Sutor, ne supra crepidam...!
Quod differtur non aufertur:
Ciò che è rimandato non è perso. (?)
Ci sono fonti che assegnano questa massima ad Arnobio il giovane,
monaco di origine africana vissuto a Roma verso la metà
del V sec. d.C. Di lui sappiamo pochissimo. Gli si attribuiscono
le "Expositiunculae in Evangelium" e il
"Liber ad Gregoriam in Palatio constitutam"
ed una romanzata versione del martirio di san Sebastiano.
Non sempre quanto affermato dal detto risulta essere vero
se riflettiamo sul proverbio italiano: Chi ha tempo non aspetti
tempo!
Quod di omen avertant!:
Che gli dei scongurino simile destino! (Cicerone Filippica
III - 35)
Troviamo questa espressione nella terza delle quattordici
arringhe di Cicerone contro Antonio. Il termine filippica
è mutuato dal nome delle 4 orazioni che l'oratore greco
Demostene pronunciò contro Filippo di Macedonia padre
di Alessandro Magno. Da questo genere letterario deriva, per
traslato, il termine filippica inteso come discorso o scritto
irruente , concitato e polemico.
Quod di prius omen in ipsum convertant!:
Che gli dei ritorcano tale destino su di lui (Virgilio Eneide
libro II v. 190).
Il greco Sinone racconta ai troiani che il cavallo di legno
non è altro che un dono per la dea Minerva costruito
su suggerimento del sacerdote Calcante. La distruzione dello
stesso per opera dei troiani sarebbe un affronto alla dea
che rivolgerebbe la sua ira sulla città di Priamo ma
piuttosto che questo accada, esclama Sinone, Che gli dei
ritorcano tale destino su di lui (su Calcante). Suggerisce
poi la seconda eventualità: portare il simulacro di
legno all'interno della mura significava salvare Troia assicurandole
il favore e la protezione di Minerva
Quod erat demonstrandum:
Ciò che si doveva dimostrare.
Come dovevasi dimostrare, spesso espressa con l'acronimo CVD
è la formula che si usa alla fine di una dimostrazione
matematica.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Quod erat in votis:
Ciò che era nei voti.
Frase latina che si usa per esprimere che quanto accaduto
era ciò che si voleva.
Vedi anche "Hoc erat in votis".
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Quod factum est infectum fieri nequit:
Ciò che è stato fatto non può essere non fatto
Principio lapalissiano secondo cui ogni azione, una volta
compiuta, non può essere cancellata e quindi qualsiasi
danno da essa derivante può solo essere represso attraverso
il risarcimento. Troviamo con lo stesso significato anche:"Quod
factum est, infectum manere impossibile est" (=Ciò
che è fatto è impossibile che resti non fatto).
Detto segnalato da Sara.
Quod fuimus lauda, si iam damnas, quod sumus:
Loda ciò che fummo se non ti piace ciò che siamo
(Fedro, Favole, Libro V, 10, 9).
Il senso lo si capisce leggendo la favola del cane invecchiato
che, dopo aver reso tanti servigi al cacciatore, ormai aveva
perduto non il coraggio, ma le forze.
Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini:
Quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini!
Il popolo romano, sfogava tramite Pasquino, la più famosa
statua “parlante” di Roma, il proprio disappunto
denunciando ingiustizie e prepotenze sia della curia romana
sia delle famiglie patrizie. Questa frase satirica è
indirizzata a papa Urbano VIII Barberini che fece fondere
il bronzo sottratto al Pantheon per costruire il baldacchino
di San Pietro e i cannoni per Castel Sant’Angelo ed
ai membri della sua famiglia per gli scempi edilizi di cui
si erano resi responsabili.
Quod principi placuit legis habet vigorem:
Ciò che piace al principe ha valore di legge (Ulpiano?)
Il principio afferma il valore delle "Costitutiones
Principum", cioè delle leggi emanate dagli Imperatori
che indicano la "potestas absoluta" che doveva essere
riconosciuta alla figura del principe. Ponendo l'autorità
del sovrano al di sopra di ogni altro potere ne consegue che
la legge è espressione della sua volontà.
Quod scripsi scripsi:
Quello che ho scritto ho scritto. (Nuovo Testamento Gv. 19,19-20;22-23)
Racconta l'evangelista Giovanni che Pilato dopo aver fatto
crocifiggere Gesù fece apporre alla croce una tavoletta
(titulus) con la scritta: Iesus nazarenus rex
Iudaeorum (Gesù di Nazaret, re dei Giudei).
A chi gli faceva presente che la scritta corretta avrebbe
dovuto essere: Gesù di Nazaret, colui che ha detto
di essere re dei Giudei, Pilato sbrigativamente rispose:
Quod scripsi scripsi, facendo loro capire con tale
risposta che non intendeva ritornare sulla decisione presa.
