Sutor, ne supra crepidam...!
Senectus est natura loquacior:
La vecchiaia per sua stessa natura è piuttosto ciarliera
(Cicerone De senectute Libro XVI , 55).
Scrive Cicerone: ...mi accorgo che quel che
ho detto è stato piuttosto lungo, perdonatemi: mi
sono lasciato prendere dalla passione per le cose campestri
e poi "senectus est natura loquacior"(=la
vecchiaia, per sua natura, è un po’ loquace).
Sarà pur vero che le persone anziane hanno l'abitudine
di ripetere le stesse cose fino alla noia dimenticando di
averle gia dette o raccontate, ma ci sono anche oratori
ai quali, per la verde età, non è possibile
adattare il detto ma che al termine del loro noioso discorso
ci portano ad esclamare: "Barbaque erat promissa".
Senectus ipsa est morbus:
La vecchiaia già di per sé è una malattia
(Terenzio Phormio Atto IV v. 575).
Troviamo la frase nel dialogo tra Demifonte e Cremete:
D. "Come mai non sei tornato appena l'hai saputo?"
C."Mi ha trattenuto una malattia " D."Che
tipo di malattia? C. "rogas? senectus ipsa est
morbus" (=E me lo chiedi? La mia malattia è
la vecchiaia"). Ne "I Promessi Sposi
Cap. XXXVIII" assistiamo all'amaro sfogo di Don Abbondio
... io in vece, sono alle ventitre e tre quarti, e...
i birboni posson morire; della peste si può guarire;
ma agli anni non c'è rimedio: e, come dice, "senectus
ipsa est morbus."
Sentina italorum et germanorum:
Sentina di italiani e di tedeschi (Carlo V ?).
La frase è attibuita all'imperatore Carlo
V e la si ritiene indirizzata alla città di Trento
che ospitava il XIX Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica
meglio noto come Concilio di Trento (1545.1563). Fortemente
voluto dall'imperatore che lo considerava un formidabile
strumento sia per una riforma della Chiesa dopo la riforma
di Martin Lutero sia come mezzo per accrescere il personale
potere, si trovò avverso sia ill clero italiano che
quello tedesco tant'è che per non subire le ingerenze
imperiali del 1547 al 1549 si trasferì a Bologna.
Sequitur superbos victor a tergo Deus:
Dio segue alle spalle i superbi. (Seneca, Ercole
fur., 386).
Dio ha pronto il castigo per i superbi, prepara la loro
umiliazione.
Sermo datur cunctis, animi sapientia paucis:
La parola è concessa a tutti ma la sapienza a
pochi (Disticha Catonis, Libro I, 10).
Con l'espressione "Disticha Catonis"
si intende una raccolta di massime in esametri che si ipotizza
risalgano al III sec. dopo Cristo.
Serva ordinem et ordo servabit te:
Rispetta l’ordine e l’ordine ti
salverà.
Nel libro della Sapienza si canta l'elogio a Dio:
"Tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso ".
Teniamo l'occhio fisso al modello divino per il nostro creare
o rifare ordine nelle cose e nella vita.
Servum pecus:
Gregge servile. (Orazio, Epist., I, 19).
Parole con cui il Poeta stigmatizza i volgari imitatori
di opere letterarie. Ma nell’uso comune si cita per bollare
quella stirpe di adulatori, cortigiani e leccapiedi che
fa consistere tutto il travaglio della propria vita nel
lisciare gli altri.
Sesquipedalia verba:
Parole di un piede e mezzo. (Orazio, Ars poetica,
97).
Parole che riempiono la bocca. Si cita a proposito di certi
oratori e conferenzieri che pare facciano un apposito studio
per tirar fuori paroloni ad effetto, molte volte incomprensibili;
in simili casi si potrebbe citare il motto: "Res
non verba"(= fatti, e non parole).
Sibi non cavere et aliis consilium dare stultum (est):
Non provvedere a sé stessi e pretendere si dare consigli
agli altri è cosa stolta. (Fedro, Favole, Libro).
Morale della tavola: Il Passero e la Lepre. Il passero scherniva
una lepre caduta fra gli artigli dell’aquila; ma, proprio
in quell’ istante, un avvoltoio lo afferrò e lo uccise.
Sic et simpliciter:
Così e semplicemente (Ignoto).
Si è soliti usare simile espressione o per indicare
che quanto si sta dicendo lo si fa "sic et simpliciter"
(=alla buona) senza usare troppi paroloni e senza avere
la pretesa di voler insegnare oppure, in senso opposto,
per spiegare al nostro interlocutore che non può
liquidare un argomento di una certa importanza banalizzandone
"sic et simpliciter" i contenuti.
Sic itur ad astra:
Così si sale alle stelle.
