Sutor, ne supra crepidam...!
Summum ius, summa iniuria:
Eccesso di giustizia, eccesso d'ingiustizia. (Cicerone, De
officiis, I, 10, 33).
Quando l’applicazione delle leggi è eccessivamente severa,
non si ha più un freno o un giusto castigo
Sunt bona mixta malis:
Il bene è mescolato al male.
Si tratta del titolo di una "Missa" (=
Messa cantata) scritta da F.J. Haydn. Compare anche nel "Moliere"
di Goldoni quando nell'Atto III Scena IV al conte Lasca che
chiede: "Leandro, voi che siete un uomo schietto e di
sapere; Dite, si può star saldi all'opre di Moliere?"
l'interrogato risponde: " Sunt bona mixta malis;
Sunt mala mixta bonis" (=Il bene è mescolato
al male e viceversa).
Sunt lacrymae rerum:
Vi sono lacrime per le nostre disgrazie. (Virgilio, Eneide,
I, 462).
Sono parole di Enea al fedele Acate. Dando alla frase un senso
diverso da quello virgiliano, si cita per dire che talora
anche le cose inanimate sembrano piangere sulla infelicità
dell'uomo.
Sunt quos curriculo pulverem olympicum collegisse iuvat:
Ci sono coloro che amano sollevare sotto le ruote di un carro
la polvere olimpica (Orazio, libro I, ode I, v. 3).
Tante sono le ambizioni umane e ognuno , per propria indole,
è portato a soddisfarne talune piuttosto che altre.
Per Orazio consiste nell'essere annoverato tra la schiera
dei grandi poeti, ed è sua convinzione che solo attraverso
le proprie opere poetiche riuscirà a conseguire quella
fama immortale che altri cercano in cento altri modi diversi:
nella politica, nel comando militare, nei giochi del circo
o, come dice con l'espressione citata, nelle competizioni
olimpiche.
Sunt verba et voces:
Sono parole e voci (Orazio, Epistole, Libro I, I, 34).
Normalmente ad indicare una persona che è solo chiacchiere
e niente fatti, fumo e non arrosto, ed oggi a tanti si potrebbe
cucire addosso questa definizione, si preferisce l'espressione
modificata in "Sunt verba et voces praetereaque nihil
(=Sono voci e parole, null'altro).
Superiorum permissu:
Con l'autorizzazione dei superiori.
Espressione con la quale negli ordini religiosi ancor oggi
si approvava un libro e se ne autorizza la pubblicazione.
Vedi anche "Nihil obstat quominus imprimatur".
Supplicium more maiorum:
Punizione come era in uso presso i nostri antenati.
Queste punizioni non dovevano essere troppo piacevoli
se Tito Livio, (Ab Urbe condita, Libro I, 26) scriveva
"Lex horrendi carminis erat: "Duumviri perduellionem
iudicent; si a duumviris provocarit, provocatione certato;
si vincent, caput obnubito; infelici arbori reste suspendito;
verberato vel intra pomerium vel extra pomerium." (=Il
testo della legge era spaventoso: "I duumviri giudichino
i delitti di lesa maestà. Se l'imputato ricorre in
appello avvenga una discussione. Se prevarrà la tesi
dei duumviri, si proceda a coprire il capo dell'imputato;
lo si leghi a un albero di quelli ritenuto di cattivo augurio
e venga fustigato sia dentro sia fuori il pomerio.)
Vedi anche "Arbores felices - Arbores infelices"
Supra vires:
Oltre le forze.
Con qualche modifica risulta essere il motto di alcuni
corpi del nostro esercito. Troviamo infatti:"Supra
vires audaces" (=Audaci oltre le nostra possibilità)
oppure "Supra vires ultra sidera" (=Oltre
le forze più in alto delle stelle).
Supremum vale:
Addio per sempre (Ovidio, Metamorfosi, X, 62)
Il Poeta mette la frase in bocca di Orfeo che perde per la
seconda volta, e questa volta per sempre, la sua diletta Euridice.
Nell’uso comune si adopera col significato di rinunziare a
qualche persona o a qualche cosa per sempre e completamente.
Surge et ambula:
Alzati e cammina (Nuovo Testamento Mt. 9,5).
Assistiamo ancora ad una presa di posizione di Cristo nei
confronti degli Scribi dubbiosi del suo operato e contrari
al suo insegnamento. Siamo a Cafarnao e gli viene presentato
un paralitico chiedendogli di guarirlo. Scrive l'evangelista
che Gesù dice al paralitico: "Abbi fiducia, i
tuoi peccati ti sono perdonati" e rivolto agli Scribi
che in cuor loro pensavano "costui bestemmia" rispose
"Quid est facilius dicere dimittuntur tibi peccata
aut dicere surge et ambula" (=E' più facile
dire ti sono rimessi i tuoi peccati o dire alzati e cammina).mostrando
che chi poteva compiere un miracolo di quel genere aveva anche
il potere di perdonare i peccati.
Sursum corda:
in alto i cuori!
