Sutor, ne supra crepidam...!
Paenitere tanti non emo:
Non pago così caro un pentimento (Aulo Gellio,
Noctes Atticae, Libro I, 8,6).
Sono le parole che, Demostene (politico ed oratore
greco) rivolse alla cortigiana Laide .
Un detto greco sconsigliava di recarsi a Corinto se non si
era disposti a pagare la tariffa che Laide chiedeva.
“Ad hanc ille Demosthenes clanculum adit et, ut
sibi copiam sui faceret, petit. At Lais myrias drachmas poposcit,
hoc facit nummi nostratis denarium decem milia. Tali petulantia
mulieris atque pecuniae magnitudine ictus expavidusque Demosthenes
avertitur et discedens "ego" inquit "paenitere
tanti non emo". Sed Graeca ipsa, quae fertur dixisse,
lepidiora sunt: "Ouk onoumai, inquit, myrion drachmon
metameleian.” (= Lo stesso Demostene di nascosto
si recò da lei e chiese di potersi unire a lei. Laide
pretese diecimila dracme che equivalgono a diecimila dei nostri
denari. Ferito e spaventato per la sfacciataggine di tale
donna le girò le spalle: “Io” disse”
a questo prezzo non compro un pentimento. Ma l’espressione
greca , che si racconta abbia usato, è più arguta:
“non compro”disse“ un pentimento da diecimila
dracme).
Mi vien da pensare che il vezzo dei politici di accoppiarsi
a quelle che, di volta in volta, sono state definite etere,
cortigiane, falene, passeggiatrici, peripatetiche, prostitute,
donne di malaffare, stagiste, escort ed altro ancora, abbia
radici lontane.
Palam vel clam:
Apertamente o in segreto (A. Manzoni, I Promessi sposi cap
XVIII).
L'espressione latina "palam est"
significa "lo sanno tutti" ed il suo contrario "clam",
significa ovviamente "di nascosto, all'insaputa di".
Ne "I promessi sposi" troviamo i due avverbi
nel dispaccio che il capitano di giustizia invia al podestà
di Lecco con la richiesta di indagare se un certo Lorenzo
Tramaglino fuggito da Milano sia tornato "palam vel
clam" al suo paese...
Panem et circenses:
Pane e divertimenti nei circhi (Giovenale, Satire, X, 81).
È il grido dei Romani che facevano consistere la felicità
nel grano distribuito loro gratuitamente dallo Stato e nei
giuochi del Circo: una vera vita da epicurei. Se ne hanno
vivissime rappresentazioni nel romanzo "Quo vadis".
Papa pater patrum peperit papissa papellum:
Una papessa che era papa, padre dei padri, partorì
un piccolo papa (Epigramma medioevale).
La papessa Giovanna è stata una figura leggendaria
di papa donna, che avrebbe regnato sulla Chiesa dall'853 all'855.
È considerata dagli storici alla stregua di un mito
o di una leggenda medievale.
Parce mero, coenato parum; non sit tibi vanum surgere post
epulas; somnum fuge meridianum:
Non esagerare col vino, fai una cena leggera; non essere
pigro ad alzarti da tavola; non fare la siesta pomeridiana
(Regimen Sanitatis Salernitanum).
Il Regimen Sanitatis Salernitanum o De conservanda
bona valetudine è un'opera collettiva, anonima, che
riassume i precetti igienici dettati dalla Scuola Medica Salernitana.
Parcere subiectis et debellare superbos:
Risparmiare quanti si sottomettono e sconfiggere i superbi.
(Virgilio, Eneide, VI, vv. 851-853).
Si tratta della conclusione del celebre passo in cui Anchise
indica al figlio, sceso con la Sibilla nel regno dell'Oltretomba,
la natura e il carattere della immortale civiltà di
Roma. La Città Eterna avrà nei secoli, secondo
le epiche parole di Anchise, "Tu regere imperio populos
Romane memento: haec tibi erunt artes, pacisque imponere morem,
parcere subiectis et debellare superbos" (=Ricordati
Romano di imporre la tua autorità ai popoli, questo
sarà il Tuo ruolo, imporre usanza di pace, risparmiare
quanti si sottomettono e stroncare chi s'oppone) la superiorità
militare, politica, organizzativa e giuridica su tutti popoli.
Nulla di epico, invece troviamo in Don Abbondio, al cap. XXIII
de "I Promessi Sposi" quanto, costretto a recarsi
nel castello in compagnia dell'Innominato, rivolge allo stesso
"un'occhiata pietosa che diceva: sono nelle vostre mani:
abbiate misericordia: parcere subiectis".
