Sutor, ne supra crepidam...!
Tabula rasa:
Tavoletta ripulita.
Non conoscendo la carta e non potendo usare il papiro o la
pergamena per il costo troppo elevato i romani usavano per
prendere appunti delle tavolette ricoperte di cera che veniva
incisa dalla punta di uno stilo mentre per cancellare veniva
utilizzata una piccola spatola posta all'altra estremità
dello stilo stesso ripristinando lo strato di cera. Nel momento
in cui quanto scritto non aveva più interesse alcuno,
sempre con la spatola si rasava la cera su tutta la tavoletta
rendendola riutilizzabile. "Saepe stilum vertas"
(=Capovolgi spesso lo stilo) scriveva Orazio, nelle Satire,
Libro I, X, 72 ad indicare l'opera di limatura che era indispensabile
operare sulle opere letterarie.
Per traslato, la locuzione
entrò nell'uso della terminologia filosofica ad indicare
lo stato della mente umana che nasce vuota di idee che solo
l'esperienza creerà tramite i sensi. Dall'uso filosofico
a quello giornalistico: far "tabula rasa"
equivale a rubare, sottrarre ogni cosa il passo è stato
breve.
Tam mari quam terra:
Tanto sul mare che sulla terra (Città di Genova
1424).
Si ritiene che questo sia stato il nome della prima società
di assicurazione nata a Genova nel 1424. Sembra che già
tra gli egizi (2700 a.C.) e poi tra il romani esistesse una
cassa mutua per pagare le spese funebri dei tagliapietre.
Vere forma codificate di assicurazione si cominciano a trovare
nel tardo medioevo: uno dei più antichi documenti risale
alla seconda metà del 1300.
Nel 1688 nasce a Londra, nella taverna del sig. Lloyd Edward,
la più famosa si queste compagnie:i Lloyd's. Nel 1762
, sempre in Inghilterra, nasce l’assicurazione per la
persona sulla vita.
Tantae molis erat Romanam condere gentem:
Era così difficile fondare il popolo romano. (Virgilio,
Eneide, I, 33).
Verso che riassume tutti gli ostacoli, le difficoltà incontrate
nello sviluppo della città "caput orbis" e
del popolo che doveva dettar leggi al mondo intero. Ricorre
spontaneo quando ci si trova innanzi a problemi che sembrano
insormontabili.
Tantaene animis coelestibus irae?:
Di tanta ira sono capaci gli animi celesti? (Virgilio , Eneide,
libro I, v. 12).
La mitologia greca e romana ci hanno abituati a questa visione
antropomorfa degli dei dell'Olimpo soggetti, come dei semplici
mortali alle umane passioni, falsi, bugiardi e vendicativi.
"Possibile" si domanda infatti Virgilio " che
Giunone essendo una dea possa nutrire tanto odio nei confronti
dei troiani da costringerli per sette lunghi anni a peregrinare
per i mari e a istigare successivamente contro loro le popolazioni
del Lazio?"Si usa la frase quando la fortuna è avversa
alle nostre imprese, quando cioè il Cielo sembra sordo alle
nostre preghiere.
Tanto nomini nullum par elogium:
Nessun elogio è adeguato a simile nome.
Epitaffio scolpito sulla tomba di Niccolò
Macchiavelli sepolto nella tomba di famiglia in Santa Croce
a Firenze. L'espressione "Tanto nomini" risulta
quasi sempre indirizzata in senso sarcastico a quei personaggi
ai quali non resta altro merito e vanto che il nome che portano.
Tarde venientibus ossa:
Quelli che arrivano tardi a tavola trovano solamente le ossa.
Se per negligenza o pigrizia si perdono opportunità
di guadagno o di lavoro la colpa è solamente nostra.
Identico concetto è espresso dal proverbio: Chi tardi
arriva male alloggia. Di ben diversa interpretazione è
il significato di "arrivare ultimo" nel racconto
evangelico (Mt. 20,8 - 20,16). Il padrone di una
vigna durante l'arco dalla giornata cerca lavoratori e come
li trova, indipendentemente dall'ora, li manda nella suo podere
promettendo a tutti un denaro per il lavoro svolto. Giunta
la sera dice al fattore di pagare agli operai quanto pattuito
iniziando dagli ultimi arrivati. Quando giungono quelli che
già dal mattino lavoravano nel campo trovandosi a ricevere
la stessa paga di chi aveva lavorato solo un'ora protestano
per quella che ritengono una ingiustizia. A questi il padrone
risponde: amico non ti fo torto, non hai pattuito con me per
un denaro? Prendi il tuo e vattene, io voglio dare a quest'ultimo
come a te... "sic erunt novissimi primi et primi
novissimi" (=così gli ultimi saranno i primi
e i primi gli ultimi) . La parabola era diretta contro quei
Giudei che, appartenendo per nascita al popolo eletto si ritenevano
"primi" nella scelta di Dio e non tolleravano che
i Gentili , "operai dell'ultima ora", potessero
avere, nel regno che il Messia andava predicando, i loro stessi
diritti.
Te Deum:
Te Dio. (San Niceta di Remesiana?).
Sono le prime due parole con cui inizia l'inno sacro che da
esse prende il titolo. In uso già dai tempi di san
Benedetto e conosciuto anche come "Hymnus Ambrosianus"
forse perchè erroneamente attribuito a sant'Ambrogio,
inizialmente legato alla Liturgia delle Ore è divenuto,
per la Chiesa Cattolica, l'inno di lode e di rigraziamento
per eccellenza, cantato durante l'ordinazione, del vescovo,
del papa , o molto più semplicemente al termine di
ogni anno come ringraziamento a Dio per quanto, nell'anno
trascorso, ci è stato concesso. Secondo lo studioso
benedettino dom Germain Morin l'inno sarebbe stato composto
da san Niceta di Remesiana (l'attuale Bela Palanka in Serbia).
