Ottobre tornava verso casa con un paniere di fichi
ben maturi in capo, e con le mani piene di bei penzoli
d’uva.
Incontrò per via la vecchia Estate ospite
dell’Autunno.
Veramente essa doveva essere già partita
dal 21 settembre, ma ghiotta dei bei frutti che
ancora dovevano maturare, si era raccomandata all’Autunno.
“Tiemmi ancora con te “ gli aveva detto
supplicando, “ cercherò di esserti
utile ti regalerò qualche sperata di sole
tra i tuoi giorni piovosi”.
L’Autunno, bonario e anche un po’ indolente,
aveva acconsentito;
”Resta pure, ma non ti far troppo vedere,
altrimenti la gente crederà le leggi del
calendario siano sovvertite. Sta sull’aia
e prenditi cura di queste pannocchie tardive”.
Ma l’Estate ogni tanto faceva qualche scappata
nei campi, ghiotta dell’uva e dei fichi.
Quando incontrò Ottobre carico di questi
frutti, senti venirsi l’acquolina in bocca,
“Ottobrino caro” disse con la sua voce
calda e persuasiva, “mi regali codesto paniere
di fichi e i penzoli d’uva che hai in mano?”.
”Mi dispiace, “rispose Ottobre soffermandosi,
“ ma devo portare questa roba a casa. Tu sai
come queste frutta siano le ultime dell’anno.
Bisogna pensare ai giorni magri. Con i fichi faremo
la conserva per le merende e i penzoli li attaccheremo
al palco perché durino a lungo”.
“ Ottobrino caro, non mi dire di no. Vedi
come sono vecchia. Ho bisogna di nutrimento. Tu
invece sei giovane e bello.
Ottobre sapeva di non essere bello, anzi credeva
di essere bruttino,
“Non mi fare complimenti fuori luogo, “disse
alla vecchia Estate, la quale si fece più
insinuante e continuò: “Tu saresti
invece un mese bellissimo. Sai perché non
brilli sui tuoi fratelli? Perché sei vestito
male; L’Autunno ti manda come uno straccione,
scalzo, motoso e rattoppato ma se tu mi regalassi
i tuoi frutti, io ti farei in compenso un bel vestito
nuovo. Hai visto come sono ornati i miei mesi? Hai
visto Luglio vestito tutto d’oro? E Agosto
ricoperto di damasco viola? E Settembre vestito
di raso celeste? Con poco farei anche a te un vestito
bellissimo, se tu fossi gentile con me”.
Ottobre era un contadinello inesperto. Credette
alle parole della vecchia Estate e fu preso dall’ambizione
di un bel vestito nuovo. .
“Tieni ” disse passando nelle mani dell’Estate
i penzoli d’uva. “ Bada però,
che voglio un vestito meraviglioso”.
Così dicendo si tolse dal capo la cesta dei
fichi e la donò all’Estate.
“ Stanotte, “gli promise la vecchia
stagione, “lavorerò per te”.
Ma durante la notte invece di cucirgli un vestito
nuovo,l’Estate ritinse all’Ottobre i
suoi poveri cenci. Li tuffò in un bel color
giallo arancione, poi in un rosso sangue, in un
viola caldo.Prese dei vecchi pampani, li seccò
e quando ebbero preso un colore di fuoco ne fece
una bella bavera. Con le foglie gialle dei pioppi
compose una trina; con quelle rugginose delle querci
fece risvolte e gale.
Quando Ottobre svegliandosi vide ai piedi del letto
quel vestito pieno di bei colori credette davvero
che fosse nuovo. Lo indossò in fretta e uscì
fuori impaziente di farsi vedere.
Cosi rivestito pareva una fiamma. I colori erano
anche troppo accesi, ma Ottobre preferiva i colori
violenti a quelli smorti.
“ Che bel vestito! “cantavano gli uccelli
di passo, ma seguitavano il loro viaggio.
“ Perché non vi fermate? “gridò
Ottobre. “ Vedete come sono bello!”.
“ Il tuo vestito é bello, ma non dura,
“ gli risposero gliuccelli migratori rigando
il cielo.
“ Come non dura? E nuovo. Me lo ha fatto l’Estate
stanotte”.
Gli uccelli non risposero, perché impegnati
a lottare contro il vento che scendeva dai monti.
“Vieni pure, vento, “ disse Ottobre
gonfiando il petto. “Non ti temo. Ho il mio
vestito nuovo”.
Ma quando il vento lo investì, le foglie
secche volarono via,i piccioli aridi si staccarono.
Con un rumore aspro il vecchio vestito ritinto andò
in pezzi e il povero Ottobre rimase nudo a tremare
e a piangere dell’inganno che gli era stato
fatto.
Corse a cercare la vecchia Estate. Era partita per
sempre, lasciando i campi spogli e senza frutta,
gialli di foglie morte, rossi di foglie secche.
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