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Am arcord... di nonna Mariuccia

Il gregge

................................................................................L'autunno

Le pecore scendono al piano. Fino ad ora hanno pascolatosui monti, dove non arrivano i boschi e dove si stendono i prati.
Tra poco su quei prati cadrà la neve. L’erba resterà sepolta, ma non morrà. La neve è soffice e l’erba seguiterà a respirare sotto la coltro bianca.
Ma le pecore non troveranno più il loro nutrimento sui pascoli montani.
Perciò, appena giunto L’autunno, i pastori raccolgono le greggi e le guidano verso il piano.

................................................................................In cammino.

Ecco le pecore in viaggio.
Avanti e attorno . a loro, camminano i cani da guardia. Sono bianchi come le pecore, e procedono a testa alta, guardinghi. Vegliano sulle pecore e le difendono.
Dietro ai cani vengono i montoni scuotendo il campano schiacciato. Sono seguiti dal gregge senza ordine.
A capo basso, con gli occhi tristi che non guardano , le pecore camminano a branco. Dove va l’una vanno le altre. Non si vedono che lo loro groppe lanose.
Quelle vicine alle siepi, strappano qualche foglia. Intanto i pruni strappano a loro qualche ciuffetto di lana.
Gli uccelli saranno molto contenti di trovar sulle siepi quella lana per i loro nidi!
Dietro a questo fiume di lana calda, che alza il polverone delle strade, vengono i pastori o a piedi o a cavallo , con l’ombrello a tracolla e un lungo vincastro in mano. Essi corrono dietro alle pecore che si sbrancano , spingono quelle che restano dietro zoppicando; raccolgono gli agnellini nati lungo il viaggio bianchi e rosa, belanti
Ogni tanto si volgono indietro. Nuvole dense hanno coperto i loro monti. Il vento stacca dagli alberi del piano le foglie ingiallite.

................................................................................Le città

Le greggi attraversano le città di notte. Nel silenzio, si sente sul lastricato il picchiettar fitto e sordo delle unghie. I cani non abbaiano. I pastori non gridano. Passano stupiti tra le due file di palazzi. Guardano le grandi finestre e i portoni chiusi.
Le pecore hanno invece il muso per terra. Non vedono nulla. Non c’è nessun ramo verde che le inviti ad alzare la testa. Scorrono sotto le grandi lampade elettriche, che imbiancano le loro groppe. Passano dinanzi alle belle chiese. Qualcuna esce dal branco, sale le scalinate, fiuta alle porte scolpite.
Fino alla mattina, per le vie cittadine, resta l’odore acre dei velli.

................................................................................Le pecore

Dal vello delle pecore si ricava, in primavera e in autunno la lana. Col latte si fa la ricotta e il formaggio. Anche la carne è buona da mangiare, specialmente quella degli agnelli.
Si racconta che una volta un re chiamò gli uomini più ricchi del suo regno.
Venne il primo e disse:
“Io possiedo grandi distese di terre, che faccio coltivare. Mi rendono grano, olio, vino”.
“Tu sei un gran signore “ disse il re.
Venne il secondo:
“Io possiedo barche da pesca. Le mie ciurme portano a riva ceste piene di pesce.“
“Anche tu sei un gran signore,” disse il re.
“ Ed io, “ disse un altro” possiedo miniere. I miei minatori estraggono metalli preziosi.”.
“Anche tu sei un signore”.
Comparve infine un uomo coperto di pelli caprine. “Io” disse al re “ possiedo solo fiasche di latte. Le vuoto e si riempiono; le rivuoto e si riempiono ancora. Possiedo anche mille matasse di lana. Le consumo e si riformano; le riconsumo e si riformano ancora.
“Sei dunque un mago?” chiese il re.
”No, sono un pastore” rispose l’uomo.
Il re rifletté qualche tempo poi disse: “anche la tua è una bella ricchezza!”.
Dalla pecora infatti deriva il nome pecunia, che vuol dire denaro, e i romani, su alcune monete, impressero la pecora ricca di lana e di latte.

   
 
 
 
 
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Ultimo aggiornamento: 02.10.2015  
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