Sutor, ne supra crepidam...!
Thàlassa! Thàlassa!:
Il mare ! Il mare ! (Senofonte Anabasi libro IV
7, 28).
Non è latino ma greco, e questo non sarebbe il suo
posto, ma dopo aver fatto una eccezione per "Eureka"
mi sono chiesto: perchè escludere questo? E' il grido
che Senofonte nell'Anabasi racconta rimbalzasse di bocca in
bocca tra i soldati arrivando sulla sommità del monte
Theche.
Si trattava di un contingente di circa 10.000 greci che guidati
da Clearco erano stati assoldati da Ciro il Giovane per combattere
il fratello Artaserse. A Cunassa, nello scontro finale, Ciro
rimase ucciso e i Greci, che non avevano subito gravi perdite
se non quelle dei loro comandanti, rifiutarono di arrendersi
e guidati da Senofonte iniziarono tra mille difficoltà
la marcia di ritorno che durò oltre sedici mesi tra
i deserti e le montagne dell'Asia. La gioia che essi provarono
alla vista del mare fu pari a quella che prova un naufrago
alla vista... della terra.
Tibi dabo:
Ti darò...
Troviamo simile espressione nel vangelo di Matteo,
sia in occasione delle tentazioni a Cristo da parte del demonio:"Haec
tibi omnia dabo, si cadens adoraveris me" (=Tutte queste
cose ti darò se prostrandoti mi adorerai -Nuovo testam.
Mt. 4,9) sia nel momento in cui Gesù conferisce
a Pietro la supremazia su tutti gli altri apostoli e sulla
futura Chiesa "Tibi dabo claves regni caelorum"
(=Ti darò le chiavi del regno dei cieli - Nuovo testam.
Mt 16, 15-19).
Timeo Danaos et dona ferentes:
Temo i Greci anche quando portano doni. (Virgilio, Eneide,
Il, 49).
Sono parole che Laocoonte ripete insistentemente ai Troiani,
per dissuaderli dall’introdurre fra le mura della città il
famoso cavallo ideato dalla mente astuta di Ulisse e costruito
a tempo di ricord (in soli tre giorni da Epeo). L'indovino
(diversamente che indovino sarebbe) sa che si tratta di un
inganno, ma la folla come sempre seguirà quanto le
suggerisce l'istinto e non la ragione. E' proprio su questo
atteggiamento che aveva fatto leva Ulisse nell'attuare il
suo piano che porterà alla distruzione di Troia.
Timeo hominem unius libri:
Temo l'uomo di un solo libro. (S. Tommaso d’ Aquino).
Sentenza con la quale l' Aquinate esprimeva la forza e la
competenza che acquista in un dato argomento, in una data
professione, chi si è coltivato unicamente, e quindi profondamente,
in essi. Qualcuno però la vuol interpretare con senso opposto:
"a chi è digiuno di cultura", quasi che "homo
unius libri" volesse significare "ignorante".
Tolle!:
Toglilo! (Nuovo Testamento Lc. 23,18,Gv 19,15).
La scena si svolge davanti a Ponzio Pilato che facendo riferimento
alla tradizione che imponeva in occasione della Pasqua Giudea
di liberare un condannato a morte chiede alla folla di scegliere
tra Gesù e Barabba. Tutta la folla gridò a gran
voce"Clamavit autem simul universa turba dicens ":
"tolle hunc et dimitte nobis Barabbam"
(=Tira via costui e liberaci Barabba).
Totam aeque vitam miscet dolor et gaudium:
La vita è un giusto miscuglio di dolori e di gioie.
(Fedro, Favole, Libro IV, 17, 10).
Fedro nella favoletta da cui ricava tale massima dà
questo consiglio: "Parce gaudere oportet et sensim
queri" (=Occorre gioire con moderazione e lamentarsi
senza disperarsi).
Toto corde:
Con tutto il cuore.
