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Un cucchiaino di miele
Eugenio Milza (21-07-14)

Alcuni anni or sono mi recavo di tanto in tanto in un piccolo paesino sulle nostre montagne dove possedevo una vecchia casa o meglio “ una catapecchia”. I muri erano in sasso, il tetto in “chiappe” caratteristiche lastre di pietra trovate nei boschi che costituiscono ancor oggi il manto di copertura delle case più vecchie. Di servizi igienici non v’era traccia. L’unico gabinetto era un piccolo riparo di fortuna posto in un angolo dell’orto. Era costituito da quattro pali di castagno su cui poggiava una lamiera. Attorno c’erano i fusti del granoturco privi di pannocchia. Quelli che chiamano comunemente “ i malgass” . Una tenda, ricavata da un sacco di iuta che serviva per mettervi il frumento, faceva da porta. La carta igienica era di fattura artigianale ; ritagli di giornali infilati in un chiodo. In casa, impianti a norma, neanche per sogno. La manutenzione era curata direttamente da mio nonno Ernesto e da mio zio Pietro, suo fratello e Cavaliere di Vittorio Veneto, guerra 15-18.
Quando c’erano da eliminare infiltrazioni d’acqua dal tetto non occorreva indire l’assemblea di condominio. Uno dei due appoggiava la scala alla casa poi mio nonno con una nuova chiappa in spalla saliva e sostituiva quella rotta. Pietro che era più vecchio stava a terra, alla base della scala, per assicurarne la stabilità. Sul posto, parcheggiare non è mai stato facile. Le case sono talmente a ridosso tra loro e gli spazi così limitati che nel posteggiare c’è ancora adesso il rischio che le ruote anteriori capitino sul proprio e quelle posteriori sulla proprietà del vicino. La casa era comunque a me molto cara perché vi erano vissuti i miei bisnonni, poi i nonni materni, gli zii e le zie. Terminate le scuole,vi trascorrevo una parte delle vacanze estive. Quella casa per me era l’ archivio storico dei ricordi dei miei antenati. Detto questo, voglio ricordare un fatto curioso. Circolava la voce che uno del posto, apparentemente cordiale e socievole, a volte avesse il vizio di segnare con uno sfregio le macchine di chi vi sostava. Alcuni dicevano che lo faceva per tener lontano i cercatori di funghi o di castagne, altri che aveva sempre avuto l’abitudine di fare dispetti pure da giovane, quando il luogo era anche meno frequentato. Più di uno era tornato a casa “ col ricordino” sulla macchina. Molti dubitavano di lui ma non l’avevano mai colto in flagrante. Quindi nessuno aveva potuto accusare il bravo uomo degli avvenuti misfatti e lui continuava ad agire indisturbato. Io, che ero a conoscenza della situazione, a volte non mi ci fermavo a dormire per non rischiare di trovare, al mattino, qualche spiacevole sorpresa. Da tempo, pensavo a come garantirmi maggior sicurezza ma non riuscivo a trovare una soluzione che mi convincesse. Non avevo un ricovero dove mettere la macchina nelle ore notturne e quindi avrei dovuto parcheggiarla sempre all’aperto. Finché un giorno presi una decisione. Dissi fra me : “ Voglio farmelo amico” La volta successiva portai una bella torta preparata da mia madre con le uova delle nostre galline e una bottiglia di bianco dolce e frizzante che stappo nelle occasioni importanti. Giunto lassù cercai di incontrarlo e non mi fu neanche difficile, dato i pochi abitanti rimasti. Parlammo come al solito del più e del meno : del tempo, delle nuove frane dovute all’incuria dei terreni, di qualcuno che se n’era andato per sempre e della politica che non cambia mai. Poi l’invitai in casa dove l’attendeva mia madre pronta a fare a fette la bella torta. Notai che aveva gradito molto l’invito e quella genuina accoglienza. Lui che viveva solo aveva trovato un po’ di compagnia scambiando qualche parola con noi che conosceva da tanto tempo. Da quel momento non ho più avuto timore di subire danni alla vettura. Il tempo poi, mi diede ragione. Raccontai questa storiella ad un tale che si lagnava per il comportamento di una famiglia di condomini extra comunitari ai quali aveva finito per togliere il saluto. Dopo averlo ascoltato gli dissi “ Se li faccia amici e vedrà che otterrà di più. Non ho mai saputo se mi ha dato ascolto. So invece di un vecchio proverbio molto conosciuto che dice : “ Si prendono più mosche con un cucchiaino di miele che con un barile di aceto ! ”

   
 
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