Sutor, ne supra crepidam...!
Sine ira et studio:
Senza prevenzione e partigianeria. (Tacito, Annali,
I, 1).
È la premessa che il grande storico mette a fondamento basilare
delle sue narrazioni. Egli afferma che non si lascerà trascinare
da prevenzioni, rancori o favoritismi verso questa o quella
parte.
Detto segnalato da Pasquale I.
Sine labe originali concepta:
Concepita senza peccato originale (Pio IX nel
1854).
Troviamo questa epressione rivolta alla Madonna nelle
Litanie Lauretane. Il dogma dell' "Immacolata Concezione"
proclamato da papa Pio XI altro non fu che la conferma ufficiale
della Chiesa di una tradizione patristica, teologica e filosofica
che ebbe nel francescano Giovanni Duns, meglio conosciuto
come Duns Scoto perché nativo della Scozia il massimo
sostenitore.
Sine me, liber, ibis in urbe:
Senza di me o libro, tu andrai in città (Ovidio Tristia
libro I v.1,2)
Ovidio relegato da Augusto a Tomi sul mar Nero, abituato alla
vita mondana ed elegante di Roma, di cui era uno dei più
acclamati esponenti, non riesce ad accettare questo nuovo
stile di vita. E' questo l'amaro sfogo che confida al libro:
lui certamente arriverà a Roma tra le mani dei suoi
amici, (forse spera anche tra quelle dell'imperatore che l'ha
esiliato) mentre lui dovrà restare fino alla morte
relegato in queste terre abitate da barbari "Parve,
nec invideo, sine me, liber, ibis in Urbem" (=Piccolo
libro, non ti invidio, tu andrai a Roma senza di me).
Sine nomine vulgus:
La folla senza nome.
E' stato chiamato in tantissimi modi: profano, ignobile, senza
nome... e chissà quanti altri aggettivo dispregiativi
gli sono stati cuciti addosso. Raccontano che Napoleone sostenesse
che gli zeri, per tanti che fossero, avessero valore solo
in funzione... dell'uno che sta davanti. Prendendo infatti
ad esempio due note rivolte popolari, quella di Napoli e quella
francese, tutti ricordiamo Masaniello, Marat, Danton, Robespierre,
ma ignoriamo tutto di quella folla senza nome, che con il
sacrificio della propria vita e spesso con eccessi d'ira e
ferocia certamente deprecabili, ha contribuito alla realizzazione
dei ideali nei quali credeva e per i quali lottava.
Sine pennis volare haud facile est:
Non è facile volare senza penne (Plauto Poenulus atto
IV scena II , 870).
E' la risposta di Sincerasto, schiavo di Poenulus, a Milpione
che gli suggerisce di agire senza timore: "Sine pennis
volare haud facile est: meae alae pennas non habent".
(=Non è facile volare senza penne ed è addirittura
impossibile se le ali ne sono completamente prive). Non è
sufficiente il coraggio per portare a termine un'impresa,
ma e indispensabile anche avere a disposizione i mezzi per
attuarla.
Detto segnalato da Alberto Di S.
Sine qua, non:
Senza la quale, no!
È una locuzione in uso specialmente nel linguaggio legale,
quando a qualche contratto, atto o scrittura in genere, si
appone una clausola, una condizione, con l’aggiunta "sine
qua, non"; cioè condizione e clausola essenziale,
senza la cui osservanza il contratto o atto stesso diventa
nullo.
Sine sanguinis effusione:
Senza spargimento di sangue (Nuovo Testam., S. Paolo,
Ebrei,11,28).
Il sangue usato come elemento purificatore,
ricorda san Paolo, era un simbolo dell'antica alleanza che
trova il compimento nella passione di Cristo il cui sangue
è stato versato per la nostra salvezza. Sacrificio
questo che allontanando ogni immagine di un Dio spietato e
vendicativo diviene l'espressione del suo amore misericordioso.
Di ben diversa natura ne è stato l'utilizzo fatto dalla
Inquisizione. Le sentenze da loro emesse infatti prevedevano
pene "Sine sanguinis effusione"... e pertanto,
quanti ritenuti eretici e non pentiti venivano impiccati o
meglio ancora arsi vivi!
