Sutor, ne supra crepidam...!
Repente dives nemo factus est bonus:
Nessuna persona onesta è diventata ricca all'improvviso.
Questa espressione latina che compare in una raccolta
di sentenze erroneamente attribuita a Publilio Siro ben si
addice a tanti nostri amici e conoscenti e di sicuro a tanti
imprenditori e uomini politici di ieri e di oggi.
Repente liberalis stultis gratus est, verum peritis irritos
tendit dolos:
Chi è generoso oltre il normale si rende amico degli
stolti, ma inutilmente tende insidie agli accorti (Fedro).
Favola del cane fedele che rifiuta il pane gettatogli dal
ladro per farlo star zitto. Ricorda il virgiliano: "Timeo
Danaos et dona ferentes" (Temo i Greci anche quando
offrono doni).
Repetita iuvant:
Le cose ripetute giovano
"Magno taedio afficiunt" e sono una gran
rottura, aggiungeva qualcuno con un latino poco
ciceroniamo. Ho sempre accettato questo motto "cum
grano salis" riflettendo su un detto caro alla Filosofia
Scolastica "quidquid recipitur, ad modum recipientis
recipitur" quanto viene recepito è proporzionale
alla capacità di chi recepisce. Poichè esperienza
insegna che l'affermazione fatta è inconfutabile, diventa
difficile capire se e in quale proporzione "repetita
iuvant".
Se anzichè alle parole applichiamo il detto... ai
fatti (ho capito la battuta non è il massimo): "repetita
iuvant" se beviamo 2 bicchieri di vino anziché
uno (facendo salvo il fegato e il colesterolo), ma "repetita
(non) iuvant" se a dover ripetere la classe
è uno studente. Ognuno a questo punto il proverbio se lo giochi
come meglio crede.
Reprimenda:
Sgridata
Vedi "Ad audiendum verbum" e "Redde
rationem".
Repulisti:
Respingesti (Antico Testam., Salmo 42,2)
Troviamo il vocabolo nel salmo che introduceva la santa messa
quando ancora veniva celebrata in latino (parliamo di almeno
quarant'anni fà). Tutto il versetto in latino suona così:"Quia
tu es, Deus, fortitudo mea: quare me repulisti et quare tristis
incedo, dum affligit me inimicus?" (=Poiché
sei tu la mia forza o Dio: perché mi respingesti, e
perché avanzo triste mentre il nemico mi affligge)?
Che relazione ha questa parola con il vocabolo oggi usato
per indicare un furto, una razzia, la pulizia di un locale
che doveva essere fatta da tempo? Nulla, se non il suono onomatopeico.
Quando il latinorum veniva interpretato alla Renzo Tramaglino,
infatti, repulisti evocava l'immagine della ramazza che tutto
pulisce.
Requiescat in pace!:
Egli riposi in pace
Sono parole pronunciate durante una cerimonia funebre o poste
come augurio sulle lapidi dei propri cari. Sono tanti altri
i modi per augurare, a coloro che ci lasciano, una felicità
eterna in cui tutti crediamo o speriamo. La chiesa cattolica
suggerisce questa preghiera per quanti credono in una vita
futura: "Requiem aeternam dona ei Domine et lux perpetua
luceat ei, requiescat in pace. Amen" (=Donagli,
o Signore, il riposo eterno, che la luce eterna lo illumini,
che riposi in pace.Amen)
Il tema dell'aldilà ha ispirato geni come Mozart, Verdi, Brahms
con "Messe da Requiem" composte in occasione della
morte di personaggi famosi.
Res ad triarios redire:
Affidare l'estremo tentativo di capovolgere le sorti della
battaglia ai triari (Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8,
9-12.).
I triari, in numero di 600 per ogni legione, erano i più
vecchi e provetti soldati delle legioni romane che nella battaglia
formavano la terza ed ultima linea e che partecipavano alla
battaglia solo quando l'esito era incerto. Essendo essi l'ultima
linea di difesa se ne deduce che quando venivano a contatto
con il nemico la legione era stata praticamente distrutta.
Nel gergo dei romani l espressione era entrata a far parte
dei modi di dire dell'epoca per indicare una situazione disperata,
una situazione giunta agli estremi che costringe ad impiegare
gli ultimi mezzi nel tentativo di risolverla. Assomiglia al
nostro : "essere alla canna del gas".
Res magnae gestae sunt:
Grandi cose furono fatte. (Eutropio, Breviario, Il,
19).
La frase si usa per introdursi nella narrazione di grandi
imprese di cui si è stati testimoni; ma per lo più si ripete
in tono di scherzo, per dire che, volendo far troppo, non
si è concluso nulla.