L'espressione è tratta dalla santa Messa quando ancora
era utilizzata nella celebrazione la lingua latina. Al termine
dell'Offertorio, momento liturgico in cui il celebrante riceveva
il pane ed il vino per il sacrificio eucaristico, veniva recitata
sopra le offerte una preghiera detta "segreta".
Occorre ricordare che nell'antichità i fedeli, a questo
punto della messa, offrivano anche quanto concorreva al mantenimento
del sacerdote e dei più indigenti. Nella eventualità
che le offerte fossero eccessive, il sacerdote separava quelle
che dovevano servire al sacrificio e su di esse recitava una
preghiera detta "Oratio super secreta"
(preghiera sopra le offerte separate) e al termine di questa
invitando i fedeli ad innalzare i cuori al cielo lodando il
Signore iniziava la parte della santa Messa conosciuta come
Canone.
Nel linguaggio comune la frase si cita per far coraggio a
chi è abbattuto o è stato colpito da qualche lutto, come per
dire: Al cielo lo sguardo! Su con la vita, fatti coraggio!
Sus Minervam docet:
Il porco fa da insegnante a Minerva (dea della sapienza) (Cicerone,
Academica, Libro I , 5).
La frase da cui è stato estrapolato il detto suonava
così:"nam etsi non sus Minervam ut aiunt,
tamen inepte quisquis Minervam docet." (= infatti
anche se non è il maiale a dare consigli a Minerva
come si è soliti dire, tuttavia a sproposito chiunque
si sente in dovere di farlo). L'espressione è rivolta
a quanti, pur inesperti, si atteggiano a maestri e sintetizza
il nostro detto: chi sa fa e chi non sa insegna!
Suspice caelum et numera stellas, si potes:
Guarda il cielo e conta le stelle se puoi (Antico Testam.,
Genesi, 15,5).
Sono le parole con cui Dio garantisce al vecchio patriarca
Abramo una discendenza che sarà più numerosa
delle stelle in cielo ed infatti, nonostante la moglie Sara
fosse sterile, il versetto della Bibbia così continua:
“Sic erit semen tuum” (=Così sarà
numerosa la tua discendenza).
Sustineas tibi habitu esse similes, qui sint virtute impares:
Sopporta che ti siano pari nella dignità quelli che
sono inferiori a te per valore (Fedro, Favole, Libro III,
16, 7-8).
È una filosofia molto necessaria per la tranquillità della
vita. Fedro la deriva dalla favoletta delle Capre che, avendo
ottenuto da Giove "l’onor del mento", cioè la barba,
provocarono la gelosia dei caproni ritenendosi sminuiti nelle
loro prerogative mascoline. Viene a proposito il proverbio:
La barba non fa il filosofo
Sustine et abstine:
Sopporta (il dolore) ed astieniti (dai beni terreni) (Epitteto
50 - 125 d.C.).
E' condensata in questa massima la dottrina stoica di questo
filosofo greco vissuto a Roma ai tempi di Nerone. Il suo pensiero
e la sua dottrina ci sono pervenuti grazie agli appunti di
Arriano di Nicomedia suo discepolo. Fondamento del pensiero
di Epitteto consiste nel badare a sé stesso raggiungendo
il dominio sulla volontà e dominare il desiderio occupandosi
solo delle cose che è in nostro potere fare.
Sutor, ne supra
crepidam!:
Calzolaio, non più in alto della scarpa. (Plinio, Storia
Naturale, Libro XXXV, 85).
Ad ognuno il suo mestiere. È la famosa risposta data da Apelle
al calzolaio che, dopo aver criticato una calzatura di un
suo quadro, ne criticava anche altre parti per le quali non
era affatto competente. Considerazione sempre valida per quanti
danno giudizi o consigli pur non avendo alcuna conoscenza
specifica sull'oggetto del contendere. Equivale al proverbio
milanese:"Offelée fa el tò mestée"
(=pasticcere fa il tuo mestiere).
Come segnalato da un lettore è
possibile trovare anche: Sutor, ne ultra crepidam! (=Ciabattino
non andare oltre la scarpa) con identico significato. La versione,
qui preferita e pubblicata, è presa da quelli che ritengo
essere i due Dizionari della lingua latina migliori in assoluto:
Campanini-Carboni e Georges-Calonghi, dal sito
gestito da Bill Thayer e dal sito italiano
e, in mancanza di dati a sostegno di altra tesi, preferisco
non apportare modifiche.
Suum cuique decus posteritas rependit:
I posteri rendono a ciascuno il proprio onore.
Il tempo è buon giudice, e mette in chiaro i meriti o demeriti
di tutti gli uomini.
S.V.B.E.E.V.:
Se stai bene sono contento, io sto bene.
Era questo il modo per i romani di iniziare una lettera:
Si vales bene est, ego valeo. In chiusura di lettera
invece veniva usata l'espressione "vale" (sta
bene) oppure "cura ut valeas"che equivale
al nostro cerca di star bene. Altra espressione di saluto
sarebbe anche "aeternum vale"o "supremum
vale" (=stai bene in eterno) ma considerando che
veniva pronunciata sulla salma di un proprio caro per augurargli
il riposo eterno... ne era sconsigliato l'uso nella corrispondenza
tra amici.
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