Guida alla visita
Dal quadrangolare
cortile d'onore,
impreziosito da logge e
porticati con capitelli
in arenaria e cotto, si
accede alla cappella di
corte o cappella
di S. Nicomede.
Qui si trovavano un tempo
un polittico raffigurante
la Madonna in trono
con il Bambino e i Santi
Antonio abate, Nicomede,
Caterina e Pietro martire,
datato 1462 e firmato da
Benedetto Bembo e una tribunetta
lignea attribuita alla
bottega dei De Baiso, decorata
a intarsi floreali e intagli
policromi, raffiguranti
lo stemma rossiano (leoane
rampante) e i cuori di Pier
Maria Rossi e Bianca Pellegrini,
sua amante.
Questi arredi si trovano
ora al Museo del Castello
Sforzesco di Milano.
Successivamente si incontra
un serie di sale
affrescate a "grottesche",
motivi tipici del sec. XVI.
Ogni sale prende convenzionalmente
il nome dalla decorazione
più rilevante: Sala
di Giove, del Pergolato,
dei Paesaggi, della Vittoria,
degli Angeli, del Velario,
degli Stemmi. I dipinti,
in assenza di documenti
d'archivio probanti, sono
stati attribuiti su base
stilistica a Cesare Baglione
e collaboratori, a Innocenzo
Martini e a Giovan Antonio
Paganino.
L'arco cronologico di esecuzione
va ristretto, sulla base
dell'interpretazione degli
stemmi, agli anni 1584-1592.
Occasione delle pitture
è l'intento celebrativo
nei confronti della famiglia
Sforza di Santa Fiora che,
divenuta proprietaria del
castello, vi svolse, dal
1575 circa, vari interventi
che ne accentuarono nettamente
la funzione residenziale:abbassamento
delle mura difensive, allargamento
di porte e finestre, trasformazione
degli spalti in frutteti
e giardini pensili.
Appartengono a questo periodo
anche i due loggiati del
lato orientale, l'elemento
di maggior apertura del
castello verso l'esterno.
Committente del ciclo a
grottesche fu il cardinale
Francesco Sforza di Santa
Fiora, figlio di Sforza
e Caterina de' Nobili.
Salendo al piano nobile,
dal salone degli
Acrobati si arriva
alla camera nuziale, nota
come Camera d'Oro,
realizzata entro il 1463.
Qui è narrata la
storia dell'amore tra il
Rossi e Bianca Pellegrini,
conosciuta alla corte milanese.
Formelle di terracotta,
in origine dorate e dipinte,
rivestono le pareti con
i motivi degli stemmi ,
dei cuori, e delle iniziali
intrecciate degli amanti.
Nelle lunette, tra putti
musicanti e animali simbolici,
è illustrata, secondo
i canoni del gotico internazionale,
la delicata storia dell'innamoramento
dei due, complice Cupido
bendato, della consegna
della spada e della corona
d'alloro al Rossi vittorioso,
del trionfo degli amanti.
Nelle vele della volta,
Bianca, abbigliata da pellegrina,
scivola leggera tra i borghi
e i castelli del feudo rossiniano,
dislocati da un estremo
all'altro della provincia,
in pianura, in collina e
nella montagna.
Il dipinto è anche
una straordinaria carta
geografica, con la topografia
essenziale dei monti, dei
corsi d'acqua, degli insediamenti,
del sistema viario, delle
culture agrarie.
Il ciclo, assegnato per
lo più a Benedetto
Bembo, ma da alcuni a Bonifacio
Bembo o a Francesco Tacconi,
è stato attribuito
anche a Gerolamo Bembo.
Dal loggiato
della Camera D'Oro, armonica
aggiunta cinquecentesca,
è possibile godere
di una panoramica veduta
del torrente, delle colline
con i vigneti e della vicina
badia.
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