Res nullius:
Cosa di nessuno.
Espressione con la quale vengono indicate tutte quelle
cose, animali o vegetali, che non sono proprietà di
alcuno. Rientrano in questa categoria sia gli animali che
formano oggetto di caccia o pesca sia quanto la terra produce
senza necessità di coltivazione da parte dell'uomo.
Res sacra miser:
L'infelice è cosa sacra. (Seneca, Epigrammi,
1V, 9).
Bella sentenza che esprime il rispetto, direi quasi la venerazione,
che si deve avere per i diseredati dalla fortuna.
Res tuas tibi habeto:
Riprenditi le tue cose.
Era la formula sacrale con la quale il "Pater
familias" esercitava il sacrosanto ripudio della moglie
quando risultava, sterile, petulante, indolente, formula che
suona un po' come un "Tira su i tuoi stracci e và
fuori dalle scatole”).
(Detto inviato e commentato da Franco C.).
Rex in purpura, senator in curia, in urbe captivus, extra
urbem privatus:
Re in veste ufficiale, senatore nel Consilio, prigioniero
in città, fuori di città cittadino qualunque.
Espressione che definiva i limiti decisionali del doge di
Venezia e sucessivamente anche quello di Genova. La sua autorità,
infatti, inizialmente molto ampia andò progressivamente
a dimunuire fino a ridursi ad una carica formale. Non gli
era concesso uscir dal palazzo se non nei tempi fissati dal
cerimoniale e in forma solenne (=in purpura); in forma privata
solo se accompagnato (=captivus) e solo con una particolare
autorizzazione poteva uscire dalla città (=privatus).
Non gli era inoltre permesso deliberare su alcunchè
di sua iniziativa; nelle sedute dei collegi la sua presenza
non era ritenuta indispensabile e, se presente, aveva a disposizione
un solo voto come un comune membro.
Rex regum et dominus dominantium:
Re dei re e padrone dei padroni.
L'iscrizione, voluta dal gonfaloniere Niccolò
Capponi nel 1551, si trova sopra il frontespizio del portale
principale di Palazzo Vecchio a Firenze.
Ride si sapis:
Ridi se sei saggio (Marziale, Epigrammi, Libro II, XLI,
1).
Il primo verso dell'epigramma di Marziale, da cui l'espressione
è tratta, inizia così "Ride si sapis,
o puella, ride" (=Ridi se sei saggia, ragazza, ridi)
rivolgendosi ad una che più fanciulla non è
e che si crede bella nonostante le siano rimasti solo tre
denti per giunta del color della pece. Le considerazioni sulla
sua bruttezza prosegono per tutto l'epigramma che il poeta
conclude con la frase "At tu iudicium secuta nostrum:plora
si sapis, o pulella , plora (=Ma tu segui il nostro suggerimento:
piangi se sei saggia, ragazza, piangi).
Risus abundat in ore stultorum:
Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi (Ignoto... almeno
per me)
Detto attribuito da alcuni a Menandro che aveva ben motivo
per non ridere troppo se consideriamo che in quel periodo
la città di Atene era diventata un protettorato della
Macedonia e egli, come tanti altri, pagò in prima persona
gli effetti di questo capovolgimento politico. Sarà
pur vero che il riso abbonda sulla bocca degli stolti, ma
deve ben essere tetra la vita se non si sa apprezzare e sorridere
per quanto esiste di bello nella vita!, ma forse il verbo
"abundat" deve essere inteso nel suo senso
letterale di "esagerazione"?
Roma caput mundi regit orbis frena rotundi:
Roma capo del mondo regge le redini del mondo rotondo.
L'espressione compare sul sigillo dei primi imperatori del
Sacro Romano Impero da Carlo Magno a Federico Barbarossa e
a Ludovico IV di Baviera.
Roma domus fiet!:
Una sola casa occupa tutto il suolo di Roma! ( Svetonio
vita Caesarum libro VI Nerone cap.39).
Si usa comunemente simile espressione per indicare coloro
che mai si accontentano e che pur di emergere calpestano anche
i più elementari diritti di quanti li circondano parenti
ed amici compresi. Racconta Svetonio che tra i Romani circolava
questo sapido epigramma quando Nerone li privò dei
loro averi per costruirsi una casetta a misura di... uomo!
“Roma domus fiet: Veios migrate Quirites, si non
et Veios occupat ista domus!” (=Tutto il suolo
di Roma è occupato da una casa: emigrate a Veio, Quiriti,
sempre che questa casa non arrivi a occupare anche Veio!)
