Novembre pensò:
- A me non la fanno!
Salì verso il monte dove le castagne erano
già mature e attorno al frutto fece una difesa
di spine. Chi si fosse attentato di allungare le
mani verso i castagni sarebbe stato ferito dai ricci
aculeati.
Rise tristemente e mormorò tra sé,
- Io non avrò né pietà né
misericordia.
Un nuvolo nero gli scese sugli occhi bui e un'ombra
di tedio gli occupò l'anima.
Novembre si distese pigramente ai piedi di un castagno
e s'addormentò.
Lo risvegliò uno strillo acuto e un pianto
dirotto. Aprendo gli occhi vide un bambino pallido
e gracile con le manine insanguinate.
- Ah, ladruncolo! - esclamò Novembre, - ben
ti sta. Perché volevi cogliere le mie castagne?
Ho farne! -disse tra i singhiozzi il bambino.
Hai fame? - chiese ironico Novembre. - E tuo padre
non ti dà da mangiare?
Il mio babbo è morto, - disse il bambino.
- E dal troppo dolore smise di piangere.
-E la mamma?
-È morta anche lei.
Novembre sentì tremarsi il cuore. Si pentì
di essere stato così cattivo. Avrebbe voluto
dare tutte le sue castagne all'orfano affamato,
ma come fare? I ricci spinosi non permettevano di
cogliere i frutti.
Si sentì allora maggiormente colpevole. Per
avidità egli aveva reso crudele un frutto
dolcissimo. Il suo peccato era grave. Solo il Creatore
poteva perdonarglielo. Sinceramente pentito esclamò
:
-Signore, perdona la mia avarizia!-e si fece il
segno della croce.
A quel gesto religioso anche il riccio della castagna
s'aprì. S'aprì in croce, e tre belle
castagne fecero capolino tra le spine.
-Prendi pure, - disse Novembre al bambino.- Iddio
mi ha perdonato. Ora voglio condurre una vita di
preghiera e di carità.
Il suo primo pensiero andò ai Morti, a tutti
i Morti.
-Bisogna esser buoni, - disse Novembre pensando
che soltanto le opere buone contano dinanzi a Dio.
Il suo secondo pensiero fu per i Santi, per tutti
i Santi.
-Bisogna esser Santi, - disse Novembre, e scese
verso la sua casa dove l'Autunno lo attendeva.
-Che hai fatto delle tue castagne? - gli chiese
il padre.
-Le ho difese con crudeltà, - rispose Novembre,
- ma poi Dio mi ha toccato il cuore, e allora le
ho donate ai bisognosi. Ora voglio mutar vita. Non
mi importa nulla d'arricchire. Non voglio aver tesori
in terra. Lavorerò per i miei fratelli. Arerò
la terra, seminerò, ma lascerò che
gli altri raccolgano. Non desidero vestiti fioriti,
non aspiro a giornate di sole. Mi basta lavorare
e pregare.
- Fai come credi, - gli rispose l'Autunno e gli
dette la sua benedizione.
Novembre prese gli attrezzi da lavoro e uscì
di casa serio e meditabondo. Si guardò attorno.
Brandelli del vestito ritinto di Ottobre erano ancora
attaccati ai rami scheletriti degli alberi. I campi
apparivano desolati. Soltanto i cipressi scuri e
severi, se ne stavano composti e solenni ai margini
dei poderi e attorno ai cimiteri.
Novembre colse alcuni rami di cipresso e se ne fece
un saio austero. Staccò le coccole amare
e se ne fece un rosario.
Poi si mise a lavorare, curvo e attento, e quando
si sentiva stanco di lavorare, pregava.
Lavoro e preghiera. Questa fu la vita di Novembre,
il mese più serio, durante il quale non sbocciano
fiori, non maturano frutti, ma si fanno le opere
più utili e meritorie dell'anno.
Realizzato
da Luca, Catia, Mariuccia e Antonio.
Ottimizzato per Internet Explorer e Mozilla Firefox, risoluzione consigliata
800*600 - 1024*768 pixel.
Tutti i diritti riservati.