Sine strepitu:
Senza clamore (Quintiliano Declamationes maiores libro II,17)
Suggeriva il conte zio (I Promessi Sposi cap.XIX) al padre
provinciale chiedendo di allontanare padre Cristoforo dal
convento di Pescarenico :"son cose da finirsi tra di
noi, da seppellirsi qui..." ed è proprio questo
il significato del detto: operare senza volersi metter in
mostra, senza battere la grancassa per farsi notare ovviamente
sia nel fare il bene come, nel caso del conte zio, il male.
Sinite parvulos venire ad me:
Lasciate venire a me i piccoli (Nuovo Testamento Mc. 10,14)
Sono parole di rimprovero che Gesù rivolge agli apostoli
quando, forse per troppa devozione, tentano di impedire a
dei genitori di avvicinargli i loro figli affinché
li benedica ritenendo che ne venga infastidito.
Gesù spiega nella seconda parte della frase il perché
del suo rimprovero:"sinite parvulos venire ad me"
et ne prohibueritis eos talium est enim regnum Dei" (=Lasciate
venire a me i piccoli, perché loro è il regno
dei cieli).
Si non vis audire,
nec regnes:
Smetti di regnare se ti da noia ascoltare.
Paolo Segneri, gesuita, scrittore e ritenuto, dopo san
Bernardino da Siena e il Savonarola, il miglior oratore della
Chiesa Cattolica, racconta in una delle sue famosissime omelie,
che tale frase venisse indirizzata a Filippo II di Macedonia
da una donna del popolo per invitarlo ad ascoltare la voce
dei suoi sudditi.
Sint minores:
Siano minori - Siano sottomessi (San Francesco d'Assisi).
Espressione con la quale san Francesco chiese a papa Innocenzo
III l'approvazione della regola francescana che prevedeva
per lui ed i suoi confratelli una vita da servi sottomessa
a tutti.
Sint ut sunt, aut non sint:
O siano come sono o non siano.
Risposta del Padre Ricci, generale dei Gesuiti, a chi gli
proponeva di cambiare la loro Costituzione. In altre parole
voleva dire: i Gesuiti o rimangono come furono creati da Sant’Ignazio,
oppure è meglio che cessino di esistere. L’energica
frase divenne celebre e si usa ripetere per cose od argomenti
nei quali non si vuol introdurre alcuna modifica.
Si parva licet componere magnis:
Se è permesso paragonare le cose piccole alle grandi.
(Virgilio, Georgiche, IV, 176).
Il Poeta dice queste parole mettendo a confronto il lavorio
delle api con quello dei ciclopi. Nell’uso quotidiano si suole
citare la frase quando si fanno paragoni che potrebbero sembrare
sproporzionati.
Si qua voles apte nubere, nube pari:
Se desideri accasarti adeguatamente, sposa uno
tuo pari (Ovidio Heroides IX Deianira a Ercole).
"Quam male inaequales veniunt ad aratra
iuvenci, tam premitur magno coniuge nupta minor. Non honor
est sed onus species laesura ferentes: siqua voles apte nubere,
nube pari." (= Come malamente si adattano all'aratro
due buoi di diversa mole, allo stesso modo viene messa in
ombra dalle capacità del marito una moglie a lui inferiore.
Non è un privilegio ma un peso la bellezza che danneggia
chi la possiede: se vuoi sposarti adeguatamente, sposa un
tuo pari.) Sono le amare parole pronunciate da Deianira, moglie
di Ercole e femminista "ante litteram"quando
scopre che l'invincibile eroe, questa volta, non l'ha abbandonata
per qualche memorabile impresa, ma per Iole figlia di re Eurito
di cui si era innamorato. Ai maschi romani comunque non garbava
accasarsi con una donna più ricca di loro. La promulgazione
delle "leges sumptuarie" quali la "lex
Oppia" e la "lex Voconia" erano
infatti state votate "ad hoc" sia per limitare
le ricchezze che le donne potevano detenere sia per impedire
loro di influenzare eventuali scelte politiche. Contro chi
proponeva l'abrogazione di queste leggi si scagliò,
come riporta lo storico Tito Livio (Ab urbe condita, Libro
XXXIV, 3), Catone, misogino e antifemminista "ante
litteram" ricordando che "...quibus omnibus
constrictas vix tamen continere potestis. quid? si carpere
singula et extorquere et exaequari ad extremum viris patiemini,
tolerabiles vobis eas fore creditis? Extemplo simul pares
esse coeperint, superiores erunt" (= ...pur legate
come sono a malapena le tenete a freno. E che? Se sopporterete
che vi tolgano , che vi strappino di mano ora questa ora quell'altra
cosa e si pareggino infine agli uomini pensate di poterle
ancora sopportare? Non appena avranno la parità ci
comanderanno).