Quod supra nos nihil ad nos:
Quanto sta sopra noi non ha nulla a che fare
con noi.
Stando a quanto scrive Lattanzio (Divinae Institutiones,
Libro III, XX, 10) sembra trattarsi di una celebre risposta
sulla bocca di Socrate ogni qualvolta gli venivano poste domande
circa le cose del cielo.
Quod tibi deerit, a te ipso mutare:
Quello che ti manca prendilo da te stesso. (Catone Libri ad
Marcum framm. 13).
Vedi anche "Si quid est quod utar utor, si non
est egeo."
Quod huic deest me torquet:
Quello a cui lei è insensibile tormenta me ( Federico
II Gonzaga).
Uno dei simboli ricorrenti nei dipinti di Palazzo Te
a Mantova sono delle salamandre spesso abbinate al motto citato.
L'interpretazione comunemente accettata è che
a differenza della salamandra che, stando alla leggenda, sarebbe
insensibile al fuoco tale non era per Federico II Gonzaga
che ardeva di passione per l'amante Isabella Boschetti.
Riporto, per completezza di informazione, una seconda
interpretazione: Dal momento che questi anfibi non eccellono
per appetito sessuale o per atteggiamenti focosi nell'accoppiamento
se ne deduce che fosse la passione sessuale a cui
la salamandra è insensibile che tormentava FedericoII.
Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est:
Cosa accettata ovunque, sempre e da tutti (Vincenzo di Lerino,
Commonitorium).
L'espressione è il compendio di una nota e controversa
teoria di questo abate francese vissuto a cavallo del 400
d.C. secondo la quale, nella eventualità di
una nuova corrente dottrinale, era nella tradizione e nei
concili predenti a cui doveva essere fatto riferimento per
accettarla o rigettarla. "Magnopere curandum est
ut id teneatur quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum
est" (=Bisogna soprattutto preoccuparsi perché
sia conservato ciò che in ogni luogo, sempre e da tutti
è stato creduto).
Quorum pars magna fui:
(Avvenimenti) dei quali io fui gran parte. (Virgilio, Eneide,
Libro II, vv.5-6).
"Quaeque ipse miserrima vidi Et quorum pars magna
fui " (=E le cose tristissime che io stesso vidi
e delle quali fui gran parte). Sono parole di Enea che racconta
il suo triste esodo dalla città incendiata. Il motto si adopera
per alludere ad avvenimenti, specialmente gloriosi, ai quali
si è preso parte.
Quos ego..:
Che io... (Virgilio, Eneide, I, 135).
È una bella figura di reticenza, messa da Virgilio in bocca
a Nettuno, adirato contro i venti che avevano dispersa la
flotta di Enea. È insomma un’oscura minaccia.
Quos vult Iupiter perdere, dementat prius:
A quelli che vuole rovinare Giove toglie prima la ragione.
(Euripide).
Motto usato quando si vede qualcuno far delle pazzie, come
spese eccessive, o imbarcarsi in affari pericolosi, per dire
che è sull’orlo dell’abisso, vicino alla catastrofe finale.
Quot capita, tot sententiae:
Quante sono le teste, altrettanti sono i giudizi.
(Terenzio).
Veramente Terenzio ha scritto: "Quot homines, tot
sententiae", ma il senso è lo stesso, cioè che ciascuno
la pensa a modo suo.
Quousque tandem...? :
Fino a quando...? (Cicerone, Catilinaria, 1).
La frase completa è:"Quousque tandem Catilina
abutere patientia nostra?" (=Per quanto tempo ancora,
Catilina, abuserai della nostra pazienza?). Violente
parole con le quali il grande oratore romano investì Catilina
che osò presentarsi in senato dopo aver complottato contro
Roma e aver tentato di far uccidere lo stesso Cicerone che,
della stessa, si riteneva il più ardente difensore.
Si ripetono per smascherare l’ipocrisia di qualcuno, ma per
lo più si usano in tono di scherzo.
Quo vadis?:
Dove vai?
Risulta impossibile stabilire chi per primo pronunciò
simile frase, per esperienza la potrei pensare rivolta da
una moglie romana al marito che stava uscendo di casa.
Certamente tutti ricordano il libro di Henryk Sienkiewicz
(1846 - 1916): Quo vadis?
La persecuzione di Nerone sta toccando il culmine della ferocia
e anche l'apostolo Pietro impaurito fugge (Cap. LXX), ma sulla
via Appia incontra Gesù che cammina nella direzione
opposta, verso la città. Domine quo vadis? chiede l'Apostolo.
Tu te ne parti, e io vado a Roma a farmi crocefiggere un'altra
volta. Pietro capisce e torna ad affrontare il martirio.
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