Sutor, ne supra crepidam...!
Hodie mihi, cras tibi:
Oggi a me domani a te.
È il monito d’oltretomba che par di leggere su ogni lapide
del Cimitero. Nel linguaggio ordinario, però, s’indirizza
a persone che dovranno passare per le stesse difficoltà
nelle quali qualcuno attualmente si trova. Si usa in senso
ironico in occasione di onorificenze o ricompense straordinarie.
Homo doctus in se semper divitias habet:
L’uomo dotto ha sempre seco le sue ricchezze. (Fedro,
Favole, Libro IV, 22, 1).
La sentenza si trova nella favola di Simonide che, fatto
con altri naufragio, per il suo sapere ottenne vesti, denari,
servi ed onori, mentre gli altri naufraghi, perdute le ricchezze
che avevano, rimasero al verde.
Homo homini lupus:
L’uomo è un lupo per l’uomo (Plauto,
Asinaria, Il, 4, 88).
Cioè l’uomo è nemico dei suoi simili, fa loro del male.
Fortunatamente è solo l’egoista al quale va attribuita la
sentenza perchè come ricorda Erasmo da Rotterdam,
che del detto dà una diversa interpretazione modificandolo
come segue:"Homo homini aut deus aut lupus"
(= l'uomo per il suo simile può essere simile a un
dio o simile a un lupo.)
Homo in periclum simul ac venit callidus, reperire effugium
quaerit alterius malo:
L’uomo astuto, quando si trova in qualche pericolo,
suole uscirne con danno degli altri. (Fedro).
Fedro lo conferma con la favola della Volpe caduta nel pozzo,
cui il Caprone dall’orlo domandò di che sapore fosse l’acqua.
"Tanto dolce, rispose la Volpe, che non riesco a saziarmene".
Calatosi quello nel pozzo, la volpe, arrampicandosi sulle
sue corna, riuscì a fuggire, lasciandolo sul fondo.
Homo longus raro sapiens; at si sapiens, sapientissimus:
L'uomo alto raramente è sapiente però, nell'eventualità
che, (nonostante l'altezza), sia sapiente sarà di
sapienza eccezionale. (???).
"Relata refero". Pur non concordando
con quanto sostenuto, ritengo corretto segnalare il detto.
Non credo che l'essere più o meno alti possa favorire
o negare la capacità di giudicare il corso degli
avvenimenti ed il valore delle cose. Simile trovata sembra
il tentativo di rivalsa di un piccoletto nei confronti di
chi è più prestante. Tante sono le massime
consolatorie coniate "ad hoc" per crearsi
un alibi psicologico: Piove ad un matrimonio... sposa bagnata
sposa fortunata! Ad una ragazza spunta qualche pelo di troppo...
donna baffuta è sempre piaciuta, donna pelosa donna
virtuosa... e pensare che loro, poverine, ne farebbero volentieri
a meno. La prima parte del detto ha una corrispondenza nel
proverbio italiano:"Albero grande fa più ombra
che frutto".
Detto segnalato da Massimo
Homo militaris:
Veterano, vecchio soldato (Sallustio, Bellum Catilinae,
59,20).
Sinonimo di "veteranus" era colui
che aveva percorso tutti i gradi della carriera militare,
iniziando spesso dalla gavetta. I più alti gradi
della carriera erano il "tribunus militum"
ufficiale di grado superiore al quale spettava
il comando di legione, il "praefectus"
da "praeficio" (=essere a capo) che poteva
essere "praefectus equitum" (=comandante
della cavalleria), "praefectus fabrum"
(=Comandante del genio)... Veniva poi il "legatus"
capo di stato maggiore del comandante dell'esercito ed in
caso di necessità sostituto nel comando: normalmente
i legati erano due e comandavano le ali.
Il comandante supremo in un primo tempo era detto"praetor"
(=guida, capo, colui che va avanti) da "praeitor"
che a sua volta deriva dal verbo "prae-ire"
(=guida, capo, colui che va avanti). Successivamente venne
sostituito con il termine di "imperator"
(=comandante in capo).
Il ricordo dell'antica parola rimase in "praetorium"
(=tenda del comandante) e in "cohors praetoria"
(=guardia del comandante).
Homo natus de muliere brevi vivens tempore, repletur
multis miseriis:
L'uomo nato da donna ha vita corta ed è
ricolmo di molte miserie.
Il concetto è una rielaborazione di quanto
scritto nel libro di Giobbe (Giobbe, 14, 1-2) "Homo
natus de muliere, brevi vivens tempore, commotione satiatur.
Qui quasi flos egreditur et arescit et fugit velut umbra
et non permanet".(= L`uomo, nato di donna, breve
di giorni e sazio di inquietudine, come un fiore spunta
e avvizzisce, fugge come l`ombra e mai si ferma).
Homo novus:
Uomo nuovo (Sallustio, Bellum Iugurthinum, 4).
Con questo termine venivano definiti quei cittadini che,
primi della loro famiglia erano riusciti a conseguire le
magistrature curuli, considerate titolo di nobiltà,
pur non appartenendo ai "nobiles" o ai
"patricii". Era pur vero che nel 445
a.C. la legge Canuleia abolendo, almeno sulla carta, il
divieto di unione tra patrizi e plebei consentiva a questi
ultimi di accedere a cariche pubbliche ma questo raramente
capitava. "Nobiles" erano detti quelli
che avevano esercitato le magistrature curuli e che godevano
ereditariamente dello "ius imaginum"
ma di ben altri lombi erano gli appartenenti alla "gens".
Era, questa, la nobiltà più alta ed antica
formata da un gruppo di "familiae" risalenti
ad uno stesso "pater" e "patricii"
si chiamarono i discendenti delle più antiche "gentes",
cioè di coloro che secondo la tradizione avevano
fatto parte del primo senato (consiglio dei "patres")
istituito da Romolo.
Se nell'antica Roma "Homines novi" furono
Cicerone , Caio Mario, Catone il censore, Sallustio... oggi
potremmo definire tale il lavoratore dipendente,
non figlio del titolare dell'azienda, che della stessa ne
diventa direttore o addirittura proprietario.
Homo sine pecunia est imago mortis :
L'uomo senza soldi è l'immagine della morte.
Diciamo tutti che i soldi non fanno la felicità...
però una mano a migliorare la vita la danno sicuramente!
Homo sum, nihil humani a me alienum puto:
Io sono uomo e nulla di ciò che è proprio
dell’umanità, mi è estraneo
(Terenzio Il punitore di se stesso atto I v. 77).
Il severo Meneremo, costringe il figlio Clinia ad arruolarsi
come soldato per separarlo da Antìfila, ragazza innamorata
ma povera. Pentitosi dell'errore, per autopunirsi, vende
i suoi beni e si ritira in campagna, sottoponendosi a lavori
massacranti. Cremète, che possiede un campo vicino
al suo, notando il comportamento del vecchio lo invita ad
aprirsi con lui, contribuendo con il suo atteggiamento a
modificarne lo scontroso carattere.
In questa commedia dove si affronta il problema pedagogico
del rapporto fra genitori e figli, è proprio il vecchio
Cremete a pronunciare tale frase. Terenzio sente tutta la
nobiltà della solidarietà umana e le gioie e i dolori dei
suoi simili lo toccano profondamente. In generale, però,
si cita la sentenza deturpandone il significato: "Sono uomo,
e come tale sono soggetto a tutte le miserie dell’umana
natura; quindi compatitemi se talvolta cado in errori o
in difetti".
Detto segnalato da Marina M.