Sutor, ne supra crepidam...!
Saepius ventis agitatur ingens pinus:
Più spesso viene agitato dai venti il grande pino.
(Orazio, Odi, Il, 10).
Allusione ai pericoli cui sono esposte le persone altolocate,
che coprono cariche eminenti. Il passo completo è il seguente:
"Saepius ventis agitatur ingens pinus et celsae graviore
casu decidunt turres feriuntque summos fulgura montes"
(= Più spesso viene dai venti agitato il grande pino,
le alti torri crollano con maggior rovina e i fulmini colpiscono
la sommità dei monti).
Saepe premente Deo, fert Deus alter opem:
Spesso ad un Dio avverso si oppone un dio che aiuta (Ovidio,
Tristia, LibroII,II,4.).
Gli antropomorfi dei pagani non si discostavano, quanto a
difetti e comportamento, da quella umanità che dall'alto
dell'Olimpo avrebbero dovuto guidare e, come gli uomini, erano
spesso in disaccordo tra di loro. Troviamo esempi di questo
loro atteggiamento sia nelle opere di Omero che in quella
di Virgilio dove i diversi eroi erano aiutati da un dio e
contrastati ed odiati da un altro. Neppure il grande Giove
con la sua autorità riusciva ad imporsi, anzi i peggiori
guai spesso gli erano causati proprio dalla moglie Giunone
che, per il fatto di essere la moglie del "boss",
si riteneva una privilegiata.
Salus populi suprema lex esto:
La salvezza del popolo deve essere la legge suprema. (Cicerone,
De Legibus, libro III, III, 8).
Massima dell’antico Diritto romano che conserva sempre tutto
il suo vigore perchè l’individuo deve scomparire quando si
tratta del bene e dell’incolumità dello Stato.
Salutare plebem et conviviis gratiam quaerere:
Salutare quanta più gente possibile e offrir banchetti
per accapparrarsi il favore del popolo ( Sallustio, Bellum
Iugurthinum, Cap IV, 8).
I candidati alle pubbliche magistrature esercitavano, stando
almeno a quanto riferito dallo storico, la loro "maxima
industria" (= più importante attività)
nel procurarsi la "gratiam" (= il favore
popolare) avvicinando e salutando personalmente quante più
persone potessero e con "conviviis" (=
banchetti elettorali). Non è che poi sia cambiato tanto...
forse solo i mezzi a disposizione ma la fregatura finale resta
sempre la stessa in qualunque tempo e ad ogni latitudine.
Salutatio matutina:
Saluto mattutino.
L'espressione è strettamente legata ad altri
due termini latini: "Clientes e patronus".
I primi altro non erano che liberti (schiavi affrancati) o
cittadini di umile condizione che per riconoscenza o per interesse
si legavano ad un personaggio ricco e stimato, il "patronus"
appunto, ed a lui offrivano in cambio della protezione accordata
i loro servigi. La "salutatio matutina"
(recarsi a salutare il patrono di primo mattino) rappresentava
uno di questi atti di deferenza. Oggi i "clientes"
hanno un altro nome (portaborse o galoppini) ma lo scenario
e il significato è rimasto quello di 2000 anni fa!
Salve, cara Deo tellus, sanctissima, salve:
Salve terra cara a Dio, terra santissima, salve (Francesco
Petrarca, Saluto all'Italia).
Nel 1353 Francesco Petrarca tornando definitivamente in Italia
dall'alto del Monginevro scrive questa splendida, altamente
poetica ma certamente utopistica visione dell'Italia. La definisce
"sicura per i buoni, temibile per i superbi, più
fertile e bella di ogni altra contrada". Addirittura
esclama:"ad te nunc cupide post tempora longa revertor
incola perpetuus: tu diversoria vite grata dabis fesse..."
(=A te ora con estrema gioia dopo tanti anni ritorno per restare
per sempre: Tu alla mia vita stanca darai gradita ospitalità...).
Potremmo fare un esame di coscienza e chiederci se oggi, pur
con occhi poetici e quindi lontani dalla realtà, potesse
avere ancora il coraggio e l'entusiasmo di scrivere queste
bellissime parole.
Salve magna parens frugum, saturnia tellus, magna virum...:
Salve terra di Saturno, grande genitrice di frutti e di uomini...(Virgilio,
Georgiche, Il, 173).