Parce sepulto!:
Perdona al sepolto. (Virgilio, Eneide, III, 41).
Perdona a chi è morto: Inutile continuare ad odiare dopo la
morte.
Par condicio:
Uguale condizione.
Espressione desunta della frase del linguaggio giuridico romano
“par condicio creditorum”, che, in campo
fallimentare, affermava il principio della parità di
condizione dei creditori. Negli anni Novanta è entrata
nel linguaggio politico nella sua formulazione ridotta, a
indicare la parità tra soggetti politici nell’accesso
ai mass media, e poi usata estensivamente con altri significati
analoghi.
Detto segnalato e commentato da
Carlo T.
Pares cum paribus facillime congregantur:
I simili si accompagnano molto più facilmente con i
loro simili.(Cicerone, Cato Maior de Senectute, III.7
)
Antico proverbio che Catone cita rispondendo a Lelio che si
meraviglia come, contrariamente a tanti, lui ha accettato
con serenità la vecchiaia. Essa, spiega, è una
conseguenza ineluttabile della giovinezza e il rifiutarla
come Caio Salinatore, Spurio Albino e tanti altri, che cita
come esempio, è voler combattere contro gli dei e nessuna
consolazione potrà lenire una così stolta vecchiaia
"nulla consolatio permulcere posset stultam senectutem".
Nelle citazioni simile espressione viene spesso sostituita
da "similes cum similibus congregantur"
o da "similia cum similibus congregantur"
acquistando una connotazione prettamente negativa. Molto simile
è il concetto espresso dal nostro proverbio: "Dimmi
con chi vai e ti dirò chi sei". (Segnalazione di
Rita G.)
Pari passu:
In ugual proporzioni, di pari passo, allo stesso modo.
In ambito economico è una clausola di parità
dei crediti. Praticamente è l'impegno esplicito del
debitore che il suo debito godrà di pari trattamento
rispetto agli altri suoi crediti non garantiti.
Paritur pax bello:
La pace si ottiene con la guerra. (Cornelio Nepote, Epaminonda,
V).
L'attuale atteggiamento delle "superpotenze"
ha origini antichissime.
Par pari refertur:
Pareggiare i conti. (Antico Test. Esodo v.23-25).
E' questa una delle regole dettate da Mosè agli ebrei usciti
dall'Egitto e verrà abrogata nel Nuovo Testamento (Mt.
5, 38 e segg.). Si tratta della famosa legge del taglione
dove la pena applicata doveva essere identica al danno causato:
Vita per vita, occhio per occhio... piede per piede... livido
per livido. Contrariamente a quanto può sembrare per
il nostro attuale modo di intendere la giustizia, la legge
mosaica rappresentava una notevole innovazione per quei tempi.
Non dimentichiamo infatti che presso gli antichi popoli la
pena inflitta per una offesa veniva decisa ed applicata dall'offeso
a sua discrezione, indipendentemente dalla gravità
del torto di cui fosse stato vittima.
Equivale al nostro proverbio: rendere pan per focaccia.
Parturient montes: nascetur ridiculus mus:
Partoriranno i monti: nascerà un ridicolo topo. (Orazio,
Ars poetica, 139).
Il Poeta critica quegli scrittori che promettono mari e monti,
e che poi non sanno mantener le promesse.
Parva libellum sustine patientia:
Sopporta con un pò di pazienza il mio libretto. (Fedro,
Favole, Libro IV, 7, 3).
Fedro parla del suo volumetto di favole, che, lungi dall’essere
tollerato con pazienza, ebbe tale successo che fu tradotto
in quasi tutte le lingue e commentato dai migliori autori.
Parva necat morsu spatiosum vipera taurum:
La piccola vipera uccide con il morso il possente toro (Ovidio
Remedia amoris 421).
Vedi "A cane non magno saepe tenetur aper"
(= Spesso il cinghiale viene catturato da un piccolo cane).
Parva sed apta mihi:
Piccola ma sufficiente per me.
Simpatica scritta posta sulla porta della casa di Ludovico
Ariosto quando nel 1525 tornò dalla Garfagnana, dove era governatore,
nella città di Ferrara in cui si stabilì definitivamente "Parva,
sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida... (Piccola,
ma sufficiente per me, su cui nessuno può vantare diritti,
non sporca,...)
Passim:
Qui e là.