"Cantare o recitare un te deum" è
espressione piuttosto comune ad indicare il ringraziamento
per uno scampato pericolo o per la riuscita in una impresa
personale.
Telum imbelle sine ictu:
Freccia innocua e senza forza. (Virgilio, Eneide, Il, 544).
Il poeta lo dice a proposito della freccia scagliata dal vecchio
Priamo a Pirro. Nel senso figurato, significa un attacco inutile,
che lascia il tempo che trova. Si applica bene a certe critiche
che dimostrano più il livore dell’attaccante che i difetti
del criticato.
Temporibus callidissime inserviens:
Servendo con somma astuzia ai tempi. (Cornelio Nepote,
Alcibiade, I).
Cioè adattandosi astutamente ai tempi ed alle circostanze.
Plutarco dice, in proposito, che alcuni possono prendere tutti
i colori, come il camaleonte, e che anzi gli sono superiori,
perchè esso non può prendere il color bianco (figurativamente
la veste dell’innocenza)
Tempus edax:
Il tempo distrugge (le cose) (Ovidio Ex Ponto liber IV lett.
X Albinovano v.7 - "Metamorfosi liber XV v. 234").
Troviamo questa espressione nelle accorate lettere che Ovidio
dall'esilio scriveva agli amici di Roma. Sempre in questa,
diretta all'amico poeta Albinovano Pedone, troviamo, pochi
versi prima, un'altra arcinota espressione giunta fino a noi:
"gutta cavat lapidem"(= la goccia scava
la pietra). "Panta rei" (= tutto
scorre) già scriveva Democrito, tutto infatti è
soggetto a trasformazione ed il tempo inesorabilmente trasforma
e distrugge anche le cose più resistenti. Nei secoli
successivi il detto è stato variato e ora suona così:"Tempus
edax, homo edacior" (=Il tempo distrugge le cose,
ma l'uomo ancora di più), e mai affermazione
fu più vera se si pensa ai guasti e alle mutilazioni
non attribuibili all'azione distruttrice del tempo solamente
ma all'incuria e alla cupidigia dell'uomo.
Teneo lupum auribus:
Tengo il lupo per le orecchie.
Bellissima e colorata espressione per indicare la definitiva
soluzione di un problema o quanto meno per avere ormai tra
le mani la soluzione del problema medesimo.
Terminus a quo... Terminus ad quem:
Punto di partenza...Punto di arrivo.
Si indicano cioè i due termini estremi in cui s’aggira qualche
soggetto, e più frequentemente gli estremi tra i quali è contenuta
una data che non si sa precisare del tutto.
Tertium non datur:
Una terza possibilità non è ammessa (Aristotele).
Nella filosofia aristotelica, ripresa nel medioevo dagli Scolastici,
il dilemma ammette solamente due possibilità di scelta
e pertanto la traduzione del detto molto semplicemente in
italiano suona: i casi sono due o.... o.....!
Tertius e caelo cecidit Cato:
Ci è caduto dal cielo un terzo Catone (Giovenale,
Satira II, 40).
Come se non fossero bastati già due Catoni, il Censore
e l'Uticense (rispettivamente nonno e nipote) ora ne è
arrivato un terzo. Terzo Catone è chiunque che, pur
non richiesto, gratuitamente si offre ad elargire suggerimenti,
consigli, critiche e quant'altro spesso si rivela solo una
perdita di tempo da entrambe le parti.
Testis temporum:
Testimone dei tempi (Cicerone, De oratore, Liber
II, Cap. IX, 35).
Epiteto attribuito da Cicerone alla Storia. "Historia
est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra
vitae, nuntia vetustatis" (=La Storia è il testimonio
dei tempi, la luce della verità, la vita della memoria, la
maestra della vita e il messaggero del passato). Vedi: "Historia
magistra vitae"
Testis unus, testis nullus:
Un solo testimone nessun testimone (Codice giustinianeo).
Aforisma giuridico già noto e applicato, come suggerimento
di carattere generale, nel diritto romano antico e che diviene
disposizione di legge con l'entrata in vigore nel 529 del
Codice giustinianeo. La testimonianza, quindi, portata da
un unico teste non viene più accettata in tribunale
e il detto citato viene sostituito da: "In
ore duorum vel trium stat veritas" (=La verità
sta nella bocca di due o tre testimoni)... con la speranza
che questi due o tre siano di provata onestà!.
Già nella legge giudaica era in vigore tale
principio "Non stabit testis unus contra aliquem,
quidquid illius peccatum vel facinus fuerit; sed in ore duorum
aut trium testium stabit omne verbum" (=Un solo
testimonio non avrà valore contro alcuno, per qualsiasi colpa
e per qualsiasi peccato; qualunque peccato questi abbia commesso,
il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre
testimoni - Antico Test., Deuteronomio 19,5). Riferimento
a questo principio si trova anche nel Vangelo quando Gesù
rivolgendosi agli scribi e ai farisei "in lege vestra
scriptum est, quia duorum hominum testimonium verum est"
(= Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di
due persone è vera - Nuovo Test. Gv.8, 17). E ancora
viene ribadito sempre nel Vangelo (Mt.18, 15-16) "Si
autem peccaverit in te frater tuus, vade, corripe eum inter
te et ipsum solum. Si te audierit, lucratus es fratrem tuum;
si autem non audierit, adhibe tecum adhuc unum vel duos, ut
in ore duorum testium vel trium stet omne verbum"
(=Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo
fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato
il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te
una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla
parola di due o tre testimoni).
Detto
segnalato da William L.
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