Espressione usata spesso ironicamente con allusione a successi
ottenuti con mezzi e meriti discutibili.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Sic me vivere, sic iuvat perire:
Così desidero vivere e morire (Marziale libro XII
v 26).
Marziale, spagnolo di Bibli completati gli studi, nel 64
d.C. si trasferisce a Roma. Vive in povertà parecchi
anni fino a che la pubblicazione degli epigrammi gli porta
un enorme successo letterario ma non la prosperità
economica. Nel 98, torna in Spagna, ma la vita nel suo piccolo
paese, priva di stimoli, gli farà rimpiangere fino
alla morte avvenuta nel 102, la vita brillante nella capitale.
Quanto scritto sulla sua vita non concorda con quanto egli
scrive all'amico Giovenale. Descrive con accenti romantici
la vita a Bibli e termina il racconto che ne fa scrivendo
appunto: "Sic me vivere, sic iuvat perire".
Sic stantibus rebus:
Stando così le cose (Ignoto)
Quando, valutate tutte le possibili soluzioni, non riusciamo
a trovare nessun altro modo per risolvere una situazione
ingarbugliata, affermiamo che "sic stantibus rebus"
ancorché "obtorto collo" l'unica
strada percorribile resta la... meno piacevole. Ricordiamo
l'espressione italiana "se le cose stanno così"
di pari significato.
Sic transit gloria mundi:
Così passa la gloria di questo mondo. (Imitazione
di G. C., I, 3, 6).
Queste parole vengono ripetute al Papa all’atto della sua
elezione al trono pontificio, per ricordargli la caducità
e vanità di tutti gli sfarzi terreni. Si cita a proposito
di insuccessi seguiti a qualche trionfo, o in occasione
della morte di personaggi famosi. Possiamo anche trovare
la sentenza incisa sulla tomba di personaggi che in vita
hanno avuto il loro quarto d’ ora di celebrità.
Sic vita:
Così anche la vita (Seneca, Lettere morali a
Lucilio Libro IX, LXXVII, v.20).
Il detto si può spiegare alla luce della frase completa:
"Quomodo fabula, sic vita: non quam diu, sed quam bene
acta sit, refert" (=Allo stesso modo di una rappresentazione
teatrale così è della vita: non conta quanto
sia stata lunga ma quanto bene la si sia spesa).
Si fallor sum :
Se sbaglio esisto (Attribuita a sant'Agostino).
Frase precorritrice dell'assiona cartesiano "Cogito,
ergo sum" (=Penso pertanto esisto) ed addottata
dalla maggioranza dei nostri politi e manager dopo aver
scoperto che sbagliare è meno faticoso che pensare
ed agire di conseguenza soprattutto perchè pecuniariamente
nulla ci rimettono o come gli allenatori che pur licenziati
dopo pochi giorni dall'assunzione se ne vanno con una barca
di soldi alla faccia dei tanti rincitrulliti "patron".
Si fractus illibatur orbis impavidum ferient ruinae:
Anche se il mondo cadesse a pezzi, le sue rovine mi colpirebbero
impavido. (Orazio, Odi, III, 3).
Descrizione dell’uomo di carattere, tenace, di principii
inossidabili, che non si piega davanti a difficoltà ed ostacoli.
Si mihi difficilis formam natura negavit, ingenio formae
damna rependo meae:
Se la natura matrigna mi ha negato la bellezza, con l'ingegno
supplisco ai difetti della mia figura. (Ovidio, Epist.,
XV, 31).
Il distico è messo in bocca alla celebre poetessa greca
Saffo, la più gentile di tutta l’antichità, dalla quale
prese il nome l’ Ode Saffica: con le sublimi doti dello
spirito faceva dimenticare le deformità che la tradizione
attribuisce al suo corpo
Sine cura:
Senza preoccupazione.
Passata nella lingua italiana come sostantivo, la "sinecura"
indica un ufficio o una carica che permette di percepire
benefici economici, anche notevoli, con un impegno modesto
o pari a zero... praticamente come avviene per quasi tutti
i nostri attuali politici.
Sine die:
Senza giorno, cioè a tempo indeterminato.
Esite un detto che ha una certa somiglianza con questo:
"ad kalendas graecas" il cui significato
come tutti sanno equivale al nostro avverbio"mai".
"Sine die" risulta invece essere una
espressione ben più sibillina e carica di indeterminatezza.
Contiene l'ammissione che una certa cosa, pur procrastinandone
l'esecuzione "sine die", dovrà
essere comunque fatta. Nel frattempo se ne allontana l'esecuzione
lasciando l'illusione che prima o poi (normalmente poi),
se non interverranno cause di forza maggiore, se le condizioni
non muteranno, se... se... si prenderà in esame l'eventuale
soluzione del problema: decisamente meglio un "mai".