Sutor, ne supra crepidam...!
Attrectare nefas:
Non è lecito toccare ( Virgilio Eneide libro II v.
718).
La religione pagana vietava a chiunque avesse le mani macchiate
di sangue di toccare arredi sacri o statue delle divinità.
Era obbligo in simili occasioni lavare prima le mani con acqua
attinta ad una fonte.
Nel linguaggio comune si usa per invitare qualcuno a non allungare
troppo le mani su cose delicate o a lui non destinate
Audacter calumniare, semper aliquid haeret:
Calunnia senza timore: qualcosa rimane sempre attaccato (Francesco
Bacone, De dignitate et augmentis scientiarum).
Amara considerazione: in questi ultimi anni, indipendentemente
dalle idee e dagli schieramenti, tutti i nostri politici,
hanno fatto largo uso di questo detto spandendo a piene mani
letame sul partito avverso.
Ero a conoscenza della versione francese attribuita a Voltaire,
ma non sapevo ne esistesse una latina di Francesco Bacone
(filosofo inglese, 1561-1626) vissuto quasi un secolo prima
di Voltaire.
Detto segnalato da Paolo M.
Audax Iapeti genus:
L'audace progenie di Giapeto (Orazio, Od. I, 3).
Il poeta parla qui di Prometeo, il dio del fuoco; ma la citazione
si riferisce al genere umano, che con le sue attuali e continue
scoperte, ne giustifica appieno l’applicazione.
Audendum est, fortes adiuvat ipsa Venus:
Bisogna osare, la stessa Venere aiuta i forti (Tibullo Elegie
libro I eleg. II v.16).
Effettivamente la stessa Venere ha sempre cercato di dare
il buon esempio (o cattivo? decidete voi!). Sposa del dio
Vulcano, che zoppo e sempre sporco di morchia per il lavoro
che svolgeva non doveva essere troppo attraente come pure
non dovevano essere dei belloni con quell'unico occhi in mezzo
alla fronte i Ciclopi suoi collaboratori, non disdegnò
la compagnia di Marte, il prestante dio della guerra, di Anchise,
di Bute e Adone, tutti giovani, bellocci e nerboruti tanto
per ricordare i più noti. Perfino "donna Prassede"
(I Promessi Sposi cap XVII) parlando del costume
delle giovani diceva: "quando hanno nel cuore uno scapestrato
(ed è lì che inclinano sempre), non se lo staccan
più. Un partito onesto... ...son subito rassegnate;
ma un rompicollo, è piaga incurabile".
Audentes fortuna iuvat:
La fortuna aiuta gli audaci. (Virgilio., Eneide libro
X, 284).
Sono le parole con cui Turno incita i Rutuli alla battaglia
contro i Troiani. Per bocca di questo impavido personaggio
che nessuna situazione, per quanto imprevista, riesce a turbare,
Virgilio raccomanda di non lasciarsi abbattere dai colpi avversi
di fortuna, ma di andare sempre avanti con coraggio e con
maggiore audacia. Con lo stesso significato si trova anche
l'espressione "Audaces Fortuna iuvat, timidosque
repellit", della quale normalmente viene usata sola
la prima parte.
(Segnalazione di Maurizio B.)
Audi alteram partem:
Ascolta anche l'altra parte..
"Ascolta anche l'altra campana" diciamo anche noi
oggi quando ci vengono riportati pettegolezzi e maldicenze.
Audistine modo de Carneade?:
Hai sentito recentemente su Carneade? (Cicerone, Rethorica,
De Finibus, Libro V).
A chi, leggendo queste parole di Cicerone, non torna
alla mente il "Carneade! Chi era costui"
incipit del capitolo VIII dei Promessi Sposi? L'espressione
è diventata oggi di comune uso per indicare meraviglia
di fronte ad un perfetto sconosciuto quale infatti era il
filosofo per don Abbondio. Anche sant'Agostino ebbe occasione,
dopo Cicerone, di parlare del filosofo di Cirene (213-129
a.C.) nel dialogo "Contra Academicos" (Libro
I, 3.7) ed è proprio dal dialogo tra Licenzio
e Trigezio che certi commentatori del romanzo ritengono che
l'autore abbia preso ispirazione. "Tum Licentius:
Carneades, inquit, tibi sapiens non videtur?. Ego, ait, graecus
non sum, nescio Carneades iste qui fuerit!" (= Allora
Licenzio chiese: non ti sembra che Carneade fosse sapiente?.