Espressione usata talora a significare “ben volentieri”.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Trahit sua quemque voluptas:
Ciascuno ha le proprie inclinazioni. (Virgilio, Egloghe,
Il, 65).
E il Manzoni, al cap. VII dei Promessi Sposi, parlando del
ragazzetto Menico, ce lo dipinge appunto per mezzo della sua
inclinazione particolare: "Bisogna saper che Menico era
bravissimo per fare a rimbalzello; e si sa che tutti, grandi
e piccoli, facciam volentieri le cose alle quali abbiamo abilità:
non dico quelle sole".
Transeat:
Passiamo oltre.
Comune modo di dire quando si intende soprassedere ad una
discussione o ignorare un fatto o un argomento che riteniamo
di scarso interesse. Equivale al nostro "chiudiamo un
occhio" , lasciamo perdere, non insistiamo, passiamo
oltre..."
Tres faciunc collegium:
Tre persone formano una società (Digesto, L, 50.16.85).
"Neratius Priscus tres facere existimat "collegium",
et hoc magis sequendum est" (=Nerazio Prisco sostiene
che tre individui formano una "società" e
questo è da tenere assolutamente in considerazione).
Questopersonaggio fu un valoroso generale, politico e giurista
di spicco della Roma imperiale al tempo dell'imperatore Traiano.
Tua res agitur:
Si tratta di un tuo problema (Orazio Epistolarum liber I
)
Nam tua res agitur, paries cum proximus ardet, et neglecta
solent incendia sumere vires. =Si tratta anche di un
problema tuo quando brucia la parete che confina con la tua,
gli incendi trascurati acquistano forza). Quante volte ci
sarà capitato di esclamare: "in fondo non non
sono problemi miei!" mentre è proprio questo che
il poeta ci invita a non pensare. Possiamo affermare che le
guerre in atto e le carestie che ciclicamente colpiscono i
paesi più poveri non ci interessano, che il progressivo
inquinamento del nostro pianeta, di cui ognuno di noi anche
se in minima parte è responsabile non ci tocca purché
non ci venga chiesto di rinunciare alle nostre abitudini,
e non ci chiediamo quale tipo di vita consegneremo ai nostri
figli tanto, in fondo ... "non nostra res agitur".
Tu es ille vir:
Sei tu quell'uomo. (Antico Testamento Samuele libro II 12,7).
Al re Davide, che per potere convivere con Betsabea moglie
di Uria, ne aveva fatto uccidere il marito Dio invia il profeta
Natan per invitarlo a pentirsi del peccato commesso. In una
città - racconta il profeta - vivevano due uomini,
uno ricchissimo con pecore e buoi in gran quantità
e uno poverissimo, padrone di un'unica pecorella che allevava
come una figlia. Giunto un pellegrino alla casa del ricco,
questi in suo onore allestì un banchetto e, per risparmiare
le proprie, uccise la pecorella del povero. Sentendo queste
parole il re Davide si adirò e disse al profeta:"...
Chi ha fatto questo è reo di morte, restituirà
il quadruplo di quanto sottratto..." Al termine della
regale sfuriata Natan lo raggelò con queste poche parole
:"tu es ille vir!". Abbastanza simile come
significato è anche il detto: "Mutato nomine,
de te fabula narratur
Tuetur et unit:
Difende e unisce (Motto di Matilde di Canossa).
La contessa Matilde di Canossa (1046-1115) fu una dei
principali protagonisti nel conflitto tra papa (Gregorio VII)
e imperatore (Enrico IV) passato alla storia come "lotta
per le investiture". L'iconografia la rappresenta
con una lunga veste rossa ed un melograno nella mano sinistra.
La prima ad indicare l'alto rango del personaggio e il secondo
a significare l'unità e l'universalità della
Chiesa di cui la contessa era una strenua sostenitrice. La
buccia coriacea del melograno difende e avvolge i numerosi
semi rossi come le grandi braccia della Chiesa difendono e
stringono a se i cristiani.
