Sutor, ne supra crepidam...!
Sive bonum sive malum fama est:
Sia buona sia cattiva sempre di fama si tratta.
Altra traduzione potrebbe essere: "Qualsiasi
cosa io faccia, che sia buona o malvagia, me ne viene sempre
fama". A Sabbioneta nel palazzo del Giardino, nella
camera dei miti tra i tanti dipinti che ricordano le imprese
dei Gonzaga troviamo, voluto da Luigi Gonzaga Rodomonte, la
raffigurazione di un tempio in fiamme accompagnato dal motto
“Fama est” (= me ne viene sempre fama).
Il tempio effigiato è quello di Artemide considerato
una delle sette meraviglie del mondo incendiato e distrutto
nel 356 a.C. dal pastore greco Erostrato spinto da uno smodato
desiderio di "passare alla storia". Per
il Gonzaga il motto latino voleva essere di giustificazione
alle critiche dei cortigiani per aver partecipato al sacco
di Roma come capitano delle truppe imperiali. L'espressione
"Erostratismo" è un neologismo coniato per
indicare l'ansia di sopravvivere nella memoria dei posteri,
cioè di "passare alla storia" a
tutti i costi.
Si vera sunt exposita:
Se le cose raccontate sono vere.
Si tratta di un'antica formula con cui si chiudevano
i decreti imperiali o pontifici. A volte veniva sostituita
con quest'altra di identico significato: "Si preces
veritate nitantur" (= Se quanto esposto con la supplica
corrisponde a verità).
Si vis me flere, flendum est primum ipsi tibi:
Se vuoi che io pianga, devi piangere prima tu stesso. (Orazio,
Ars poetica, 102).
Questi due versi esprimono la dote principale dell’attore
drammatico e dello scrittore in genere che, se vogliono commuovere
il pubblico o il lettore, devono essi stessi sentire per primi
quanto vengono esponendo. Anche nelle opere d’arte non si
ha mai un capolavoro, se l’artista non vi lascia una parte
viva della propria anima.
Si vis pacem, para bellum:
Se vuoi mantenere la pace, tieniti sempre pronto a fare la
guerra. (Vegezio).
La storia anche attuale insegna!!!
Solent mendaces luere poenas malefici:
I bugiardi sono soliti pagare per il male che fanno. (Fedro,
Favole, Libro I,17,1).
Morale della favola: "La Pecora, il cane ed il lupo".
Un cane chiedeva alla pecora la restituzione di un pane che
diceva averle prestato. Il lupo, citato a testimonio, affermò
che la pecora doveva non uno ma bensì dieci pani. La
povera pecora pagò così quel che non aveva affatto ricevuto;
ma dopo pochi giorni ebbe la soddisfazione di vedere il lupo
preso in trappola.
Soles duabus sellis sedere:
Sei abituato a star seduto su due scanni. (Seneca Controversiarum
liber VII Macrobio Saturnalia libro II , 3)
Equivale al nostro detto:"tenere il piede in due scarpe".
Questa volta tocca a Cicerone, normalmente abituato a ironizzare
anche pesantemente contro i suoi avversari, a subire una sarcastica
stoccata. La scena si svolge in senato: a Laberio cavaliere
romano, noto anche per alcune operette teatrali, che gli chiede
di fargli un pò di posto per permettergli di sedersi,
Cicerone risponde di non poterlo fare in quanto lo spazio,
già troppo esiguo, non è sufficiente neppure
per lui. A questo punto Laberio, alludendo all'abitudine dell'oratore
di mostrarsi forte con i deboli e debole con i forti, sempre
pronto ad adulare i rivali che non è in grado di contrastare
e capace di lusingare contemporaneamente due partiti avversi,
risponde: nulla di strano che tu stia così stretto
considerato che "soles duabus sellis sedere"
Soles occidere et redire possunt: nobis, cum semel occidit
brevis lux, nox est perpetua una dormienda:
Il sole può tramontare e risorgere: per
noi dopo una breve giornata, ci sarà una sola interminabile
notte (Catullo Carmina 5).
