Sutor, ne supra crepidam...!
Ubi allium ibi Roma:
Dove c'è odore d'aglio c'è Roma (Terenzio
Varrone, Satire Menippee, Framm. LIV, 201,1).
Sembra che i Romani fossero dei formidabili consumatori
di aglio senza distinzione di sesso e di censo se dobbiamo
dar credito a Varrone che scriveva: "Avi et atavi
nostri, cum allium ac cepe verba eorum olerent, tamen optime
animati erant" (I nostri nonni e bisnonni erano
persone di nobilissimo animo nonostante i loro discorsi sapessero
di aglio e di cipolla).
La cosa non deve stupire se pensiamo che il popolo romano
fu, per secoli, un popolo dedito all'agricoltura.
Ubi consistam :
Dove posso stare.
Punto stabile d’appoggio, base, fondamento: è
un uomo che non ha ancora trovato il suo “ubi consistam”.
Vedi anche "Da ubi consistam"
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Ubi deficiunt equi trottant aselli:
Quando mancano i purosangue fanno trottare gli asini (Teofilo
Folengo).
Conosciuto anche con lo pseudonimo di Merlin Cocai il Folengo
fu maestro impareggiabile nell'usare la lingua burlesca del
latino maccheronico dove desinenze ed assonanze proprie del
latino venivano applicate a radici della lingua italiana o
dialettale rispettandone la sintassi. La frase usata da chi
si sente considerato un tappabuchi sembra sia stata anche
pronunciata dal Card. Angelo Roncalli , futuro papa Giovanni
XXIII quando, il 6 dicembre 1944 fu nominato Nunzio Apostolico
di Parigi in seguito alla rinuncia, per motivi di salute,
del cardinale Joseph Fietta.
Ubi homo, ibi societas, ubi societas, ibi jus:
Dove esiste l'uomo c'è lo stato, dove esiste lo
stato esiste la legge.
L'uomo come scriveva Aristotele è un "animale
sociale". Per potersi relazionare con i suoi simili
necessita di regole che non basta siano buone ma è
indispensabile che vengano anche rispettate. Per ottenere
ciò è necessario un efficente sistema di controllo
e la certezza della pena in caso di trasgressione. Vorrei
che nessuno pensasse che sto parlando della nostra bella penisola,
patria del diritto, dove normalmente si fa un legge per farne
osservare un'altra sullo stesso argomento ma, come sempre,
disattesa. Vorrei ricordare che uno Stato che ha troppe leggi
e come se non ne avesse alcuna.
Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit:
Dove la legge ha voluto, si è pronunciata, dove non
ha voluto, non si è pronunciata.
Espressione giuridica per indicare che la legge deve essere
interpretata conformemente alla volontà del legislatore
e si può applicare solo ai casi previsti dallo stesso.
Troviamo anche con lo stesso significato "Ubi
lex non distinguit, nec nostrum est distinguere"
(=Quando la legge non distingue neppure noi abbiamo il diritto
di farlo).
Detto segnalato da Sara
Ubi maior minor cessat:
Quando è presente la persona con maggior autorità,
chi è di grado inferiore cessa di aver potere.
Il detto, tacitiano per la brevità, solo 4 parole,
ne richiede almeno una decina per essere reso utilizzabile
in lingua italiana ma una volta tradotto, anche se non nel
migliore dei modi, non necessita di ulteriori spiegazioni.
Usato con il significato di scaricare la responsabilità
ultima a chi più comanda equivale all'altro motto "caveant
consules". Rappresentativa di simile concetto è
la scena che troviamo al capitolo XI dei Promessi Sposi: "...il
Griso posò in un angolo di una stanza terrena il suo
bordone, posò il cappellaccio e il sanrocchino e, come
richiedeva la sua carica, che in quel momento "nessuno
gli invidiava" salì a render conto a
don Rodrigo". (Probabilmente i bravi non conoscevano
il detto nè il latino ma il concetto era loro ben chiaro)!.
Poichè l'espressione è adattabile a varie situazioni
riporto di seguito la diversa interpretazione inviatami da
due visitatori che, ovviamente, ringrazio.