È il saluto del Poeta all’ Italia.
Sàpere aude:
Abbi il coraggio di conoscere (Orazio, Libro I, II, 40).
Espressione usata dal filosofo Kant per definire
l'essenza dell'illuminismo. Direi che comunque questo atteggiamento,
questo desiderio di conoscenza risalga non ai tempi di Orazio
a cui va il merito di aver codificata simile espressione ma...
ad Adamo ed Eva. Racconta la Bibbia (Genesi 3,5) che il demonio
sotto forma di serpente tentasse Eva con queste parole:
"Dixit autem serpens ad mulierem: Nequaquam morte moriemini!
Scit enim Deus quod in quocumque die comederitis ex eo, aperientur
oculi vestri, et eritis sicut Deus scientes bonum et malum”
(= Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete
affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero
i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene
e il male).
Satis vixi, invictus enim morior:
Ho vissuto abbastanza in quanto muoio non sconfitto. (Cornelio
Nepote.Epaminonda, IX
È la celebre sentenza pronunciata da Epaminonda alla battaglia
di Mantinea, quando, ferito gravemente da una lancia nemica,
sapendo che sarebbe morto se avesse fatto estrarre il ferro
micidiale, non volle farlo prima d’aver ricevuto la notizia
che il suo esercito aveva vinto: solo allora, pronunciata
simile frase, si fece togliere la lancia e morì dissanguato.
Satius ignorare est rem, quam male discere:
E' preferibile non conoscere una cosa piuttosto che apprenderla
male. (Publilio Siro"Sententiae").
L'autore di questa perla era arrivato a Roma come schiavo
e affrancato si dedicò al teatro. Potremmo definirlo
"absit iniuria verbo" uno... sputasentenze,
ma questo non significa che dietro alle parole non ci fosse
un cervello pensante. Rendere con poche parole a tutti comprensibili
argomenti apparentemente banali e non renderli tali risulta
difficile. La frase di per sé ovvia non lo è
affatto se riflettiamo sulla facilità con cui ci si
improvvisa idraulici, elettricisti, meccanici... imprenditori...
latinisti! Facendo le cose in modo non professionale si rischia
di peggiorare la situazione, da qui il detto.
Saxa loquuntur:
Le pietre parlano (Ferdinando Wüst).
Troviamo questo motto, abbreviazione di "De
te saxa loquuntur" (= Le pietre ricordano a tutti
il tuo nome), sullo stemma internazionale della litografia
disegnato da Ferdinando Wüst per rendere onore al grande
Aloisio Senefelder che, di questa nuova tecnica rivoluzionaria,
ne fu l'inventore.
Schola cantorum:
Scuola di cantori.
Si ritiene che tale espressione risalga al quarto secolo d.C.
ai tempi del pontificato di papa Damaso che, per primo, intuisce
l'importanza del canto corale durante le celebrazioni religiose.
Occorre attendere ancora un secolo, con l'elezione al soglio
pontificio di papa Gregorio (san Gregorio Magno), perchè
questa musica sacra, che da lui prenderà il nome di
"canto gregoriano" acquisti una connotazione ben
precisa sia per tecnica che per regole liturgiche. Con il
passare dei secoli questa musica monodica viene sostituita
da melodie polifoniche con elaborazioni non sempre consone
all'impiego liturgico. Sarà Pierluigi da Palestrina
(1523 - 1594) che detterà i canoni a cui nei secoli
successivi si ispireranno i maggior autori di musiche sacre.
Il termine "schola cantorum" indica anche
il luogo che accoglie i cantori. In alcune chiese è
situata in fondo alla stessa su un soppalco in cui troviamo
anche l'organo, mentre in altre è posta dietro all'altare
maggiore.
Scribitur ad narrandum, non ad probandum:
Si scrive la storia per raccontare, non per provare (Quintiliano
Institutio oratoria, libro X).
"La storia "dice Quintiliano" è
simile ad un'opera poetica, quasi una poesia senza metrica.
Si scrive la storia per raccontare, non per provare e l’opera
intera non viene composta per un uso immediato o una battaglia
presente, ma per il ricordo della posterità...
Di parere simile sembra essere Cicerone, che definendo
la storia "magistra vitae" lascia al lettore
l'interpretazione della stessa, e Plinio il giovane che nell'"Epistularum
Libri Decem - Liber V" scrive che "Historia
quoquo modo scripta, delectat" (= la storia in qualunque
modo sia scritta, è piacevole).