E' l'invito di uno scrittore pagano a godere di
tutti i piaceri che la vita, sempre troppo breve, concede
all'essere umano. L'amore è ovviamente il primo dei
piaceri di cui si deve godere. Il carme infatti, indirizzato
a Lesbia, inizia con le parole: "Vivamus, mea Lesbia,
atque amemus" (=Godiamoci la vita o Lesbia dando
sfogo all'amore). Anche Orazio (Carmina
libro 1-XXVIII-15) indicando la morte
usa l'espressione "Sed omnes una manet nox"
(=ma una sola notte attende tutti) e nell'ode VII Libro
IV v.15 si domanda "Quo pater Aeneas, quo dives Tullus
et Ancus, pulvis et umbra sumus." (=Dov'è
il padre Enea, dove sono i ricchi Anco Marzio e Tullo Ostilio?
Siamo ombra e polvere).
Vedi anche: Eheu! fugaces labuntur anni.
Detto segnalato da Andrea
B.
Solet a despectis par referri gratia:
I disprezzati spesso rendono pan per focaccia. (Fedro, Favole,
Libro III, 2, 1).
È il primo verso della favola: "La Pantera e i pastori",
che racconta della Pantera caduta nella fossa e lapidata dai
contadini, mentre solo qualcuno, considerandola ormai votata
alla morte, le getta un tozzo di pane. Sopravvenuta la notte,
la Pantera riesce a fuggire e nei giorni seguenti fa strage
dei suoi lapidatori, ma risparmia quelli che avevano avuto
compassione, dicendo loro:"Illis revertor hostis,
qui me laeserunt"
Sol lucet omnibus:
Il sole risplende per tutti.
Proverbio che significa, nel suo senso figurato, che tutti
hanno diritto al loro raggio di Sole, cioè che vi sono dei
beni naturali comuni ad ogni individuo, dei quali non si può
esser privati che con la prepotenza e l’ingiustizia.
Solve et repete:
Paga e chiedi la restituzione (Brocardo).
Si tratta di un principio per il quale lo stato obbliga
il cittadino al pagamento di debiti ancor prima di essere
accertati. Il principio reintrodotto con le ultime finanziarie
era già stato depennato nel 1961 perché ritenuto
in contrasto con la Costituzione.
Solve senescentem:
Sostituisci quello che invecchia. (Orazio Epistolarum
Liber I v. 8,9)
Il consiglio viene dato non solo agli scrittori, con l'invito
a ricercare sempre idee nuove ma molto più terra terra
è diretto anche a quanti, nonostante gli anni, non
accettando di invecchiare: "Solve senescentem mature
sanus equum, ne peccet ad extremum ridendus et ilia ducat"
(=Sostituisci per tempo il cavallo che invecchia se non vuoi
che stanco ed estenuato faccia ridere a tue spese).
La frase si trova citata dal Metastasio nella lettera CV inviata
il 29 gennaio 1766 da Vienna a Francesco Giovanni di Chastellux.
Solvitur ambulando:
Camminando si risolve il problema.
Si racconta che sia stato l'atteggiamento tenuto di Diogene
(quel filosofo che l'aneddotica vuole vivesse in una botte,
avesse buttato anche la scodella ritenendo che si poteva mangiare
e bere usando le mani, e che ad Alessandro Magno , che chiedeva
se avesso potuto fare qualche cosa per lui, chiese di non
frapporsi tra lui e il sole) per confutare i paradossi di
Zenone di Elea tesi a dimostrare l'impossibilità del
moto.
Spes sibi quisque:
Ciascuno sia speranza a sé stesso. (Virgilio, Eneide,
XI, 309).
Confidi ciascuno unicamente nelle proprie forze, nei propri
mezzi.
Spes ultima dea:
La speranza è l'ultima dea.