Non diverso l'atteggiamento di Marziale (Epigrammi, Libro
VIII, 12) "Uxorem quare locupletem ducere nolim quaeritis?
Uxori nubere nolo meae. Inferior matrona suo sit, Prisce,
marito: non aliter fiunt femina virque pares" (=
Mi chiedete perchè non voglio sposare una donna ricca?
Non intendo diventare la moglie di mia moglie. Caro Prisco,
la moglie deve sottostare al marito, solo così sono
marito e moglie).
Si quid est quod utar, utor, si non est egeo:
Se ho qualcosa da usare la uso, se non l'ho ne faccio a meno
(Aulo Gellio Noctes Atticae XIII- 24).
"Relata refero" come dicevano i romani.
Aulo Gellio ne attribuisce la paternità a Catone che
affermava come nulla per lui fosse prezioso o indispensabile,
né i palazzi, né il vasellame né i vestiti
né lo schiavo o la schiava. se nel momento in cui mi
occorre ho qualche cosa da usare la uso altrimenti ne faccio
a meno."Neque mihi aedificatio neque vasum neque
vestimentum ullum est manupretiosum neque pretiosus servus
neque ancilla. Si quid est," inquit "quod utar,
utor; si non est, egeo. Con simile espressione, che può
sembrare banale, Catone ci ricorda che nessun bene materiale
è indispensabile al buon vivere. Se disponibile nel
momento in cui serve, va usato, mentre nella eventualità
opposta occorre sapervi rinunciare.
Si quis dat mannos noli quaerere in dentibus annos:
Se ti offrono cavalli non cercarne l'età dai denti
(ignoto).
Equivale pressapoco al nostro proverbio "a caval
donato non si guarda in bocca". Un regalo va accettato
per quello che è e non per quello desideremmo fosse.
E' regola del bon ton far buon viso a cattiva sorte e se proprio
non ci interessa ...possiamo sempre riciclarlo
Il termine "Mannus" che si ritrova usato
da Lucrezio ed Orazio sembra essere di origine celtica ed
indica una razza di cavalli simili ai pony utilizzati dai
romani nelle passeggiate in villa.
Si rota defuerit, tu pede carpe viam:
Se la ruota del carro ti si rompe mettiti in
cammino a piedi (Ovidio Ars amatoria LibroII v230).
Ritengo inutile ogni commento a questo simpatico
suggerimento, che ho sperimentato di persona durante queste
vacanze estive (agosto 2006) quando mi sono ritrovato a Pieve
di Revigozzo con l'auto non funzionante e le officine meccaniche
chiuse per ben due settimane causa ferie: il paese si trova
a circa tre km. di distanza, mangiare occorre mangiare e...
"obtorto collo" ho seguito il consiglio
del poeta!!!
Sit tibi terra levis:
Ti sia la terra leggera.
Iscrizione spesso abbreviata in S.T.T.L un tempo frequente
sulle tombe. Il peso della terra che ricopre la bara ha sempre
destato nell’umanità un senso di angoscia, di oppressione,
e di qui l’auspicio, che in senso più lato equivale al saluto
cristiano:" Requiescas in pace".
Sit venia verbo :
Sia scusa alla parola.
Frase che si pone talvolta come inciso nel discorso per chiedere
scusa di un’espressione che si sia stati costretti ad
adoperare.
Vedi anche "Absit invidia verbo"
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.<
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