Sedebamus in puppi et clavum tenebamus; nunc autem vix est
in sentina locus:
Stavamo seduti sul ponte di comando
tenendo in mano il timone mentre ora, a malapena, abbiamo
un angolino nella sentina (Cicerone. Epistolae ad familiares.
IX, 15,3.2).
Svanite le sue illusioni per una restaurazione delle istituzioni
repubblicane da parte di Cesare, esautorato da ogni pubblico
incarico, disgustato di tutto e di tutti, Cicerone, con terminologia
marinaresca, esprime la sua angoscia per l'esautorazione del
senato ormai docile strumento di governo di un dittatore che
a suo piacimento ne eleggeva i membri
Sedet aeternumque sedebit:
Siede e siederà in eterno. (Virgilio, Eneide,
VI, 617).
Virgilio allude al supplizio dì Teseo che, sceso nell’ inferno
per rapire Persefone, moglie di Ades, fu da questi condannato
a sedere sopra un macigno dal quale non potè più rialzarsi.
Ma la sentenza non ebbe il suo pieno effetto, perchè venne
poi Ercole a liberarlo.
Sed haec prius fuere:
Ma queste cose accaddero prima (Catullo, Carmina,
IV, De Phasello).
"Acqua passata" diremmo oggi noi.
Ne viene suggerito l'uso per indicare all'interlocutore
che si sta passando dai ricordi alla situazione attuale e
questo "rinovellare" mi ha ricordato quel bellissimo
quadretto descritto da G. Leopardi ne "Il sabato del
villaggio". "Siede con le vicine su la scala
a filar la vecchierella, incontro là dove si perde
il giorno; e novellando vien del suo buon tempo, quando ai
dí della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei ch'ebbe compagni nell'età
piú bella".
Detto segnalato da Emerenziano M.
Semel abbas, semper abbas:
Abate una volta, abate per sempre (Ignoto)
"Abbas: vocabolo aramaico che significa padre"
era il titolo che in epoca merovingia (sec. VI d.C.)
veniva dato ai sacerdoti preposti ad una chiesa. Con la nascita
degli ordini monastici venne così chiamato il capo
o fondatore del monastero. Inizialmente eletto dai monaci
e confermato dal vescovo anche alla figura dell'abate in seguito
vennero concessi i privilegi vescovili. Per la chiesa cattolica
il sacramento dell'ordinazione sacerdotale ha, come tutti
i restanti sacramenti, carattere indelebile ed eterno: il
sacerdote pertanto che intende tornare allo stato laico potrà
chiedere la dispensa alla santa Sede dal "ministero sacerdotale
attivo", ma ciò non significa che possa venire
annullato il sacramento ricevuto. Tutto questo ovviamente
resta valido anche per il matrimonio. Erroneamente infatti
si parla di annullamento mentre si tratta solo di una dichiarazione
di inesistenza dello stesso a causa di determinati e ben precisi
impedimenti.
Semel heres, semper heres:
Una volta erede, sempre erede.
Aforisma che vuole esprimere l’irrevocabilità
della qualità di erede, per cui, una volta accettata
un’ eredità, non si può più rinunciare
ad essa.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Semel in anno licet insanire:
Una volta all'anno è lecito fare baldoria.
Sentenza divenuta proverbiale nel Medioevo e usata, con leggere
varianti, da vari autori: Seneca, Sant’Agostino, ecc. Orazio
la fece propria nella sostanza cambiandone la forma: "Dulce
est desipere in loco (Carm., IV, 13, 28)". (=È cosa
dolce ammattire a tempo opportuno).
Semel in hebdomada:
Una volta alla settimana (Attribuita ad Aulo Cornelio
Celso).
Questo Celso deve essere lo stesso che, sempre a proposito
di questo argomento, scriveva "semen retentum venenum
est" (= Il seme trattenuto è
veleno). Mi chiedo se poi metteva anche in pratica
quanto suggeriva. Non vorrei fosse come i tanti medici, fumatori
incalliti, che suggeriscono ai pazienti di smettere di fumare!!!
Sull'argomento ognuno ha voluto dire la sua infatti vedi anche
"In die perniciosum, in hebdomada utile, in mense
necessarium".