Io, rispose (Trigezio), non sono greco e non so chi sia questo
Carneade) .
Auferre, trucidare, rapere, falsis nominibus imperium, atque
ubi solitudinem faciunt, pacem appellant:
Rubano, massacrano, rapinano, e con falso nome lo chiamano
impero (nuovo ordine) e laddove creano desolazione, quella
chiamano pace (Cornelio Tacito, De vita et moribus Iulii Agricolae,
30).
L'espressione, spesso parafrasata con "desertum fecerunt
et pacem appellaverunt", (=fecero un deserto e lo
chiamarono pace) è diventata una citazione quasi obbligata
nelle contestazioni degli imperialismi moderni. Violentemente
critica nei confronti dell'azione imperialista di Roma la
frase viene da Tacito attribuita al comandante caledone Calcago
nel discorso alle truppe prima della battaglia del Monte Graupio
(83 d.C.). Meno di un secolo prima (29-19 a.C) ben diverso
era l'atteggiamento romano se Virgilio nell'Eneide scriveva:"
"Tu regere imperio populos Romane memento: haec tibi
erunt artes....) (vedi )
(Detto segnalato e commentato da Franco C.)
Aura popularis:
Il vento popolare.
Dopo il vento che cosa c'è di più incostante
del "favore del popolo" voltabandiera e voltagabbana?
Aurea mediocritas:
Mediocrità aurea (Orazio, Odi, Il, 10, 5).
Nel contesto oraziano significa che la condizione media, deve
essere preferita ad ogni altra.
Auri sacra fames!:
Esecrabile desiderio dell'oro (Virgilio Eneide libro III,
57).
A cosa non spingi tu gli animi umani o deprecabile desiderio
di ricchezza! "Quid non mortalia pectora cogis, auri
sacra fames?" E' l'accorata esclamazione di Polidoro
che, ucciso dal cognato Polimnestore per depredarlo delle
sue ricchezze, lamenta come l'animo umano, se non è
guidato dalla ragione, può essere portato ad azioni
e obbiettivi opposti a quelli per qui è stato creato.
Lo stesso concetto circa la debolezza della natura umana che
facilmente è preda delle tentazioni e delle passioni
viene ripreso da Dante al Canto XII v. 95 del Purgatorio quando
esclama: "O gente umana per volar sù nata, perchè
a poco vento così cadi?
Aurum tolosanum:
Oro di Tolosa (Gellio, Noctes Atticae,3,9).
Si racconta che quando il console Quinto Cepione saccheggiò
la città di Tolosa nella Gallia, tutti coloro che toccarono
l'oro, trafugato in gran quantità dai templi, morissero
di morte cruenta.
Ausculta, o fili, praecepta magistri et inclina aurem cordis
tui:
Ascolta o figlio gli insegnamenti del maestro e apri l'orecchio
del tuo cuore. ( San Benedetto ).
E' il noto "incipit" che incontriamo nel prologo
della Regola monastica di San Benedetto. Scritta attorno all'anno
530 è ritenuta la regola per eccellenza, modello e
stile di vita anche di altri ordini monastici che si riconosceranno
in essa. Vedi anche "ora et labora" motto
programmatico erroneamente attribuito a san Benedetto che
da sempre ha delineato la figura e l'importanza dell'opera
spirituale a pratica del monachesimo in Europa. In modo tanto
più prosaico si usa questa espressione per invitare
le persone a prestarci attenzione e a seguire i nostri suggerimenti.
Auspicia ad patres redeunt:
Ritornare ai senatori il diritto di interrogare gli dei.