Roma locuta, causa finita:
Roma si è espressa e la causa è terminata.
Espressione curiale in uso nella Chiesa Cattolica con
applicazione sia in campo ecclesiastico che forense. Nel primo
caso ogni controversia definita dal papa doveva essere considerata
conclusa in modo definitivo mentre nel secondo per tutte le
cause rimesse alla Sacra Rota nessun intervento legale era
più possibile dopo il pronunciamento della stessa.
Roma quanta fuit, ipsa ruina docet:
Quanto fu grande Roma, lo testimonia la sua stessa rovina.
(Il motto è attibuito a Ildeberto di Lavardin (1056–1133)
vescovo di Le Mans e arcivescovo di Tours).
Anfiteatri, strade, acquedotti, terme, non rappresentano che
alcune delle vere "grandi opere" dove più
è visibile il desiderio di questo popolo di edificare
per l'eternità. L'espressione di Orazio riferita alla
sua poesia" aere perennius" (più durevole
del bronzo) era comunque connaturata in ogni atto dei nostri
progenitori di 20/22 secoli fa.
Solamente i discendenti, incapaci di ripetersi (vedi "tempus
edax, homo edacior" e "quod non fecerunt barbari
fecerunt Barberini), riusciranno a distruggere parte
di tale patrimonio costruito per sfidare il tempo.
Ricordiamo che il detto citato è visibile sull'architrave
di una chiesa romana in Via dei Monti Parioli come segnalato
da Aldo di S. e che appare anche sulla facciata del Teatro
Olimpico di Sabbioneta (MN), opera architettonica di Vincenzo
Scamozzi (1588-90) come segnalato da Piero C. di Milano.
Rudis indigestaque moles:
Massa confusa e informe. (Ovidio, Metamorfosi, I,
7).
Queste parole sono riferite dal Poeta al caos primitivo in
cui si trovava la terra secondo la concezione degli antichi
Romani. Il detto poi è divenuto familiare per indicare in
modo particolare qualche lavoro letterario male organizzato.
Ruit hora:
L'ora scorre.
Si tratta di una delle innumerevoli citazioni poste sulle
meridiane per godere dell'estro poetico di chi l'ha pensata
e ricordare che il tempo scorre ed ogni istante ci avvicina
sempre più alla morte.
Tra le tante che si possono trovare sul WEB la ritengo la
più angosciante per quella "R" all'inizio di parola
che ben simula lo scorrere del tempo come di cosa che ineluttabilmente
porta ad un precipizio, alla rovina di ogni cosa e di ogni
essere.
Rustica progenies semper villana fuit!:
Chi proviene dalla campagna è, e sarà sempre, grezzo!
(Ignoto... almeno lo spero!)
Mi sono permesso di citare anche questo motto pur non condividendone
la sostanza e la forma. Per un popolo di salde tradizioni
agricole quali erano i latini inventarsi una simile espressione
significava ... tirarsi la zappa sui piedi inoltre il termine
"villanus" non si incontra nel latino classico e
ammesso sia esistito non aveva certo la connotazione negativa
che l'ignoto autore vorrebbe dare. Ultimo poi, ma non per
importanza, vengo da un paesino dove da generazioni si coltiva
la terra. Mi sento figlio della rustica progenie e, se permettete,
me ne vanto: non mi faccio forte nemmeno dell'altra espressione
che del contadino dice: scarpe grosse cervello fino, sono
sfortunato porto solo il numero 41 di scarpe. E poi come scrive
Tibullo (Elegie libro II eleg.III v.3) "ipsa Venus
latos iam nunc migravit in agros" (=persino Venere
ora si è trasferita nelle campagne!!!).
Rusticus est vere qui turpis dicit de muliere:
E' veramente rozzo colui che parla in modo turpe delle
donne.
François de Billon racconta di un certo uomo,
Giovanni Nevizzano da Asti, che nel 1518 a Torino aveva pubblicato
un libro dal titolo "Silva nuptialis". Si trattava
di un attacco al matrimonio e le signore avendone compreso
il contenuto diffamatorio nei loro confronti chiesero che
l'autore venisse esplulso dalla città. La pena venne
condonata purchè in ginocchio mostrasse un cartello
su cui stavano scritti questi due versi in latino: "Rusticus
est vere qui turpis dicit de muliere, nam scimus vere, quod
omnes sumus de muliere" (=E' veramente rozzo colui
che parla in modo turpe delle donne, infatti sappiamo con
certezza che tutti veniamo da una donna). Nonostante questo
sembra che le donne se la siano talmente legata al dito che
non ne trovò una disposta a viverci insieme.
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