino (Svetonio, Vita dei
Cesari, Tiberio, 59).
L'imperatore Tiberio, successo ad Augusto, governò
poco e male e fu disprezzato dal popolo. Alla sua morte la
plebe, che da vivo lo aveva ingiuriato in ogni modo, voleva
addirittura buttarne il cadavere nel Tevere. Incurante delle
critiche e maldicenze nei suoi confronti e forte del detto
"Mi odino puchè facciano quello che dico"
sembra non punisse mai i colpevoli sostenendo che anche le
lingue e le menti devono essere libere in una città
libera.
Odi profanum vulgus:
Io odio il volgo ignorante. (Orazio, Odi, III, 1,
1)
Il significato che si ricava dalla lettura dell’ ode, è che
il Poeta aveva in disprezzo gli uomini del popolo rozzi ed
ignoranti, che non arrivavano a capire e a gustare le bellezze
della poesia. La frase completa è: "Odi profanum
vulgus et arceo. Favete linguis" (= Disprezzo il
volgo ignorante e lo tengo lontano.State zitti).
O et praesidium et dulce decus meum!:
O mio appoggio e mio decoro! (Orazio, libro I, ode I,
v.2)
E' il secondo verso di un'ode dedicata a Mecenate amico e
protettore del poeta. Tanti sperano di essere ricordati per
le loro gesta, al poeta sembrerà di toccare il cielo
se Mecenate ne riconoscerà la vena poetica : "Quod
si me lyricis vatibus inseres, sublimi feriam sidera vertice".
O felix culpa:
O colpa felice. (sant'Agostino).
Troviamo quest'espressione, presa da una omelia di sant'Agostino,
nell' Exultet, inno noto anche come "Praeconium"
(=Annuncio o lode solenne ) che il Sabato Santo, durante la
benedizione del cero pasquale, annunciava la resurrezione
di Gesù.
La Chiesa arriva a definire "beata" la
colpa di Adamo, perché essa ci procurò i vantaggi infinitamente
superiori del Redentore. "O felix culpa quae talem
ac tantum meruit habere Redemptorem" (= O felice
colpa che meritò di avere tale e tanto Redentore).
L’esclamazione si applica a quegli sbagli che casualmente
sono fonte di qualche beneficio.
O fortunatam natam me consule Romam:
O Roma fortunata, nata sotto
il mio consolato! (Cicerone Fragmentum VIII Ep. ad Att. II.
3,4)
Convinto di aver salvata Roma per la seconda volta sventando
la congiura di Catilina non esitò a proclamare che
quanto da lui compiuto per la salvezza della patria superava
in grandezza quanto un essere umano fosse in grado di compiere.
Sostenne, in un discorso al Senato, che il salvataggio di
Roma, avvenuto per merito suo, era da ritenersi un'azione
più grande della stessa fondazione della città
per opera di Romolo. Già allora, questo grande oratore,
nella sua gigioneria, spiegava ai nostri attuali politici
come conquistare la folla e riuscire ad essere rieletti pur
dopo essersi... resi ridicoli. Tutto questo in omaggio al
detto:"Vulgus vult decipi, ergo decipiatur"
(=Il popolino vuole essere imbrogliato...e allora imbrogliamolo).
O fortunati quorum iam moenia surgunt:
Fortunati coloro ai quali già le mura sorgono (Virgilio
Eneide Libro I v. 437).
Al profugo Enea sorge spontaneo simile sfogo considerando
come i sudditi di Didone, in Cartagine, abbiano già
trovata la loro nuova patria. E' un cruccio ricorrente questo
dell'eroe troiano: poter dare a quanti hanno creduto nelle
sue promesse una nuova Ilio.
O fortunatos nimium, sua si bona norint, agricolae:
Troppo fortunati sarebbero i contadini, se conoscessero i
loro beni. (Virgilio,Georgiche, Il, 458).
Il poeta mantovano amava moltissimo la bellezza e l’incanto
della vita campestre.
Oleum et operam perdidi:
Ci ho rimesso l'olio e la fatica! (Plauto, Poenulus, a. I).
Si dice di lavori lunghi e faticosi che non ottengono il risultato
sperato , che ci lasciano cioè a mani vuote col danno e le
beffe.
O miseras hominum mentes, o pectora caeca!:
O misere menti degli uomini, o petti ciechi (insensibili)!
(Lucrezio De rerum natura libro II v. 14)
Verità ripetuta sovente dopo Lucrezio.
Omissis:
Tralasciate (le altre informazioni).
Termine frequentemente usato negli atti notarili quando certe
informazioni non vengono fornite perché non indispensabili
per chi legge o nel rispetto della privacy, ma che comunque
la loro "omissione" nulla toglie alla completezza
e alla comprensibilità dell'informazione.
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