Semper ad eventum festinat:
Sempre si affretta verso la soluzione (Orazio Ars Poetica
v.148).
Troviamo l'uso di questo detto in una lettera del Metastasio.
"Non vi è quasi scena senza qualche peripezia;"
scriveva al fratello Leopoldo nel 1752 "non vi è
peripezia senza preparazione, non vi è il minimo ozio:
l'azione "semper ad eventum festinat",
e l'agitazione s'accresce sino all'ultimo verso del dramma.
Certamente Orazio non avrebbe dato simile indicazione se avesse
avuto la possibilità di vivere al tempo delle telenovele,
dove unica preoccupazione degli autori è ritardare
quanto più possibile la soluzione.
Semper honos, nomenque tuum, laudesque manebunt:
La tua fama, il tuo nome e le tue lodi resteranno sempre
nella nostra memoria (Virgilio, Eneide, Libro I, 609).
Sono le parole che Enea rivolge a Didone per ringraziarla
della generosa ospitalità offerta a lui e ai compagni
garantendo pari condizione di diritti con i suoi cittadini.
"Vultis et his mecum pariter considere regnis: urbem
quam statuo vestra est, subducite navis;Tros Tyriusque mihi
nullo discrimine agetur" (=Volete anche fermarvi
con me in questi regni? La città che che sto costruendo
è vostra, attraccate le navi; Il cittadino di Troia
e quello di Tiro avrà lo stesso trattamento).
Semper nocuit differre paratis:
E' sempre stato dannoso il rinvio a chi è pronto
ad operare (Lucano, De bello civili, Libro I, 281).
Chi ha tempo non aspetti tempo, oppure mentre il
cane piscia la lepre se ne va.
Semper homo bonus tiro est:
L'uomo buono resterà sempre un principiante (Marziale,
Epigrammi, Libro XII, Ep. 51).
Considerando la brevità dell'epigramma lo
riporto per esteso:"Tam saepe nostrum decipi Fabullinum,
miraris, Aule? Semper homo bonus tiro est" (= Tu
Aulo ti meravigli che il nostro Fabullino sia ingannato così
di frequente? L'uomo semplice ed onesto resterà sempre
un principiante)
Semper idem:
Sempre lo stesso (Seneca, Lettere morali a Lucilio, Libro
II, XX,5).
Normalmente il motto viene usato per indicare l'inflessibile
coerenza di un individuo e potrebbe benissimo essere equiparato
al più noto "Frangar, non flectar" (=Mi
spezzo, ma non mi piego) di Orazio, (Odi, III, 3). Non intendo
stravolgere il significato del detto ma ricordo ai visitatori
che anche della banderuola si può dire "semper
in idem" (= sempre nella stessa direzione in cui
tira il vento) e, dalla banderuola a tanti nostri metamorfici
politici nostrani, sempre pronti e disponibili a salire sul
carro del vincitore o presunto tale, il passo è breve.
Semper in proelio audacia pro muro habetur:
In battaglia l'audacia stessa è un baluardo
(Sallustio, Bellum Catilinae 58,).
L'espressione è tratta dal discorso di Catilina
ai congiurati. Il testo integrale è:"Semper
in proelio eis maximum est periculum qui maxime timent: audacia
pro muro habetur" (=Sempre in battaglia il maggior
rischio è di coloro che hanno paura: l'audacia è
di per sè un baluardo).
Concetto ricorrente che troviamo anche in altri scrittori.
Senofonte "Ciropedia III, 3" scrive che
"l'esito delle battaglie si giudica più dall'ardire
degli animi che dalla robustezza dei corpi" mentre
Orazio (Odi, Libro III, vv.13-17) ricorda alla gioventù
romana che: "Dulce et decorum est pro patria mori:
mors et fugacem persequitur virum nec parcit imbellis iuventae
poplitibus, timidoque tergo" (=E' bello e dolce
morire per la patria, la morte insegue anche l'uomo che fugge
e non perdona ai garretti e alle terga codarde della gioventu
imbelle).
Semper sexus masculinus etiam femininum sexum continet:
Il sesso maschile sempre comprende anche quello femminile
(Digesta, 32,62).
Quando una legge si rivolge in generale agli uomini,
come spesso capita anche colloquialmente, intende comprendere
anche le donne.
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