Occorre ricordare che già nell'età monarchica,
alla morte del re, il potere e la possibilità di consultare
gli dei per conoscere quale atteggiamento tenere nella nomina
del futuro monarca ritornava al senatus "auspicia
ad patres redeunt" i senatori lo esercitavano a
turno, sino alla scelta del nuovo rex. Condizione essenziale
per aspirare ad una carica di comando era quindi la capacità
di poter interpretare, da una serie di segni, il volere degli
dei. Ne consegue ovviamente che l'espressione "auspicia
ponere" (=deporre gli auspici) significava dare
le dimissioni dalla carica di magistrato avendo questi il
diritto di prendere gli auspici. Consideriamo poi che sul
campo di battaglia solamente il comandante supremo era autorizzato
a prendere gli auspici il termine, per traslato, assume anche
il significato di "comando, direzione dell'esercito".
Austriae Est Imperare Orbi Universo:
E' compito dell'Austria comandare su tutto il mondo
(Federico III di Asburgo)
Il detto, passato alla storia nella sua forma schematica
delle cinque vocali A.E.I.O.U., sintetizza
la politica dell'imperatore Federico III: trascorse infatti
i 53 anni del suo lungo regno combinando matrimoni di interesse
in ossequio all'altro detto: "Bella gerant
alii, tu felix Austria nube" (=Gli
altri facciano pure la guerra tu, Austria felice, pensa ai
matrimoni).
Aut Caesar aut nihil:
O Cesare o nulla.
Figlio del futuro papa Alessandro VI e noto come "il
Valentino" per essere duca di Valentinois sposando Carlotta
d'Albret fu personaggio politico di sfrenata ambizione. A
lui è attribuito il motto citato e ad esso improntò
tutta la sua vita e il suo "modus operandi".
Le sue idee politiche, il modo spregiudicato per attuarle
e la spietata amoralità nella gestione del potere indussero
il Machiavelli, che l'aveva incontrato a Imola e a Urbino
nell'ottobre 1502, a prenderlo ad esempio nelle pagine de
"Il Principe".
Aut regem aut fatuum nasci oportet:
O si nasce re o pazzo per poter fare quello che
si vuole (Seneca Apocolocyntosis I).
Seneca riporta simile espressione citandolo come proverbio
dei suoi tempi. L'opera da cui è tratta è una
feroce satira nei confronti dell'imperatore Claudio che dal
'41 al '49 lo aveva allontanto da Roma. La traduzione del
titolo della satira corrisponde all'espressione:"divinizzazione
di una zucca".
Ave, Caesar, morituri te salutant:
Salve Cesare, coloro che stanno per morire ti salutano
(Svetonio, Claudio, 21).
Sembra che i primi giochi gladiatori fossero da collegare
ad un rituale funerario e che solo in seguito la pratica degenerò
e il combattimento fu visto unicamente come spettacolo. Vennero
aboliti, almeno sulla carta, con l’editto di Berito
del 325 d.C. da Costantino. Sempre con questo editto la "damnatio
ad gladium" (=condanna a morte da espiarsi in combattimento
nell'arena) venne sostituita dalla "damnatio ad metalla"
(=quella dei lavori forzati in miniera). La storiografia recente
considera infondato che il motto citato fosse l'estremo saluto
rivolto dai combattenti all'imperatore passando davanti alla
tribuna che lo ospitava. Secondo alcune fonti (non controllate)
la si ritiene pronunciata prima del combattimento da un gruppo
di condannati a morte con l'intento di ingraziarsi l'imperatore
Claudio che sempre immerso nei suoi pensieri di studioso rispose
semplicemente: Si, si... intanto adesso combattete!!!
Ave Marine libertatis conditor, salvam fac rempublicam tuam:
Salute o Marino, datore di libertà salva
la tua repubblica.
Frase scolpita sotto la statua di san Marino posta
all'angolo del vecchio Palazzo Comunale dell'omonima repubblica.
Detto segnalato da Vinicia
P. coautrice del sito
Avia pervia:
Le cose difficili diventano facili (Giovanni
Maria Barbieri).
Si tratta del motto dello stemma di Modena. Compare
per la prima volta nel 1599 e sembra sia stato coniato appunto
dal letterato Barbieri che, a quei tempi, ricopriva la carica
di Cancelliere.
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