Avverbio latino molto in uso fra gli scrittori quando la stessa
espressione risulta utilizzata o da più autori o dallo stesso
ma in diverse opere. Anziché citare tutti i riferimenti,
operazione lunga e laboriosa, si usa scrivere il nome dell'autore
o degli autori e far seguire il tutto dall'avverbio "passim"
Pater familias:
Il padre di famiglia.
Padre padrone così si poteva considerare il capo famiglia
nell'antica Roma. Capo indiscusso di tutto il clan, a lui
erano sottomessi figli e figlie, schiavi, nuore... Su tutti
costoro poteva esercitare il diritto di vita o di morte arrivando
il suo potere ad essere, a volte, più forte di quello
politico. Al suo trapasso cambiava il suonatore ma non la
musica perché il figlio maggiore ne ereditava l'esercizio
del potere.
Pater peccavi in caelum et coram te:
Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te (Nuovo
Testam. Lc. 15,18)
"Surgam et ibo ad patrem meum et dicam illi: Pater, peccavi
in caelum et coram te et iam non sum dignus vocari filius
tuus; fac me sicut unum de mercennariis tuis”.(=Mi
leverò e andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono
più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come
uno dei tuoi salariati). Sono le parole del figliol prodigo
che, dissipata l'eredità paterna e trovandosi in difficoltà
decide di tornare dal padre che, nella sua bontà, non
si limiterà solo a cancellarne la colpa ma a riprenderlo
come figlio.
Patiens quia aeternus:
Paziente perché eterno (sant'Agostino)
Con questa affermazione sant'Agostino spiega l'immutabile
pazienza di Dio, al di sopra dei disordini e dei delitti che
accadono nel mondo: Mi viene da supporre che dovevano averne
combinate di tutti i colori quanti sono stati castigati con
il "Diluvio Universale". Vorrei ricordare ai nostri
politici che non essendo noi... "eterni"
prima o poi rischiano di vederci perdere la pazienza e di
essere presi a calci... là "dove non v'è che luca".
Patria est ubicumque est bene:
La patria è dove si sta bene. (Cicerone. Tusc.,
V, 37, 108).
Da osservare però che la dolorosa constatazione non è il pensiero
di Cicerone, ma da lui riportata come detta da Pacuvio. (Pacuvio
framm 19). Con l'enciclica "Quadragesimo anno"
papa Pio XI, criticando l'imperialismo internazionale del
denaro (paragr. 109) scrive "...illinc vero non minus
funestus et exsecrandus rei nummariae internationalismus seu
imperialismus internationalis cui, ubi bene, ibi patria est"
(=...dall'altra non meno funesto ed esecrabile, l'internazionalismo
bancario o imperialismo internazionale del denaro, per cui
la patria è dove si sta bene. ). Il concetto viene
così espresso da don Abbondio al cap. XXXVIII dei Promessi
Sposi: (e io non lo saprei cosa dire: La patria è
dove si sta bene) ma è possibile trovare anche
con identico significato: "Ubi Panis ibi
patria" (= La patria è quella in
cui ci si può sfamare).
Pauci quos aequus amavit Iuppiter:
I pochi mortali che il giusto Giove predilesse. (Virgilio,
Eneide, VI, 129).
Par di sentire l’evangelico: "Multi sunt vocati,
pauci vero electi". Il Poeta intende parlare dei
rari mortali che hanno potuto ritornare dal Tartaro. Ma il
verso si applica generalmente ai baciati dalla fortuna, a
quelli che si trovano in condizioni privilegiata di prosperità.
Paucis temeritas est bono multis malo:
La temerarietà è utile a pochi, è nociva
a molti. (Fedro, Favole, Libro V, 4, 12).
Come sosteneva Tito Livio: "la temerarietà non
è sempre fortunata", e Cicerone aggiungeva: "se
la prudenza è propria della vecchiaia, la temerarietà
è propria della giovinezza".
Paulo maiora canamus:
Cantiamo cose alquanto più complesse. (Virgilio,
Egloghe, IV, 1).
Si cita la frase per passar da argomenti frivoli a cose più
interessanti, o da qualche argomento doloroso ad altro più
consolante.
Pauper Aristoteles cogitur ire pedes:
Il povero Aristotele è costretto ad andare a piedi.
L'insegnamento da sempre è una professione mal
retribuita ma almeno un tempo era riconosciuta la capacità
educativa dell'insegnante.
Paupertas impulit audax:
(Mi) spinse la povertà audace. (Orazio, Epist.,
Il, 2, 51).
Il Poeta dice che fu l’indigenza che lo spinse a far versi;
ma nel significato generico la frase vuoi dire che la povertà
spinge a far cose temerarie, che non si farebbero senza il
suo stimolo.
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