Tulit alter honores:
Un altro ebbe gli onori (a lui non dovuti) (Attribuita a Virgilio).
Il verso completo è questo: "Hos ego versiculos feci,
tulit alter honores", dal quale si rileva che il
Poeta si lamentava che alcuni suoi versi gli fossero stati
rubati e fatti passare sotto altro nome. In generale la frase
si cita quando uno raccoglie ove altri hanno seminato.
Tu ne cede malis, sed contra audentior ito:
Non lasciarti opprimere dalle calamità, ma va loro
incontro coraggiosamente. (Virgilio, Eneide, X, 30).
Senza sforzo, senza sacrificio, generalmente non si progredisce
nella vita.
Tu quoque Brute fili mi!:
Anche tu Bruto figlio
Doloroso rimprovero di Cesare, colpito dal pugnale del figlio
adottivo Bruto, che si era unito ai congiurati assassini.
L’esclamazione, normalmente abbreviata in ricorre ogni qualvolta
un amico ci tradisca e si trovi nel numero dei nostri nemici.
Turba medicorum perii:
Sono morto a causa dei
troppi medici (che mi hanno curato).
Arguto detto di origine
incerta. Lo troviamo citato in una lettera che Petrarca scrisse
ai primi di marzo del 1352 a papa Clemente VI ammalato di
tumore. Ricordando l'epitaffio voluto da un imperatore: "Turba
medicorum perii" (= Sono morto d'una folla di medici)
gli suggeriva di guardarsi dalle cure inflitte dai tanti medici
presenti al suo capezzale. "So - scriveva infatti- che
il tuo letto è assediato dai medici, e questa è
la prima ragione del mio timore. Contrastanti fra loro sulle
singole cure, vani di novità, .... ....Ma poiché
non abbiamo il coraggio di vivere senza medici, sceglitene
uno solo, non valente di chiacchiere ma per scienza e fedeltà".
Sul
(relata refero) la paternità del detto
viene assegnata all'imperatore Adriano e, sempre sullo
stesso sito, ho trovata un'altra perla di saggezza che sconsiglia
il fai da tè e la faciloneria:"Turba remediorum
perii" (= Sono morto per la eccessiva quantità
di medicine).
Detto segnalato da William L.
Turris eburnea:
Torre d'avorio (Antico Testamento Cantico dei Cantici 7, 3-4)
Il libro sacro da cui viene presa questa espressione presenta
una certa atipicità nel contesto biblico. Parla dell'amore
tra uomo e donna con un linguaggio piuttosto esplicito per
quei tempi ed appunto per questo corse il rischio
di essere escluso dall'elenco dei libri sacri. "...duo
ubera tua sicut duo hinuli gemelli capreae collum tuum sicut
turris eburnea ..." (=...I tuoi seni sono come due
caprioli gemelli, il tuo collo come torre di avorio...).
L'espressione "Turris eburnea" è
un attributo di Maria nelle Litanie Lauretane, così
chiamate dal santuario di Loreto dove sono nate. Ne indica
la grandezza, la fede incrollabile, la sicurezza per chi si
affida a lei, punto di riferimento come solo può essere
una costruzione di rilucente avorio facilmente individuabile
nel pericolo.
Il rovescio della medaglia lo si ha invece nell'espressione:
richiudersi nella propria "turris eburnea" ad
indicare un totale rifiuto a relazionarsi con la realtà
esterna.
...Tuta est hominum tenuitas, magnae periclo sunt opes obnoxiae:...
La mediocrità è al sicuro, le grandi ricchezze
sono esposte ai pericoli. (Fedro).
Morale della favoletta "I due muli", uno
dei quali portava oro, l’altro orzo. Al sopraggiungere dei
ladri, il primo fu derubato e ferito, mentre il secondo non
fu degnato d’uno sguardo, e rimase incolume con il suo carico.
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