Alcuni
anni or sono mi recavo di tanto in tanto in un piccolo
paesino sulle nostre montagne dove possedevo una vecchia
casa o meglio “ una catapecchia”. I muri
erano in sasso, il tetto in “chiappe” caratteristiche
lastre di pietra trovate nei boschi che costituiscono
ancor oggi il manto di copertura delle case più
vecchie. Di servizi igienici non v’era traccia.
L’unico gabinetto era un piccolo riparo di fortuna
posto in un angolo dell’orto. Era costituito da
quattro pali di castagno su cui poggiava una lamiera.
Attorno c’erano i fusti del granoturco privi di
pannocchia. Quelli che chiamano comunemente “
i malgass” . Una tenda, ricavata da un sacco di
iuta che serviva per mettervi il frumento, faceva da
porta. La carta igienica era di fattura artigianale
; ritagli di giornali infilati in un chiodo. In casa,
impianti a norma, neanche per sogno. La manutenzione
era curata direttamente da mio nonno Ernesto e da mio
zio Pietro, suo fratello e Cavaliere di Vittorio Veneto,
guerra 15-18.
Quando c’erano da eliminare infiltrazioni d’acqua
dal tetto non occorreva indire l’assemblea di
condominio. Uno dei due appoggiava la scala alla casa
poi mio nonno con una nuova chiappa in spalla saliva
e sostituiva quella rotta. Pietro che era più
vecchio stava a terra, alla base della scala, per assicurarne
la stabilità. Sul posto, parcheggiare non è
mai stato facile. Le case sono talmente a ridosso tra
loro e gli spazi così limitati che nel posteggiare
c’è ancora adesso il rischio che le ruote
anteriori capitino sul proprio e quelle posteriori sulla
proprietà del vicino. La casa era comunque a
me molto cara perché vi erano vissuti i miei
bisnonni, poi i nonni materni, gli zii e le zie. Terminate
le scuole,vi trascorrevo una parte delle vacanze estive.
Quella casa per me era l’ archivio storico dei
ricordi dei miei antenati. Detto questo, voglio ricordare
un fatto curioso. Circolava la voce che uno del posto,
apparentemente cordiale e socievole, a volte avesse
il vizio di segnare con uno sfregio le macchine di chi
vi sostava. Alcuni dicevano che lo faceva per tener
lontano i cercatori di funghi o di castagne, altri che
aveva sempre avuto l’abitudine di fare dispetti
pure da giovane, quando il luogo era anche meno frequentato.
Più di uno era tornato a casa “ col ricordino”
sulla macchina. Molti dubitavano di lui ma non l’avevano
mai colto in flagrante. Quindi nessuno aveva potuto
accusare il bravo uomo degli avvenuti misfatti e lui
continuava ad agire indisturbato. Io, che ero a conoscenza
della situazione, a volte non mi ci fermavo a dormire
per non rischiare di trovare, al mattino, qualche spiacevole
sorpresa. Da tempo, pensavo a come garantirmi maggior
sicurezza ma non riuscivo a trovare una soluzione che
mi convincesse. Non avevo un ricovero dove mettere la
macchina nelle ore notturne e quindi avrei dovuto parcheggiarla
sempre all’aperto. Finché un giorno presi
una decisione. Dissi fra me : “ Voglio farmelo
amico” La volta successiva portai una bella torta
preparata da mia madre con le uova delle nostre galline
e una bottiglia di bianco dolce e frizzante che stappo
nelle occasioni importanti. Giunto lassù cercai
di incontrarlo e non mi fu neanche difficile, dato i
pochi abitanti rimasti. Parlammo come al solito del
più e del meno : del tempo, delle nuove frane
dovute all’incuria dei terreni, di qualcuno che
se n’era andato per sempre e della politica che
non cambia mai. Poi l’invitai in casa dove l’attendeva
mia madre pronta a fare a fette la bella torta. Notai
che aveva gradito molto l’invito e quella genuina
accoglienza. Lui che viveva solo aveva trovato un po’
di compagnia scambiando qualche parola con noi che conosceva
da tanto tempo. Da quel momento non ho più avuto
timore di subire danni alla vettura. Il tempo poi, mi
diede ragione. Raccontai questa storiella ad un tale
che si lagnava per il comportamento di una famiglia
di condomini extra comunitari ai quali aveva finito
per togliere il saluto. Dopo averlo ascoltato gli dissi
“ Se li faccia amici e vedrà che otterrà
di più. Non ho mai saputo se mi ha dato ascolto.
So invece di un vecchio proverbio molto conosciuto che
dice : “ Si prendono più mosche con un
cucchiaino di miele che con un barile di aceto ! ”
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