La speranza in un tempo migliore non ci abbandona mai neppure
nei peggiori momenti. "Finché c'è vita
c'è speranza" recita un detto popolare e, come
ricorda il Foscolo nei Sepolcri, la speranza è l’ ultima ad
abbandonare l’uomo: "Anche la Speme, ultima dea, fugge
i sepolcri".
Spina etiam grata est, ex qua spectatur rosa:
Anche una spina è gradita quando poi ci si aspetta
di vedere una rosa! (Publilio Siro Sententiae v.614).
La sentenza citata mi ha ricordato quanto Alessandro
Manzoni scrive al capitolo 7° de "I Promessi Sposi"
al termine di quell'indimenticabile "Addio monti"
(Dio) non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non
per prepararne una più certa e più grande. Tutti
noi siamo disposti ad accettare un sacrificio anche grande
se solo riusciamo ad intuire che al termine la ricompensa
e la gioia sarà ancora maggiore.
Spiritus promptus caro autem infirma:
Lo spirito è pronto, ma la carne è debole.(Nuovo
testamento Mt 26, 41)
E' notte inoltrata e nell'oscurità del Getsemani, l'uliveto
in cui Gesù si è ritirato a pregare, tra il
disinteresse e l'indolenza dei suoi sonnacchiosi discepoli
egli presenta tutto l dramma della sua passione che sta per
iniziare. Trovandoli addormentati rivolto a Pietro esclama:
"Non avete potuto vegliare un'ora con me. vegliate e
pregate perchè non cadiate in tentazione, perchè
"Spiritus promptus caro autem infirma"
(=lo spirito è pronto al sacrificio, ma la carne è
debole). Nel linguaggio comune l'espressione viene
usata per ricordare agli interlocutori che stiamo per compiere
una cosa che pur ritenendola indispensabile ci costa non poco
sacrificio.
Spiritus ubi vult spirat:
Lo spirito spira ove vuole.
Cioè l’ ispirazione non è frutto degli sforzi dell’uomo, ma
dono del Cielo. Lo conferma Orazio (Ars poetica, v. 385) :"Tu
nihil invita dices faciesve Minerva" (=Non farai
o non dirai nulla se la dea Minerva è contraria).
S.P.Q.R.:
Per la traduzione vedi sotto
Acronimo, secondo certe interpretazioni, di Senatus
PopulusQue Romanus (=Il senato e il popolo romano), per
altre di "Senatus Populus Quiritium Romanus"
(= Il senato e il popolo romano dei Quiriti) e, per altre
ancora, di "Senatus Populusque Quiritium Romanorum"
. E' ancora visibile su lapidi, colonne e monumenti a suggello
di una romanità che ancora oggi permea la nostra civiltà.
Così veniva firmato ogni documento ad indicare che
il senato altro non era che l'organismo che agiva in nome
del popolo. Lo storico Sallustio, (Bellum Iugurthinum,
41), scrivendo di quei tempi (112-110 a.C.) capovolge
la formula in "Populus et senatus Romanus"
quasi per farci comprendere che quell'unità ormai era
spezzata e che il popolo ed il senato avevano dato origine
a due partiti, quello democratico e quello conservatore che
si combattevano senza esclusione di colpi. Dopo la secessione
della plebe sull'Aventino ( chi non ricorda il famoso apologo
di Menenio Agrippa?) i contrasti tra patrizi e plebei, per
la parificazione dei diritti, erano stati composti attraverso
una serie di leggi. Nel 367 a.C. i plebei erano stati ammessi
al consolato, nel 364 all'edilità curule, nel 356,
351 e 337 rispettivamente alla dittatura, alla censura e alla
pretura e, finalmente, nel 300 con la Lex Ogulnia
poterono accedere ai collegi dei pontefici e degli auguri
anche se risulta che il primo pontefice massimo plebeo fu
eletto nel 252 a.C. Le intenzioni erano buone ma, come spesso
accade e la storia insegna, questi rappresentanti del popolo
furono anch'essi pronti a vendersi al miglior offerente.
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