"Ho sempre saputo che questa locuzione significa che
in una situazione in cui chi è al comando dimostra
di essere una persona mediocre (minor), viene messo
in disparte nel momento in cui ne entra in scena una con maggior
capacità (maior)" scrive Franca
da NY mentre Luca C. mi ricorda che "quei
romani", ben diversi da quelli attuali, mai avrebbero
pensato ad uno scaricabarile come da me scritto ed ipotizza
trattarsi di un brocardo "ante litteram"
per spiegare come una normativa giuridica a carattere
particolare debba decadere in presenza di un'altra con più
ampia portata.
Ubi nunc lex Iulia, dormis?:
Dove sei ora "lex Iulia" stai dormendo? (Giovenale
Satira II 35).
Nella seconda satira di cui il detto fa parte, Giovenale si
scaglia contro i depravati che si atteggiano a moralisti:
il solito bue che accusa l'asino di essere... cornuto e ad
uno di essi, non certo integerrimo, fa concludere una requisitoria
contro le donne con la frase citata. La "Lex Iulia
de adulteriis coercendis" voleva essere un tentativo
di ripristinare l'antica austerità morale. Sembra però
che alle matrone romane e alle loro figliole andasse un pò
stretta.
Ubi saltatio ibi diabolus:
Dove c'è danza c'è il diavolo.
La frase attribuita a san Giovanni Crisostomo, con la quale
viene demonizzata la danza, ha come oggetto la danza promiscua
e non quella che già nell'Antico Testamento era in
uso presso il popolo ebreo come espressione di preghiera gioiosa
dalla quale le donne erano escluse ...et David saltabat
totis viribus ante Dominum (Antico testamento Samuele libro
II, 6-14).(=e Davide danzava con tutte le sue forze davanti
al Signore). Certo è che, dai Padri della Chiesa
in poi, questo tipo di divertimento non dovette essere visto
di buon occhio se è stato contrastato fino a pochi
decenni fa.
Ubi sis cum tuis et absis, patriam non desideres:
Quando sei con i tuoi anche se lontano, non desideri la tua
terra! (Publilio Siro Sententiae v.635).
"E io non saprei cosa dire: la patria
è dove si sta bene" così
racconta don Abbondio al capitolo 38° de "I Promessi
Sposi" quando, non ancora a conoscenza
della morte di don Rodrigo, cerca di convincere Agnese che
la cosa migliore da fare sarebbe, per Renzo e Lucia, sposarsi
in territorio Bergamasco dove già avevano deciso di
stabilirsi.
Ubi tu Caius ego Caia:
Poichè tu sei Gaio io sono Gaia cioé Dove
tu sarai io sarò.
Nelle nozze romane si soleva chiamare lo sposo "Caius"
e la sposa "Caia". Sembra che questa frase,
indirizzata dalla sposa al marito concludesse il rito segnando
il trasferimento della donna alla nuova famiglia e rendendo
il vincolo sacro ed indissolubile. Ai tempi della Repubblica
il matrimonio detto "cum manu" prevedeva
infatti il trasferimento della patria potestà dal genitore
della sposa al marito lasciando la donna in perpetua soggezione.
Già dai tempi di Cesare però una nuova formula
detta "sine manu" consentiva alla moglie
di continuare ad appartenere alla famiglia paterna basando
il vincolo maritale solo sull'affetto reciproco e la continuità
di consenso.
E' possibile trovare nei vari testi sia "Caius
- Caia" che "Gaius - Gaia" in
quanto la lettera "C", in origine, poteva
essere pronunciata sia con il suono del "K" che
del "G" gutturale come in "gara". Solo
nell'anno 344 a.C. per evitare errori di pronuncia la lettera
"G" venne introdotta nell'alfabeto romano.
Ultima forsan:
Forse l'ultima.
Iscrizione spesso riportata su meridiane che significa: "Passeggero,
che guardi l’ora, pensa che questa potrebbe esser la tua ultima".
Su altre meridiane ve ne sono di simili: Omnes feriunt,
ultima necat (Tutte portano un dolore, ma l’ultima uccide).
Ultima ratio regum:
(La forza) è l'ultima ragione dei re.
Vedi anche: "Regum potestas finitur ubi finitur armorum
vis"
Che la forza dei cannoni consentisse ai re di avere sempre
l'ultima parola nelle contese era una delle massime del cardinal
Riechelieu da cui abbiamo preso questo motto. Sembra che Luigi
XIV lo facesse incidere sui suoi cannoni ad ulteriore dimostrazione
che la forza, nei regnanti, supplisce gli argomenti. Nella
favola di Fedro il leone fa le parti così giuste, da tenere
per sé tutta la preda!
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